È di qualche ora fa la conferenza stampa di Mateo Kovacic, da oggetto quasi sconosciuto (per il calcio italiano) a potenziale nuovo talento mondiale. Di lui si dice un gran bene, non a caso lo volevano Manchester City, United, Chelsea e Real Madrid, non proprio squadrette, e questo amplifica il colpo messo a segno dall’Inter, peraltro a fari spenti. Lui, il 18enne croato (comunitario perché di passaporto austriaco), ha dimostrato di avere subito le idee chiare e una spiccata fiducia nei propri mezzi: si è preso senza problemi la maglia numero 10 all’Inter, quella che è stata indossata nel corso dei decenni da mostri sacri e lasciata libera da un certo Wesley Sneijder, e a pochi giorni dal suo sbarco ad Appiano ha esordito a Siena dimostrando, nei pochi minuti che ha avuto a diposizione, di avere buoni piedi e appunto una grande personalità. Solo il tempo ci dirà se l’Inter ha avuto ragione nell’individuare in lui il prossimo crack e il nuovo perno del centrocampo, ma il dato che questo mercato, già analizzato a fondo in altre sedi, mette in luce è anche di natura geografica.

Handanovic, Belec, Stankovic, Kuzmanovic, Kovacic. Tutti calciatori dell’Est. La colonia più nutrita in casa Inter è naturalmente sempre argentina, con ben 9 rappresentanti, ma cresce quella slava piazzandosi subito dietro quella italiana, segno di un calcio che da quelle parti sta crescendo e sfornando ottimi talenti, basti citare il solo Markovic, seguito con interesse dall’Inter stessa e non solo, ma anche i vari Vrsaljko, Brodic, Halilovic; c’è tutta una nuova leva che sta emergendo. E i dirigenti nerazzurri, sempre attenti a sfruttare le opportunità che il mercato propone, non si sono fatti sfuggire l’occasione di monitorare anche quella porzione di mondo, magari scovando talenti disponibili a prezzi da Fair Play Finanziario. In più con un vantaggio: a breve la Croazia sarà comunitaria e non ci sarà più neanche il problema degli slot da extracomunitari.

In un calcio sempre più globale, in cui non basta più fare un viaggio nelle favelas brasiliane per offrire a nuovo fenomeno l’opportunità di esibirsi in un campionato europeo (anzi il Brasile è proprio uno dei Paesi in più forte sviluppo), in cui a qualunque latitudine il calcio è studiato, praticato e insegnato in maniera rigida e scientifica, è importante trovare nuovi mercati da cui poter attingere per costruire un organico di livello ai tempi della crisi. Come dicevamo, solo il tempo potrà dirci se i dirigenti dell’Inter ci avranno visto giusto; intanto, come scriveva su Twitter qualche giorno fa un collega di Inter Channel, se un tempo all’Inter si parlava solo di clan dell’asado, ora il menù di Appiano Gentile si arricchirà di un nuovo piatto: il gülash. Buon appetito, si spera.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 09 febbraio 2013 alle 00:00
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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