Non abbiamo neanche fatto in tempo a sorprenderci per la prestazione tutta sostanza contro la Fiorentina che quattro giorni dopo arriva la conferma. Philippe Coutinho Correia è una gioia per gli occhi. La difesa del Nefchi, in particolare durante la prima frazione, non è stata un banco di prova particolarmente impegnativo, ma certe cose devi averle dentro per mostrarle anche agli altri. E non mi riferisco solo al colpo di tacco su assist di Guarin, che se portasse la firma di Messi (o El Shaarawy, visto che non si parla d’altro) se ne scriverebbe per mesi e mesi. Però è ‘solo’ Coutinho, bravino ma incompleto, costato appena 4 milioni e quindi non degno di tanto credito. Perché oggi il talento lo definisce il costo, e non viceversa come sarebbe giusto. Di gente sopravvalutata e sovrapprezzata il calcio moderno abbonda.

Cou è davvero uno spettacolo quando sente la fiducia dell’ambiente, gioca a un livello degno di pochi. Peccato che finora di occasioni non ne abbia avute molte. Ma con Sneijder out non abbiamo davvero alcun motivo di strapparci i capelli. Il talento in quella zona del campo non ci manca affatto, almeno per i prossimi 10 anni aggiungo io. Alla faccia di chi lo aveva già bollato, anche con un pizzico di prevenzione nei confronti della dirigenza nerazzurra, come oggetto misterioso inadatto al nostro calcio. In Brasile non sono stupidi e se da tempo sostengono che l'ex Vasco da Gama vale Neymar tra i talenti emergenti un fondo di verità deve pur esserci. Però da noi è fin troppo semplice gettare la croce addosso a una società che viene posta in evidenza solo per acquisti sbagliati e invece sta difendendo da anni la sua scommessa brasiliana.

Coutinho è solo l’apice del progetto in corso ormai da molti mesi in casa Inter. Lui, Joel Obi, Livaja (tutti in gol ieri, 60 anni complessivi), Juan e molti altri ragazzi nati negli anni ’90 non sono delle nuvole passeggere, ma la base su cui il club vuole (ri)costruire il proprio destino. In tempi di tasche vuote e corposi debiti il campione te lo devi costruire in casa, passo dopo passo, spezzone di partita dopo spezzone. Lo dice anche il geometra dall’altra sponda del Naviglio, per una volta concordo con lui. Ma non bisogna avere fretta. Esaltarsi per una prestazione più che positiva sarebbe controproducente. Coutinho non è quel tipo di giocatore che può garantire continuità, il classico 6 in pagella fisso. Fa parte di quella categoria di talenti che tratta con delicatezza il pallone, che vive di finezze, di colpi di genio. E si espone anche a serate storte. Ieri è stato un suo show, ma non sarà sempre così. Non illudiamoci. Per questo un Cou a piccole dosi, in attesa della definitiva consacrazione, sarebbe il modo migliore per proteggerlo. Ma Stramaccioni lo sa, superfluo dargli consigli.

A Baku ci si è allenati, inutile girarci intorno. Questo avversario faticherebbe anche in Serie B, nonostante l’imbattibilità interna europea di ben 12 anni. Però con la testa ci siamo, eccome, e la sesta vittoria su sei in trasferta lo testimonia. Buona, anzi ottima l’idea di dare spazio a chi solitamente ne ha poco, perché le motivazioni sono fondamentali in certe uscite. Bravo Stramaccioni a rischiare, perché un undici del genere ha fatto storcere il naso a tanti, invitando alla sentenza: l’Europa League non interessa ai nerazzurri. Col cavolo. È schierando queste formazioni che si va avanti nella competizione. Ovviamente non sei superiore all’Atletico Madrid, al Tottenham o al Liverpool. Ma li affronti con entusiasmo e con voglia di dimostrare di meritarti serate prestigiose, come il derby per esempio. E chissà che Coutinho stesso non possa essere invitato a giocare anche la stracittadina di domenica prossima. Così, a piccole dosi...

Sezione: Editoriale / Data: Ven 05 ottobre 2012 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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