Campionato assente per festività fino all’Epifania, quella che tutte le feste se le porta via - amichevole di Marrakech a parte, sostanzialmente utile per rafforzare amicizie e alleanze con società ricche e forti tipo PSG, profilo assolutamente adatto alla circostanza –, l’attenzione è incentrata in maniera totale e a tratti spasmodica sul cosiddetto “mercato di riparazione”, una sorta di rimando a settembre di scolastica memoria.

Si parla, si sussurra, si mormora… circolano nomi, veri o presunti, si ridisegnano sulla lavagna formazioni e schieramenti, si sognano rimonte ad oggi impossibili e scenari completamente diversi dalla condizione attuale. Ma, nella maggior parte dei casi, è una sorta di fantacalcio a cui i media volentieri si sottopongono per aumentare, giustamente dal loro punto di vista, le vendite nel caso dei giornali o lo share nel caso di trasmissioni televisive. E io, direttamente da Milaninter Tv, sposo il chiacchiericcio che scalda l’immaginario del tifoso.

Ora, elucubrazioni mentali alle spalle, sto cercando di capire cosa servirebbe alla Beneamata per cercare quantomeno di colmare il gap che attualmente la colloca in una sorta di limbo, così lontana dalla zona CL eppure così vicina. Partiamo da un punto fermo, indiscutibile ed inoppugnabile. Un punto che infastidisce assai chi legge e la tifoseria nerazzurra in generale ma che purtroppo è li, terribile, come una spada di Damocle. Una sigla, semplice, tre consonanti a una prima lettura insignificanti eppure attuali: FPF. La trovata cervellotica di monsieur Platini, una specie di calmiere alle spese folli di alcune società, una battaglia a bilanci truccati e gonfiati alla bisogna di alcuni club. In realtà, il nulla totale. Anzi, se proprio vogliamo fare le pulci alle nuove regole finanziarie, funziona che i ricchi continueranno a essere ricchi, forse si arricchiranno ulteriormente, e i poveri annasperanno in acque sempre più melmose e putride. I novelli Robin Hood dell’UEFA al contrario, insomma.

Però la regola c’è. Discutibile finché volete. Ma c’è. Punto. E noi non siamo messi benissimo, giusto per usare un eufemismo. Inutile rivangare le colpe vere o presunte, più la prima che la seconda, della vecchia dirigenza. Se solo penso ai trenta milioni buttati per Guarin e Alvaro Pereira mi viene l’orticaria. Vabbè, cerchiamo di guardare avanti. La squadra ha indubitabilmente bisogno di nuova linfa, soprattutto perché Roberto Mancini necessita di uomini diversi per poter cercare di interpretare al meglio il suo gioco. Questa formazione è stata assemblata per un modulo diverso di gioco, più confacente al Mazzarri pensiero.

Ora, immaginando che i centrali di difesa restino quelli attuali, Nastasic è un sogno proibito, costa troppo e il City non regala niente a nessuno, si potrebbe ipotizzare la promozione definitiva di D’Ambrosio a destra con Dodò titolare fisso a sinistra e Nagatomo pronto a subentrare, primo cambio. Ammesso e non concesso che il giovanotto brasiliano dal sorriso rubacuori migliori sostanzialmente in copertura, lacuna che gli è costata l’allontanamento dalla corte di Rudi Garcia. Il centrocampo, Kovacic a parte, è in realtà la nota dolente. Perché Hernanes passa più tempo in infermeria che in campo, perché Medel è un buon rincalzo ma non si avvicina al modello manciniano di interditore, capace di spezzare il gioco e ripartire velocemente, perché Kuzmanovic svolge con grande professionalità il compitino ma raramente ha il guizzo risolutivo. Il nostro allenatore o, meglio, i rumors che lo circondano, disegnano moduli e schemi tattici uno dopo l’altro, passando con una semplicità disarmante dal 4-4-2 al 4-3-1-2 o al fantomatico 4-2-3-1. Personalmente, ma è opinione mia, Mancini per ricostruire un’Inter all’altezza del blasone che giustamente ci accompagna partirà da ciò che conosce meglio. Quattro in difesa, centrocampo a rombo, due davanti. Semplice ed efficace.

Ecco il motivo per il quale ho sempre considerato Cerci, ad esempio, un’opzione poco credibile. Così come altri nomi accostati ai nostri colori. In attacco Icardi verrà sacrificato, a fronte di un'offerta sostanziosa, molto sostanziosa. Forse non ora, forse non a gennaio; ma le casse societarie vanno rimpinguate e, fermo restando l’attuale incedibilità di Mateo, Maurito è il primo della lista. Insieme a Guarin, da sempre in vendita ma possibilmente evitando i saldi. Comunque sia qualcuno arriverà, almeno uno, per ampliare le scelte di Roberto. E il primo candidato non mi scalda il cuore, per varie ragioni e motivazioni. Abitudinariamente porta il numero 45 sulle spalle e di lui non ho un buon ricordo. Ma “garantisce” il Mancio.

Io vorrei, NON VORREI, ma se vuoi…

Sezione: Editoriale / Data: Sab 27 dicembre 2014 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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