Dopo fiumi di parole, congetture, ipotesi, diffidenze, falsi annunci, smentite e quant’altro, il momento tanto atteso è arrivato. Nulla di eclatante, giusto ribadirlo, perché l’evoluzione di questa estenuante, infinita trattativa tra la cordata guidata da Erick Thohir e Massimo Moratti non si sarebbe conclusa in altro modo. Solo a luglio, quando il magnate indonesiano si è catapultato a Milano con l’intenzione di chiudere, l’operazione ha rischiato realmente di saltare. Ma una volta ripreso il filo del discorso, con la massima disponibilità da entrambe le parti, il treno non si è più fermato. È andato a rilento, ma ha raggiunto la stazione finale, la firma.

Il nero su bianco non è garanzia, l’esperienza con la CRCC ne è testimonianza scomoda. Ma stavolta la garanzia, quella più importante, è inappuntabile: arriva direttamente da Massimo Moratti, che ha definito gente per bene quella che gli subentrerà alla guida dell’Inter. Non è stato facile, per l’ormai ex patron, porre la propria firma su quel documento. Forse la mano gli tremava. In pochi secondi si sono ingiallite migliaia di fotografie raccolte in 18 anni di presidenza tra alti e bassi, un album emotivamente significativo che ora lascia il posto a un blocchetto di pagine bianche, tutte da scrivere. In indonesiano, forse in inglese, in attesa che i nuovi proprietari inizino a impratichirsi con la lingua italiana, che al di là del Dna internazionale nerazzurro, non può essere accantonata.

Finisce la seconda era Moratti, anche se lo stesso continuerà a mantenere un ruolo in società. Sarebbe gradito se la poltrona della presidenza rimanesse a lui, ma è un discorso che va ancora chiarito. Possibile che non se la senta di mantenere un ruolo onorario, lui che nel bene e talvolta nel male ha stretto le redini di un club storico come l’Inter, un patrimonio del calcio mondiale. Non si sorprenda nessuno, dunque, se alla fine deciderà di rimanere in disparte, rinunciando anche agli abituali incontri con i giornalisti il lunedì mattina sotto i propri uffici.

Per 18 anni è stato lui il volto dell’Inter, ha rappresentato con orgoglio questa società e si è esposto anche nei momenti più demoralizzanti. Ha patito anni di spese folli non soddisfatte dai risultati in campo, ha sostituito allenatori come fossero calzini, ha regalato ai tifosi giocatori di straordinario talento i cui poster hanno riempito le camerette di una nuova generazione di tifosi interisti. Tante, e anche ingiuste, le delusioni raccolte, anche per mano di chi per anni lo ha preso per i fondelli facendogli credere di poter competere ad armi pari, quando invece era già tutto deciso sin dall’inizio.

Però se n’è tolte, di soddisfazioni, Massimo Moratti. Coppe, scudetti (il più bello, con tanto di bottiglia stappata in privato, quello dell’estate 2006) e infine lo storico Triplete, che gli altri gli invidieranno per decine e decine di anni. Ora passa la mano, dopo due stagioni sotto tono e all’inizio di quella che, nell’idea collettiva, dovrebbe rappresentare il rilancio. Nell’attesa, ecco il passaggio di consegne, come un padre che all’altare affida la propria amata figlia allo sposo, mettendosi poi in disparte per non interferire con un momento sacro. Dispiacere tanto, speranza di più, perché la consapevolezza di aver dato un futuro radioso al proprio stesso sangue è superiore a ogni remora o titubanza.

Il matrimonio si è consumato poco fa, adesso l’Inter è stata affidata a Erick Thohir, personaggio di cui nel mondo occidentale la gente ignorava l’esistenza fino allo scorso maggio. Adesso è lui il nuovo volto dell’Inter, ha deciso di prendersi una responsabilità enorme nei confronti della storia del calcio e dei tifosi nerazzurri, che volenti o nolenti devono accettare questa svolta. L’ottimismo non deve essere più una scelta, ma un obbligo morale per tutti i sostenitori della Beneamata, che ha bisogno di credere in un futuro migliore del presente e del recentissimo passato. Thohir avrà il compito di restituire dignità a un club che dopo aver toccato l’apice ha iniziato un’impensabile e dolorosa discesa verso la mediocrità.

Anche per questo Moratti, da bravo padre, ha cercato un buon partito per la figlia. Da solo, non avrebbe potuto garantirle nulla, dopo tanti anni di sacrifici per regalarle il meglio. Lasciarla in mano a gente per bene, mettendosi in disparte, è stato l’ultimo gesto d’amore nei confronti dell’Inter, che finalmente potrà riprendere il percorso verso le vette che le spettano di diritto, guidata da gente per bene che la guiderà con rispetto.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 15 ottobre 2013 alle 12:45
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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