Esattamente dieci anni fa, l'Inter fece il miracolo: buttò fuori il Barcellona dalla Champions League e conquistò la finale di Madrid, nella quale poi trionfò sul Bayern Monaco. Dieci anni tondi tondi da quel 28 aprile 2010. Doveva essere la notte della "Remuntada", del "i giocatori dell'Inter rimpiangeranno di fare questo mestiere". La notte dei gufi, di quelli che davano per scontato il tracollo. E invece fu la notte della gloria eterna, della leggenda. Fu la notte della Resistenza.

In dieci uomini per l'ingiusta espulsione di Thiago Motta al 28' del primo tempo, la squadra di José Mourinho seppe resistere agli assalti dei catalani, concedendo loro il minimo. Ibrahimovic ectoplasma, Messi limitato e tutti gli altri blaugrana a cercare un pertugio nella fitta fase difensiva nerazzurra. Un varco che solo Piqué trovò nel finale: troppo tardi. Ammutoliti i quasi centomila del Camp Nou: Inter in finale alla faccia del bifolco Victor Valdes, dello spregevole Busquets e dell'abnorme arroganza di quella squadra quasi ingiocabile. Quasi, appunto. Le critiche per il "brutto" gioco espresso dai nerazzurri ci furono all'epoca e continuano anche oggi. Parole vuote che non tengono conto – volutamente più che distrattamente – delle contingenze: dal rosso immediato alla dote da gestire del 3-1 di San Siro. Chiacchiere, appunto.

Oggi come allora, bisogna tenere duro e fare di necessità virtù. Il momento è quello che è per tutti, e per certi versi l'intero Paese può immedesimarsi in una squadra rimasta in inferiorità numerica già nel primo tempo, in trasferta, sul campo dell'avversario più temibile. Proprio nella fossa dei leoni. Spacciata. Serrare i ranghi, tenere botta. E, con fiducia, aspettare il momento giusto per tirare su la testa. E invece no. C'è una Lega di Serie A spaccata come il resto dell'Italia, spezzettata a causa dei soliti giochi di potere e di convenienza. E poi ci sono gli sciacalli, gli ignavi e i tuttologi. Come se il virus fosse un vezzo e non una realtà che elude dalla volontà di chiunque. Comanda lui, c'è poco da dimenarsi.

Il 25 aprile è lontano poche ore: un giorno sacro per la nostra Italia, che qualcuno ancora si permette di bistrattare e strumentalizzare, senza rendersi conto che, se oggi gode anche del diritto di spalare fango su questa ricorrenza, lo deve proprio a chi si immolò in nome della libertà. La memoria va coltivata perché le radici ci aiutano a capire chi siamo, a non commettere più gli stessi errori e a imparare da essi per il futuro. Questo è il momento della Resistenza. Di una nuova Resistenza. Noi siamo la Resistenza.

"Una mattina mi son svegliato...".

Sezione: Editoriale / Data: Mar 28 aprile 2020 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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