Presentazione da nuovo tecnico dell'Inter con vista San Siro ieri pomeriggio per Simone Inzaghi. Che, per l'occasione, ha tenuto la sua prima conferenza stampa nella sala executive dello stadio, praticamente a bordocampo, vicino alla fascia destra. Quella in cui, quando la squadra di casa attaccava sotto la Curva Sud, scorrazzava Achraf Hakimi, definito da Beppe Marotta – gran cerimoniere del primo giorno di scuola di Simone - un asset importante che la società ha dovuto cedere per garantire continuità. Aziendale, si intende, perché a parlare è l'ad sport che, rimanendo nelle logiche del rettangolo verde, però non ha potuto non definire 'scelta dolorosa' quella di sacrificare uno dei laterali più forti del mondo sull'altare del bilancio.

E' proprio da qui che si riparte, dalla parola chiave 'continuità', abusata dal dirigente varesino e usata due volte anche dal tecnico piacentino in 40 minuti di confronto con i giornalisti. Una contraddizione in termini, se si osserva la realtà dei fatti. Sì, perché dall'addio traumatico di Conte in poi, tutte le scelte piovute dall'alto, per ordine di Steven Zhang, hanno inevitabilmente interrotto un percorso cominciato due stagioni fa e che si è sublimato con la vittoria dello scudetto. La mossa di sostituire re Antonio con l'uomo che in Italia gli si avvicina maggiormente a livello di concetti calcistici, a partire dal modulo, è sicuramente stata la migliore tra quelle possibili ma ora entra in gioco la coerenza. Quella che servirà da qui al gong che sancirà la fine della sessione di mercato per derubricare la separazione dal marocchino ex Dortmund e Real come eccezionale. Un'anomalia per il club campione d'Italia che ha consegnato alla sua nuova guida tecnica un pacchetto pre-confezionato precedente alla versione deluxe della scorsa estate.

L'auspicio di Inzaghino, che ha assunto la forma di una promessa da parte della dirigenza, è che la rosa non perda altre caratteristiche indispensabili che oggi nello scenario post-pandemico potrebbero diventare lussuose. "Mi hanno detto che gli altri giocatori più importanti resteranno", ha spiegato l'ex Lazio senza girare attorno alla questione. Prima di mettere in chiaro che suo il 3-5-2, problemi finanziari a parte, deve tornare a essere credibile, nelle ore in cui la batteria dei quinti appare decisamente più povera di qualità con tanti saluti da Parigi. "Sappiamo che abbiamo qualcosa da fare in entrata perché gli esterni sono giocatori importanti per il mio modo di vedere il calcio. Young è andato via, Hakimi è stato ceduto. Non abbiamo fretta, mi pare non la abbiano nemmeno le altre", la puntualizzazione di Inzaghi. Già perfettamente calato nel ruolo scomodo di favorito, tanto da non mettere le mani avanti quando è stato chiamato a chiarire gli obiettivi stagionali: "Faremo di tutto per difendere lo scudetto e vogliamo passare il girone di Champions".

L'Inter, d'altronde, è un premio alla carriera arrivato all'improvviso, da ritirare e meritarsi nei mesi con il lavoro del campo. E lì che, senza alibi o scuse, Inzaghi dovrà dimostrare di essere il profilo adatto, all'altezza di una squadra che vuole vincere la seconda stella. Inzaghi lo ha capito in due sguardi, diversi ma uguali: il primo è andato al tricolore cucito sulla maglia nerazzurra, il secondo (forse) alle tv della sala conferenza che – per una strana coincidenza nella programmazione - a un certo punto trasmettevano il fantasma ingombrante del suo predecessore. A proposito di continuità.
Sezione: Editoriale / Data: Gio 08 luglio 2021 alle 00:01
Autore: Mattia Zangari
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