Potrei riconoscere tante attenuanti a Josè Mourinho per la pessima figura rimediata a Kazan contro il modesto Rubin: le assenze di Thiago Motta, Sneijder e Milito all’ultimo momento, l’espulsione di Balotelli, la scarsa serata di alcuni dei giocatori più importanti e un momento di grande nervosismo dovuto soprattutto a fattori esterni. Ma lo Special One non può essere sollevato dalle responsabilità per una fuoriserie che non riesce a guidare al di là del vialetto di casa sua. Questa Inter è costruita per essere protagonista in Champions League, ha ricambi di primo livello per ovviare alle assenze impreviste, lui stesso è pagato profumatamente per giocarsi fino in fondo la competizione. Ieri Mou ha giustamente sottolineato come si senta responsabile solo della scorsa stagione, dal momento che nei 50 anni precedenti se l’Inter non ha conquistato il trofeo non gli si può imputare alcunché. Ma se dopo la scorsa stagione questa inizia con due pareggi risicati, forse è il caso che il portoghese faccia un esame di coscienza.
Non ho dubbi sul fatto che nel giro di qualche settimana questa squadra inizierà a vincere a ripetizione in Italia, qualche perplessità la riservo invece per il cammino europeo, iniziato zoppicando e con poche sensazioni che mi inducano all’ottimismo. Che sia davvero un problema di Dna se l’Inter non riesce a diventare protagonista anche in Champions League? Non voglio pensare, da tifoso, di partire già sconfitto, il gruppo è forte, fortissimo, i campioni abbondano e la personalità non fa difetto. E allora? Cosa succede quando i nerazzurri sentono la musichetta della Champions, che Galliani diffonde anche in campionato per dare una spinta al Milan? Rispetto ai rossoneri sembra che quel suono intimorisca i giocatori nerazzurri, sia di vecchia data sia freschi di approdo a Milano. Ma anche il tecnico di Setùbal ha le sue responsabilità, per non aver dato ancora un’impronta di gioco alla squadra che ha in mano.
A Kazan l’Inter era in inferiorità numerica sin dal fischio d’inizio, non tanto per la scarsa vena di qualcuno dei giocatori, quanto per il timore reverenziale con cui ha accolto l’entusiasmo dei russi tradotto in folate inarrestabili persino da colonne come Lucio e Samuel. Non si scende in campo su un terreno di gioco anonimo (e mi perdoni il Rubin) come se fosse una seduta di allenamento, quando ciò che conta è arrivare alla doccia senza farsi male o stancarsi troppo. E questo è un messaggio che l’allenatore dovrebbe dare ai suoi giocatori, invece di trasmettere loro il suo nervosismo, fin troppo evidente. Io sono il primo difensore di Mourinho, ma quando sbaglia è giusto sottolinearlo. I paraocchi meglio lasciarli sulla testa dei cavalli, purtroppo in campo ho visto una pessima Inter e mai mi sarei aspettato una prestazione così sotto tono. Non ho gradito neanche la gestione del match da parte di Mourinho, che ha insistito ancora sul 4-3-3 una volta appurata l’indisponibilità di Milito, anche se la lezione di Genova induceva a rifletterci un po’ di più.
Col senno di poi è facile parlare, ma un Vieira a rinforzare il centrocampo e due punte come Balotelli ed Eto’o avrebbero forse dato più equilibrio alla squadra. Poi, dopo l’espulsione di Balotelli (sciocchezza che l’attaccante pagherà, conoscendo Mou), ecco l’inserimento di Quaresma, in grado di fare anche peggio dell’abulico Mancini (non era meglio lasciarlo andare al Genoa?). Il tutto, con un centrocampo che annaspava, vittima delle ficcanti incursioni di Dominguez e compagni. Alla fine devo mio malgrado gioire per un punto strappato con i denti al Rubin, cenerentola del girone F dove il Barcellona sembra destinato a farla da padrone e l’Inter a sperare che Shevchenko non torni decisivo per la Dinamo Kiev come una decina di anni fa. E sabato sera, una volta ricaricate le pile, a San Siro arriva l’Udinese, in uno stato di forma che invita a preoccuparsi. Spero sinceramente che Mourinho si faccia un esame di coscienza e torni a essere il bravo allenatore e gestore di uomini che è, invece che un burbero attaccabrighe mediatico come lo hanno fatto diventare in Italia. Forza Mourinho, ora serve una reazione speciale.
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