Già, lo chiamano così; perché poi, continua a sfuggirmi. Io, di derby, ne considero uno ed uno soltanto: quello coi cuginetti. Questi ragazzi che vengono da Torino con la maglia bianconera non rappresentano nessuna stracittadina; sono semplicemente una squadra di grande blasone da battere, una avversaria storica di mille battaglie. Ma nulla più. Certo, è innegabile che vincere contro la Juventus implica un piacere interiore che sconfina quasi in una sorta di piacere fisico, ma la stessa cosa capita battendo le grandi squadre europee.

Ovvio, non è una partita come le altre per la gran parte del popolo coi colori del cielo e della notte: e non vedo come potrebbe essere diversamente, visto il battage con il quale i media presentano la gara: c’è stata la sosta della Nazionale, che ho apprezzato pur riconoscendo che eravamo inseriti in un girone dove era più complicato mancare la qualificazione per i prossimi europei piuttosto che il contrario, ma la prestazione con la Norvegia l’ho trovata molto professionale; da compagine pronta per impegni più difficili, insomma.

Però, tornando al concetto iniziale, nonostante la sosta sono ormai due settimane che si parla di Inter-Juve. Interviste, chiacchiere, ciarle spesso più inutili che altro, una pretattica oratoriale con recuperi prodigiosi dell’ultimo secondo quando tutti quanti sapevano bellamente che chiunque sarebbe stato arruolato, bastava restasse in piedi da solo. Ecco, queste sono le cose che più mi fastidiano nella presentazione di talune partite; il creare pathos ed attesa che sono assolutamente fittizie. Chiunque, perfino mio nipote di sei anni, sapeva benissimo che Morata e Pogba avrebbero calcato il terreno del Meazza stasera. E che gli altri malati in puro stile “Moliere”, sarebbero stati dirottati quantomeno in panchina. Non per altro ma la posta in palio, soprattutto sponda bianconera, è palesemente importante; tornare a Torino senza bottino pieno significherebbe restare molto lontano dalla vetta. Sì, d’accordo, il campionato è ancora lungo; le insidie, le trappole, possono nascondersi dietro una domenica qualunque; lo scivolone capita quando meno te lo aspetti e bla bla bla. Tutte belle parole; intanto però le distanze sono ampie e, soprattutto, le squadre che concorrono per un posto al sole iniziano ad essere parecchie.

Serve intelligenza tattica e capacità di gestire il pallone, serve tenerli lontano il più possibile, serve una partita con un approccio, di testa, completamente diverso da quello sbarazzino e fanciullesco del pre Fiorentina insomma. Roberto Mancini ha giocato questo genere di partite; sia come calciatore che come allenatore. Questo per noi, nonostante le critiche continue di una certa parte della tifoseria nerazzurra ma ciascuno ha il suo mister ideale e probabilmente il Mancio non raccoglie le simpatie di alcuni ma lui stesso sa che fa parte del gioco la cosa, potrebbe rappresentare un vantaggio: attenzione, ho scritto potrebbe perché poi, sul terreno di gioco, ci vanno i calciatori. Non gli allenatori. Concetto che spesso, troppo spesso, sfugge ai più. 

Le chiacchiere degli ultimi giorni vertono sostanziamente su come una squadra affronterà l’altra. Ecco, qui due parole nella mia crassa ignoranza mi sento di spenderle. Perché ho sentito taluni dire: non ci si deve snaturare, bisogna attaccare i bianconeri, stordirli, all’arma bianca. Salvo poi dimenticare che la Juventus ha interpreti bravissimi a saltare l’uomo nell’uno contro uno, uomini rapidissimi che una volta fatto fuori il marcatore diretto e chi li prende più. Pertanto, per questo semplicissimo motivo, trovo che un atteggiamento troppo spregiudicato potrebbe portarci a subire ripartenze a dir poco letali: da cacciatori a prede.

E dunque? No, poiché tra le altre cose ho sentito anche giocatori dell’Inter (uno nella fattispecie) chiedere quasi la difesa a tre; così con gli esterni alti poi li attacchiamo meglio. Certo, peccato che giocando a tre, piaccia o meno non sono io a dirlo ma lo raccontano le partite ed il campo, becchiamo sempre e comunque. A cominciare dal Wolfsburg lo scorso anno per finire alla viola tre settimane fa. Con l’aggravante di compiere sempre gli stessi errori ed orrori. Forse in questa stagione, arretrando il prode Medel sulla linea dei difensori ed avendo in Murillo uno che ha grande fisicità e spesso buon senso della posizione, si potrebbe pure tentare: ma trovo che la partita di stasera non sia quella che meglio si addica alla bisogna. Oltretutto, ma si tratta sempre di opinione del tutto personale, pertanto come opinione assolutamente opinabile, ho come la sensazione che il primo a cui la retroguardia a tre non trasmetta sicurezze sia proprio Roberto Mancini. E se non ci crede fino in fondo lui, figuriamoci se il resto della squadra non lo sente.

Allora, stabilito che la linea difensiva sarà a quattro, il centrocampo come verrà schierato? Molti chiedono il sacrificio di Kondogbia, reo di prestazioni al di sotto del fittizio valore di mercato; ma qui mi sovviene una domanda. Quanti si sono accorti o quanti sanno che il ragazzo sta giocando in un ruolo completamente differente da quello che ricopriva nel Monaco? No, perché potrebbe sembrare una stupidaggine, ma un ventunenne che si cala in una realtà completamente diversa da quella del suo paese di origine e, per di più, a cui si chiede il sacrificio di presidiare una posizione per lui desueta, beh… forse un pochino di tempo gli va concesso. Anche perché fuori lui con chi si gioca? Con la linea Melo-Melo-Guarin? Il colombiano, dopo il gol partita del derby (quello vero), ha inanellato una serie di prestazioni sottotono, tornando ad essere quel cacciatore di piccioni al terzo anello che aveva deliziato (si fa per dire) la platea nerazzurra. E dunque? Alla fine qualunque cosa Mancini farà finirà per scontentare una parte del tifo interista. Perché in nessun luogo come qui da noi tutti hanno il patentino immaginario di allenatore e tutti sono pronti a sottolineare gli errori del tecnico. Ma anche questo fa parte del gioco.

Diciamo allora che l’unico punto fisso da cui poter partire è l’attacco; l’accoppiata Icardi-Jovetic (ammesso che il montenegrino stia davvero bene ma le voci che filtrano da Appiano sono di un completo recupero) può essere devastante e Perisic, se schierato nel suo ruolo naturale, fa parecchio male a qualunque difesa.Quindi avviciniamoci a stasera con la serena consapevolezza dei nostri sedici punti, delle buone cose fatte fino ad oggi. Soprattutto senza paure arcane e recondite. L’ho scritto poco sopra; necessitiamo di cuore e cervello. Niente orgasmi agonistici, molto raziocinio e consapevolezza di ciò che siamo e di chi siamo: l’Inter.
E di derby ne giochiamo due all’anno.
Gli altri sono avversari comuni.
Buona domenica a Voi. Amatela. Sempre!

Sezione: Editoriale / Data: Dom 18 ottobre 2015 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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