Capacità e testa. Nel calcio, come del resto in qualsiasi aspetto ben più serio della vita, oltre alle doti e al talento, è fondamentale l’aspetto mentale. Senza non si va da nessuna parte. La convinzione di poter far bene deve esplicitarsi non solo a parole insomma, ma anche sul verde, dove così si potranno ottenere pregevoli risultati. Domenica a Milano arriva il Napoli dell’ex Luciano Spalletti, con i partenopei che guardano tutti insieme al Milan dall’alto della classifica. Sette punti dalla vetta sono tanti, soprattutto se in cima – non giriamoci intorno – ci sono i rivali rossoneri, oltre ai già citati campani.
Ebbene, per i nerazzurri di Simone Inzaghi servirà quindi una partita con P maiuscola, senza sbavature e con la consapevolezza che dominando come contro i rossoneri nel Derby di Milano, ma senza essere feroci in fase realizzativa, si potrà tranquillamente rischiare di uscire dal campo infelici. Serve la partita da squadra campione d’Italia. Da quella che ha acquisito la mentalità vincente di quelli che sanno di poter essere superiori ai propri avversari. Senza chiaramente arroganza o superficialità, altrimenti addio sogni di gloria.
Faccio però un passo indietro. E lodo l’avversario della Beneamata. Sono convinto infatti che l’Inter vincente dello scorso anno nasca dall’Inter di Spalletti. Nessuno mi toglie dalla testa che quella prima qualificazione in Champions League dopo tantissimi anni, col 3-2 rifilato alla Lazio di Inzaghi, nell’ultimo turno di campionato, fosse arrivata dopo un percorso straordinario di Mauro Icardi e compagni, e soprattutto grazie a un lavoro da applausi del mister toscano. L’obiettivo era stato centrato con merito. E di Luciano c’era tantissimo. Si può riassumere che vennero messe delle basi importanti per il futuro. Certo, lo step successivo è stato completato da Antonio Conte, e probabilmente Spalletti si era anche un po’ perso per strada, gettando alle ortiche una qualificazione agli ottavi praticamente già in tasca e rischiando poi di finire quinto in Serie A se San D’Ambrosio e San Handanovic non avessero rintuzzato gli attacchi empolesi nei minuti finali dell'ultima giornata di campionato. Ere calcistiche passate.
Il presente è in mano a Inzaghi, col mister piacentino che sogna il primo Scudetto da allenatore. Molto, forse, passa proprio dal big match di domenica. Col risultato finale che dirà se l’Inter potrà ambire o meno al Tricolore. Ma lo stesso discorso vale anche per il Napoli e proprio per Spalletti. Ringraziato e salutato proprio perché non ritenuto all’altezza (o comunque meno bravo di Conte) per laurearsi campione d’Italia, trionfare a San Siro (da ex col dente avvelenato) sarebbe per lui una bella rivincita. Tornare a casa con le pive nel sacco sarebbe una bocciatura, seppur momentanea, che però, pur non inficiando nulla a livello globale, potrebbe bruciare tantissimo anche a livello mentale. E senza l’atteggiamento giusto non si va da nessuna parte.
Ebbene, per i nerazzurri di Simone Inzaghi servirà quindi una partita con P maiuscola, senza sbavature e con la consapevolezza che dominando come contro i rossoneri nel Derby di Milano, ma senza essere feroci in fase realizzativa, si potrà tranquillamente rischiare di uscire dal campo infelici. Serve la partita da squadra campione d’Italia. Da quella che ha acquisito la mentalità vincente di quelli che sanno di poter essere superiori ai propri avversari. Senza chiaramente arroganza o superficialità, altrimenti addio sogni di gloria.
Faccio però un passo indietro. E lodo l’avversario della Beneamata. Sono convinto infatti che l’Inter vincente dello scorso anno nasca dall’Inter di Spalletti. Nessuno mi toglie dalla testa che quella prima qualificazione in Champions League dopo tantissimi anni, col 3-2 rifilato alla Lazio di Inzaghi, nell’ultimo turno di campionato, fosse arrivata dopo un percorso straordinario di Mauro Icardi e compagni, e soprattutto grazie a un lavoro da applausi del mister toscano. L’obiettivo era stato centrato con merito. E di Luciano c’era tantissimo. Si può riassumere che vennero messe delle basi importanti per il futuro. Certo, lo step successivo è stato completato da Antonio Conte, e probabilmente Spalletti si era anche un po’ perso per strada, gettando alle ortiche una qualificazione agli ottavi praticamente già in tasca e rischiando poi di finire quinto in Serie A se San D’Ambrosio e San Handanovic non avessero rintuzzato gli attacchi empolesi nei minuti finali dell'ultima giornata di campionato. Ere calcistiche passate.
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