E sono in tanti ad avere problemi di stomaco ultimamente; il divertimento sta nel fatto che non sanno più a cosa o dove attaccarsi. E siete brutti, ed è una vergogna che l’Inter sia così in alto, e giocate male, e avete san culino (frase coniata da un presidente che si dovrebbe rivedere quella partita ed un fallo enorme su Manaj che il direttore di gara ha scambiato per un carpiato con doppio avvitamento del ragazzino albanese) che vi segue passo passo… e, se volete, il campionario potrebbe proseguire da qui all’eternità.

Brutti, siamo brutti e dobbiamo farcene una ragione. Sono certo che ormai la maggior parte del popolo dei colori del cielo e della notte se ne sia fatto una ragione e che, tutto sommato, vada bene così. Poi ovvio, quelli che contestano, quelli che protestano, quelli che Roberto Mancini è un incapace a prescindere, quelli che tanto dove vogliamo andare beh, facciamocene una ragione noi, ci saranno sempre. D’altronde c’è chi è convinto che il Mancio abbia vinto quattro campionati di fila perché non aveva avversari; o, questa è la tesi che preferisco, sicuro che tanto quei campionati li avrei vinti anch’io.
Venuti a conoscenza di essere circondati da una miriade di novelli Mou, cerchiamo di comprendere cosa sta succedendo in casa nerazzurra. 

La prima cosa da analizzare o, meglio, da mettere in risalto, è che questa squadra ha cambiato circa i sette undicesimi dei titolari; e che altri tre o quattro nuovi volti sono stabilmente seduti in panchina. Cioè, facendo proprio i conti della serva, l’Inter ha subito una metamorfosi quasi totale: passata, innegabile, attraverso un stagione, quella passata, per molti aspetti terribile. Ma, al contrario, credo che sia proprio da lì che bisogna partire. Da uomini (o ragazzi) che non si trovavano, che vagavano per il campo come tante ombre, spaventati dal fischio d’avvio al triplice finale. Con poca, pochissima personalità e tanta, tantissima chiacchiera fine a se stessa. E, soprattutto, con una mentalità volta alla ricerca perenne di qualche buona scusa, ben indottrinati da chi allora li dirigeva; perché era colpa del campo, dei calci d’angolo, della pioggia, della crisi mediorientale, della dissenteria o della teoria del caos. 

Ecco, tanti si chiedevano quali differenze ci sarebbero state tra chi ha preceduto Roberto Mancini su una delle panchine più calde, affascinanti ed importanti al mondo, ed il tecnico jesino; a questo punto suppongo che le sopraccitate differenze si siano sufficientemente palesate. O, forse, riesco a vederle solo io grazie ad una stima profonda che nutro verso l’allenatore marchigiano. Che, lo confesso, di tanto in tanto mi fa perdere le staffe; ma alla prova dei fatti sta dimostrando che tutta quella fiducia, quelle aspettative, che il popolo interista nutriva nei suoi confronti, così mal riposte non erano alla fine della fiera.
Mancini accanto a qualche pecca oggettiva, a qualche mossa non propriamente azzeccata, a qualche scelta non sempre condivisibile, ha dalla sua un fatto indubitabile e non discutibile: oggi, 2 novembre 2015, è primo in classifica. Tutto il resto è un noioso chiacchiericcio tra vecchie comari nelle piazze di paese; di sguardi misti tra invidia e stupore, come quando arrivi in una piccola e sperduta frazioncina composta da una ventina di case in mezzo alle montagne, scendi per bere un caffé e ti rendi conto che tutti gli abitanti, o quasi, ti stanno spiando di sottecchi.

Ma non è solo questo, non è solo il fatto – molto gradevole – di essere in testa al campionato dopo 11 partite, con la miglior difesa dell’intero torneo. Sissignori, miglior difesa; quel reparto che la scorsa stagione faceva venire i vermi ad ogni ripartenza avversaria, tutti fermi come tante belle statuine. Ma era colpa del campo, delle zolle, delle righe tracciate male o del fotografo dietro la porta che menava sfiga. No, qui si tratta di un lento processo di crescita, della costruzione di una casa partendo dalle fondamenta. Perché prima di Mancini esistevano quattro macerie sulle quali dover costruire. O forse pensiamo che un quinto posto con successiva qualificazione all’Europa League, noi che un lustro fa eravamo Campioni (con la c maiuscola) di tutto, fosse una splendida base di partenza da cui ricominciare? Io, sono sincero e per nulla maniavantista, non credo che l’Inter attuale sia una squadra pronta per vincere il titolo immediatamente, al primo tentativo vero. Però sto acquisendo la consapevolezza che se la tifoseria lascerà lavorare in pace tecnico e giocatori, a ululare alla luna ci pensano già i soliti quattro noti che sparano a zero sui colori nerazzurri da anni ed anni, ma lo fanno più per contratto che per convinzione, delle soddisfazioni potremo levarcele anche a breve. 

Sì, lo confesso, giochiamo male; o, meglio, non siamo belli da vedere. Un po’ come quelle donne o quegli uomini, dipende dai gusti di ciascuno di noi, che a prima vista, esteticamente, non riescono a colpirti ma che, viste/i e riviste/i più volte ti stregano, ti conquistano giorno dopo giorno, con un fascino che nemmeno tu riesci a spiegarti. L’Inter di oggi non è bella, no. È affascinante. Che, dal mio punto di vista, è meglio ancora. L’impegno, la grinta, la cattiveria agonistica che i ragazzi hanno mostrato contro la Roma è qualcosa che non vedevo dai tempi del Vate terracqueo; e da quei tempi non mi stropicciavo gli occhi osservando l’aiuto che l’uno stava dando all’altro sul terreno di gioco, con Ljajic e Perisic che a dieci minuti dal termine andavano su e giù per la fascia come ai bei tempi di Eto'o, per dare una mano ai terzini, per dare una mano al compagno di squadra.

Sì, certo, qualche punto lo perderemo per strada; qualche scivolone ci sarà, ci sta nel processo di crescita che stiamo svolgendo. Ma la strada per l’Europa che conta, ad oggi, sembra quella corretta. E lasciamo pure che ci dicano di tutto e di più; in fondo lo stanno facendo dalla terza giornata. Ma noi non siamo morti, anzi. Quindi un bel chissenefrega è anche d’obbligo. Per ora il primo posto godiamocelo, finché dura. Lo ripeto spesso: ricordiamoci sempre da dove siamo partiti.
E a chi ci denigra… beh, le farmacie sono un pochino dappertutto, qualche compressa o sciroppo per la gastrite costa pochi euro. E Vi risolve un mucchio di problemi.
Amatela. Sempre.
Buon inizio settimana a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Lun 02 novembre 2015 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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