"Il mondo assomiglia sempre di più ad una riunione di condominio. Ognuno pensa a sè e si litiga su tutto". E' un tweet di Riccardo Cucchi, ex radiocronista, giornalista come pochi, dotato di una professionalità e di uno spessore umano, qualunque sia l'argomento trattato, ormai sempre più rari e per questo riconoscibili e apprezzabili da lontano. Ed è vero: di questi tempi il mondo è più propenso a litigare che a confortarsi. Il calcio non è molto distante. Sembra anch'esso un enorme condominio e non perché con uno sforzo di fantasia e immaginazione possiamo pensare a bambini che si tirano il pallone da lontano, corrono a distanza nei cortili o cantano l'inno nazionale ognuno dal suo balcone con le rispettive magliette della squadra del cuore addosso. No. Il calcio sembra un condominio dove "ognuno pensa a sè e si litiga su tutto". E anche questa volta rischia di arrivare per ultimo: dopo il rugby, i Giochi Olimpici, il basket, la pallavolo. Dopo essere stato tra gli ultimi a capire che ci si doveva fermare. Nessuno può dire di aver un valido motivo per portare avanti rivendicazioni personali: da rivendicare, ora, c'è solo il bene comune, il meglio possibile, o il meno peggio, per tutti.

In questi giorni mi vengono in mente le parole di Steven Zhang, che un giorno alla Pinetina, quando ancora non era presidente dell'Inter, si era voluto fermare a parlare con i giornalisti. "Vorrei che l'Inter fosse non solo una squadra ma un messaggio. Vorrei che i nostri tifosi possano sentirsi orgogliosi di noi e di questi colori, di quello che rappresentano e significano". Ho sempre pensato che Steven abbia un profondo senso dello sport, che va oltre una partita e una vittoria. Lo sport è spesso riscatto, è occasione, è un possibile aiuto, è uno strumento potentissimo. Quello che ha fatto e detto dall'inizio di questa emergenza me lo hanno confermato.

Perché il calcio dovrebbe fare proprio questo: farsi condominio ma un condominio nel quale ci si ritrova e si chiacchiera, si lasciano i bambini liberi di giocare, gli adulti liberi di improvvisare cene in terrazza o in cortile dove ognuno mette sul tavolo gli avanzi che ha nel frigorifero. Dove attorno a una tv ci si ritrova in tanti e dove le risate fanno da sottofondo a un pallone che ha appena rotto qualcosa.

Il calcio dovrebbe sfruttare una delle maggiori crisi che ci potessero piombare addosso per rivestirsi di un nuovo ruolo sociale. Zhang ne può essere il pioniere. Non conta solo l'aspetto economico: conta il messaggio, conta il potersi sentire fieri di ciò che si rappresenta o si tifa. Conta prendere decisioni che mettano l'uomo e il tifoso al centro. Zhang lo può fare anche perché sta costruendo un progetto credibile. Se l'Inter non fosse qualcosa di credibile, Messi non si sarebbe affrettato a smentire sui social l'accostamento ai nerazzurri, lui che social lo è molto poco. Vuol dire che l'ipotesi che uno dei migliori giocatori del pianeta sbarchi a Milano (e non succederà) non è fantascienza ma una notizia di mercato come altre. Una notizia smentita, per altro, è una notizia data due volte: lo insegnano i migliori maestri di giornalismo.

Ma a parte le notizie, o presunte tali, di mercato, l'Inter deve mettersi alla guida del movimento di coloro che vogliono un calcio diverso e migliore, fondato su dei valori. Quante volte, in questo periodo, ci ripetiamo di voler approfittare di questo momento per pensare, provare ad essere diversi e migliori? Il calcio può fare la stessa cosa: tornare l'essenza del tifo, della passione, dell'incontro, di un abbraccio dato anche a uno sconosciuto. Terminare in fretta e furia campionati correndo rischi, lasciando i tifosi fuori dalla porta e ponendosi in una realtà diversa rispetto alle tante persone che attorno soffrono, non farà bene a nessuno.

Questa mattina, da reggiana e appassionata di basket quale sono, mi sono emozionata guardando e sentendo la lettera scritta alla città da Stefano Landi, patron della Pallacanestro Reggiana. Nel dirsi "concorde" con la scelta della Federazione che ha annunciato la fine anticipata del campionato, l'ha definita una scelta "logica, inevitabile e di buon senso". Ha spiegato che ora si può programmare con più attenzione una nuova era, fatta di riforme e di rilancio del movimento. Perché andiamo verso una nuova fase. Ha concluso parlando di quando sarà possibile tornare al palazzetto a emozionarci per una partita: "Sarà un giorno meraviglioso perché vorrà dire che avremo vinto, non solo come società ma soprattutto come comunità". E vinceremo noi, questo è sicuro. Decidiamo come e seguendo quali valori e quali priorità. Buona Pasqua a tutti.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 12 aprile 2020 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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