"L’Inter? Non voglio riprovarci, mancherebbe la motivazione necessaria. È un’esperienza conclusa, zero dubbi". Con queste parole rilasciate a La Gazzetta dello Sport nei primi giorni di giugno, João Mário calava definitivamente il sipario sulla sua esperienza nella Milano nerazzurra. Almeno virtualmente, data la situazione di stallo attuale. Ciò che è certo è che la voglia di Inter del portoghese non è la stessa di due estati fa, quando veniva presentato con orgoglio - insieme al desaparecido Gabigol - dalla nuova proprietà come colpo del cambiamento. 40 (più 5 di bonus) i milioni messi sul piatto da Suning per strappare il cartellino del promettente fantasista lusitano dalla concorrenza europea e dalle grinfie dello Sporting Lisbona, lesto ed intelligente a gonfiare il prezzo dell'allora fresco campione d’Europa, tra l’altro da protagonista, con il Portogallo. Poi, il buio.

João non si adatta al tattico calcio italiano, trovando spesso e volentieri palesi difficoltà in qualsiasi posizione: da esterno alto a sinistra, ruolo che ricopre con costanza in nazionale, l’ex dei Leões non ha mai trovato continuità di prestazioni, così come quando impiegato in una zona più centrale del campo. Il periodo di apparente ed illusoria ripresa lo si è visto quando il criticatissimo Frank de Boer lo inventò come una sorta di regista. 3 gol e 12 assist il bottino finale messo in tasca dal classe ’93 di Oporto. Troppo poco per giustificare la cifra investita dalla famiglia Zhang, che a distanza di mesi si mangia le mani per essersi affidata al noto agente Kia Joorabchian, che mise in piedi l’operazione. "Troppa pressione? Macché, io valgo questa cifra. È quello che spesero, quindi sì. E non ho mai accusato alcun tipo pressione, sono sempre stati discorsi provenienti dall’esterno. Io sono convinto del mio valore e so di valere questi soldi" sottolineava alla rosea il diretto interessato, quasi con eccessiva spavalderia, durante il recente Mondiale russo. E le parole pesano.

L’esperienza in prestito al West Ham aveva come scopo quello di far rivalutare il giocatore, rimasto folgorato dalla bellezza della Premier League, definita letteralmente “un altro mondo”. E l’Inter si augura che ora il ragazzo possa iniziare una nuova vita professionale lontano dall’Italia e dai colori del Biscione. “Perché questa rabbia? Non è rabbia, prendo atto della situazione al netto dell’anno e mezzo trascorso a Milano. L’idea è chiara: non torno. Sono solo sincero – tuonava João Mário​​​​ nella stessa intervista -. Non ci sarebbe il fuoco dentro per riaccendermi in nerazzurro. Quando arrivai ero carico per un progetto che sembrava stesse decollando, peccato che poi le cose andarono diversamente". Dispiacere, dunque, ma anche idee chiare. João Mário considera chiusa da diverse settimane la sua parentesi all’ombra del Duomo. E l’Inter, che l’ha a sua volta scaricato tra le righe vestendo la “sua” dieci sulle spalle di Lautaro Martinez, spera di riuscire presto a trovare una sistemazione al separato in casa: Spagna, Inghilterra o ritorno in Portogallo, poco cambia. Dai corridoi di Corso Vittorio Emanuele la parola d’ordine è una: monetizzare. Se possibile, senza registrare una minusvalenza. Poi i cash verranno investiti su chi, per davvero, Luciano Spalletti vuole sotto la sua ala. Vedi Arturo Vidal.

Servono giocatori con gli attributi e, soprattutto, che vogliano davvero vestire la maglia dell'Inter. E Re Arturo, come raccontato dalla nostra redazione, sembra sposare pienamente questa caratteristica. Non è certamente questo, invece, il caso dell’ex Sporting, che appare tutt’altro che voglioso di riprendere il cammino con la Beneamata, nonostante ieri abbia fatto ritorno a Milano. Due anni fa, al suo arrivo nel capoluogo lombardo, cori e applausi accoglievano il nuovo asso portoghese che palleggiava sorridente sul prato di San Siro. Oggi, a distanza di due anni, gli stessi tifosi che battevano le mani per dargli il benvenuto gli indicano senza rimpianti la via d’uscita di Appiano Gentile. La situazione si è capovolta. Perché da João Mário a Ciao Mário il passo è breve. E adesso è giunta l’ora di dirsi addio.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 31 luglio 2018 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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