Inter-WSG Wattens, prima uscita stagionale per i nerazzurri in un'amichevole che definire tale è fin troppo. Una semplice sgambata, niente di più. Importante per mostrare la nuova divisa ai tifosi presenti, ottimizzare il lavoro pre-season, mettere energia e forza nella gambe e, soprattutto, insistere sul 4-4-2 (o 4-2-3-1 a seconda delle situazioni di gioco), il modulo che offre le maggiori garanzie e con cui ovviamente Roberto Mancini proseguirà nella stagione 2016-2017.

Indipendente da queste considerazioni, voglio concentrarmi su un episodio in particolare, da cui prendono spunto queste righe. A fine gara, dopo uno 0-0 privo di particolari emozioni (ma non importa, vedi le considerazioni di cui sopra), un tifoso nerazzurro ha aspettato l'uscita di giocatori e tecnico per inveire contro quest'ultimo: "Vattene via dall'Inter! Vai ad allenare l'Inghilterra! Non ti vogliamo più!". Ora, non conosco il nome di questa persona (ne ricordo a malapena il viso), ma potendo tornare al giorno della gara mi piacerebbe porgerle una sola, semplicissima domanda: "Cosa l'ha portata a pensare tutto ciò?".

Prendendo il rischio di sbagliare, sono quasi certo di sentire le ormai note (e aggiungo, noiose) risposte: "Ha cambiato troppe formazioni, non è più 'cattivo' come dodici anni fa, non valorizza gli acquisti, sbaglia troppe scelte...". La verità però, cari tifosi dell'Inter, è che il mister vi ha semplicemente stancato. Non per demeriti propri (sarebbe troppo bello, anzi, onesto che ci siano solo ed esclusivamente motivazioni tecniche e tattiche dietro a questa vostra presa di posizione), bensì per una 'moda' ormai passata.

Ebbene sì, è proprio così. Sto infatti constatando che per la maggior parte del pubblico (ciò può valere anche per coloro i quali sono innamorati di altri colori) viaggi a seconda di come tira il vento, facendosi trasportare da innamoramenti passeggeri ed esaltandosi per la novità del momento, salvo poi stancarsi alle primissime difficoltà. E da quanto ho notato dal 14 novembre 2014 (giorno del ritorno del coach di Jesi a Milano) devo dire che sta accadendo proprio questo. Anzi, è ormai accaduto.

Utilizzo volutamente il passato prossimo perché, ormai, sono pochi gli interisti ancora legatissimi al Mancio e che conservano intatte le speranze di tornare grandi proprio con lui in panchina. Il resto è ormai proiettato a un futuro senza il suo apporto, non vedendo l'ora che ciò accada, auspicandosi al contempo di poter applaudire il prima possibile Diego Pablo Simeone, che sarebbe ovviamente (e giustamente, chi potrebbe dire il contrario?) accolto come un grandissimo.

Un grandissimo. Proprio l'etichetta che il popolo nerazzurro riservò al mister classe '64 poco meno di due anni fa. Ricordo alla perfezione il clamoroso, immenso, indescrivibile entusiasmo per il suo ritorno. Rinnovata fiducia, rinnovata passione, rinnovato amore nei confronti di una squadra che, con il mai apprezzato Walter Mazzarri, stava perdendo qualsivoglia forma di credibilità nei confronti del proprio pubblico. Un popolo riconquistato proprio grazie a RM. Un periodo che oggi sembra lontano anni luce.

Non voglio però inoltrarmi in analisi tecnico-tattiche per motivare il mio disaccordo sulla corrente attuale (l'ho già fatto nel recente passato e trovo superfluo copia-incollare tale pensiero), bensì concludere con una domanda, alla quale però coloro i quali leggeranno queste righe dovranno rispondere in maniera estremamente sincera, ipotizzando un domani con il Cholo in panchina: con l'arrivo dei primi momenti bui, magari con una classifica non felice dopo una decina di giornate, l'entusiasmo di questa eventuale novità, o meglio, 'moda' passerebbe? A voi la risposta. Il coach di Jesi - senza alcun dubbio - non è l'ultimo arrivato. Anzi. Questo sarebbe bene ricordarlo, purtroppo si fa troppa fatica.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 14 luglio 2016 alle 00:00 / Fonte: Riscone (BZ) - Dall'inviato al centro sportivo 'Raicperting'
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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