Timida, impacciata, confusionaria, inconcludente, lenta. Ma soprattutto: vista e rivista. Così è stata l'Inter contro il Sassuolo in uno 0-0 casalingo che, vedendo prestazione e occasioni, può suonare come un punto guadagnato. Sì perché gli emiliani hanno giocato meglio e sono andati più vicini al gol. Hanno saputo pressare, recuperare, fraseggiare, ripartire, tirare in porta. A differenza di un'Inter che non ha mai saputo essere graffiante e rabbiosa contro l'avversario che ultimamente si diverte a farle perdere punti e certezze e che, per questo, avrebbe dovuto farle tirar fuori ancor più cattiveria, ferocia, determinazione. Nulla di tutto ciò.

Lo zero sul tabellino finale è lo specchio fedele di una squadra spesso troppo simile a se stessa, incapace di essere camaleontica a seconda dell'avversario o dei momenti della partita. Incapace, e basterebbe solo questo, di essere davvero pericolosa contro una squadra che nelle ultime tre partite aveva subito undici gol. Undici, in tre gare. L'Inter lenta e prevedibile non è una novità. Difficile trovare lo squillo giusto con un modulo noto, stranoto e quasi logoro all'interno del quale, per di più, molti interpreti non brillano o si limitano al compitino.

Brozovic e Vecino sono stati travolti dal fraseggio rapido dei ragazzi di De Zerbi, Joao Mario ha vagato tra la posizione della mezz'ala e quella del trequartista senza lasciare mai una vera traccia del suo passaggio, Perisic si è limitato all'assist per Politano (deviato da Consigli) che ha rappresentato, assieme al colpo di testa di Lautaro nel finale, l'unico segnale di vita dei nerazzurri nei novanta minuti. Icardi ha provato a uscire dall'area nella parte iniziale della gara ma poi si è perso nella sua stessa solitudine toccando pochissimi palloni e incidendo zero. Nainggolan è subentrato e non ha inciso.

Poi ci sono Politano e Lautaro Martinez, due per cui sembra non essere stata trovata una soluzione. L'esterno è spesso il migliore in campo: corre, sterza, crossa, tira, rientra, ci prova, si sbatte e, sì, perde palloni ma succede perché appare l'unico a voler provare una giocata differente e non banale. Poi regolarmente il finale di partita se lo vede dalla panchina. Dalla panchina, invece, di solito si guarda la maggior parte del match l'attaccante argentino. Per lo più viene chiamato in causa quando c'è da salvare la patria e per giunta con poco tempo a disposizione e magari una palla, non di più, buona.

Spalletti nel corso della stagione ha applicato con il 4-3-3 una leggerissima variazione al solito 4-2-3-1 a cui, di fatto, manca la spinta a sinistra e la fantasia (ma anche l'inserimento, il tiro o più semplicemente la giocata tra le linee) sulla trequarti. Il fatto che Perisic e Nainggolan stiano vivendo una stagione negativa dalla quale faticano a risvegliarsi non aiuta l'allenatore. Anche perché sono due giocatori che hanno nelle corde la giocata (il gol o l'assist) in grado di spaccare le partite ma uno pare rimasto in Russia e l'altro a Roma.

Le mosse più azzardate e coraggiose, Spalletti le fa quando si ritrova con l'acqua alla gola. Ancora non esiste il modo di far giocare insieme Icardi e Lautaro o di lasciare a riposo un Perisic evidentemente in apnea anche mentale. Insomma il 4-2-3-1 con cui l'Inter inizia le partite si risolve in una sorta di "4-2-caos creativo" quando il risultato non è favorevole e dopo aver mostrato tutti i limiti di una manovra a cui semplicemente (lo si scrive dalla scorsa estate) manca il manovratore. E allora dentro Lautaro che però non sempre può fare il Re Mida, magari Keita (ora ko per infortunio) e regolarmente fuori Politano in nome dell'equilibrio.

Molte volte l'Inter ha vinto giocando sui nervi, sulle ali dell'emozione di qualche rimonta, di misura o soffrendo. Raramente giocando bene e dominando l'avversario. Manca la capacità di ragionare, raffreddare le partite, addormentare ritmi e avversari. Manca, lo si scrive da novembre, la capacità di fare il salto di qualità. Però c'è ancora davanti una seconda parte di stagione con tante partite decisive e obiettivi concreti (dal terzo posto da confermare alle coppe, Italia ed Europa League, da provare a giocare fino in fondo).

Lo scorso anno, a un certo punto, Spalletti fu lucido e bravo nel dare una svolta a gioco e risultati "riscoprendo" Brozovic mediano e sfruttando le qualità di un terzino come Cancelo e di un trequartista come Rafinha. Gente, gli ultimi due, che poi è finita o tornata altrove. In compenso "riscoprire" Perisic e Nainggolan o trovare una sistemazione più stabile a Lautaro potrebbe aiutare. La coperta è corta e il mercato di gennaio non è destinato a portare rinforzi. Le soluzioni vanno trovate dal di dentro. Servirebbe osare, cambiare, sperimentare. Magari anche perdendo un po' di equilibrio.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 21 gennaio 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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