Inter, Juve e Milan. Le prime dieci giornate di Serie A, praticamente un quarto del cammino, hanno messo le tre big del Nord sul podio provvisorio del torneo riflettendo fedelmente nella classifica reale quanto indicato dalle famose griglie scudetto estive. Quelle che Simone Inzaghi, dopo la vittoria contro la Roma dell’ex Romelu Lukaku, ha spiegato che preferisce far disegnare ai giornalisti perché sono più bravi in questi giochini. Da uomo di campo quale è, il tecnico nerazzurro ritiene che sia dannoso spendere energie per rispondere a questo o quell’altro collega che, di volta in volta, indica le sue favorite in base alle sensazioni del momento o a convinzioni pregresse.

Per esempio, Massimiliano Allegri parla da mesi di obiettivo quarto posto per la sua squadra, un modo per far tenere i piedi per terra a un ambiente che ha smesso non solo di vincere ma anche di sentirsi vincente. Un discorso che non regge, però, per uno degli avversari nella corsa tricolore della Vecchia Signora, ovvero quello Stefano Pioli che ha teorizzato che i bianconeri hanno il vantaggio di non giocare le Coppe rispetto a tutte le altre formazioni di vertice.

L’argomentazione non convince assolutamente Inzaghi che, pur senza entrare nel ginepraio dei pronostici, ha fatto capire che l’obiettivo che si è messo in testa lo spogliatoio è quello di ‘giocare più partite possibili’. Praticamente il fatto di competere su più fronti è un valore aggiunto, non un ostacolo al raggiungimento della gloria. Inzaghi ha sempre avuto questa convinzione, che non è stata scalfita nemmeno dall’esperienza negativa della stagione 2021-22, quando pagò dazio in Serie A nel testa a testa con i cugini per lo sforzo extra profuso in Europa. Nella passata stagione, al contrario, l’Inter trasse giovamento dal ‘salvagente’ della Champions League concludendo al terzo posto un campionato ampiamente insufficiente con sette vittorie nelle ultime otto giornate, inframezzate pure dal trionfo in Coppa Italia. Prima di arrivare a Istanbul, dove incrociò il suo destino con il Manchester City, fresco di double per la vittoria della FA Cup al culmine di un’annata passata a inseguire e poi a superare l’Arsenal in Premier League. La finale in terra turca dimostrò che Inzaghi aveva ragione a metà: i fenomeni di Pep Guardiola, alla fine, conquistarono lo storico Treble al termine di 61 partite, rischiando, fisiologicamente, di perdere quella più importante di tutte perché arrivati stremati alla meta.

Il ragionamento risultatista che viene naturale fare per analizzare l’esito di una gara secca, o della moneta lanciata per aria nella definizione dell’allenatore catalano, non tiene però conto di quelle cose intangibili che nascono in un gruppo che arriva in fondo a tutte le competizioni, senza per forza sollevare tutti i trofei in palio. E’ quella qualità che l’Inter ha scoperto con Inzaghi, dopo che Antonio Conte l’aveva convinta a essere ‘regolare e forte’ portandola al 19esimo tricolore: si chiama consapevolezza e nasce dall’esperienza di giocare partite di un certo livello. Nel processo aiutano le vittorie quanto le sconfitte, tanto che una leggenda del calcio come Alessandro Del Piero si è spinto ad affermare che l’Inter "gioca come fosse una squadra campione" pur non avendo messo mai le mani sui due trofei principali. Parole che avvalorano il postulato di Inzaghi, alla ricerca di conferme più prestigiose dopo aver riempito la bacheca di Viale della Liberazione con due Supercoppa italiana e due Coppa Italia. "Sappiamo cosa vuol dire il campionato per la società, abbiamo responsabilità in Champions e nelle varie coppe. Noi promettiamo il massimo impegno, il tempo dirà chi saremo", ha spiegato Inzaghi domenica sera. Con la certezza di chi sa che sarà il modo in cui l'Inter reagirà ai giudizi della stampa ogni tre giorni e agli imprevisti del calendario (infortuni, squalifiche e torti arbitrali) a determinare l'epilogo di maggio-giugno.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 02 novembre 2023 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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