"Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno", diceva Martin Luther King, icona del coraggio e simbolo di ogni sogno a cui si voglia dar forma. Con molto coraggio, appunto. Perché il coraggio, in fondo, non è assenza della paura. E non è nemmeno il suo opposto quanto, piuttosto, la capacità di affrontarla.

Partendo dal presupposto che a nessuno piace ammettere di non essere stati all'altezza (la Juventus, ad esempio, cerca di sminuire un'uscita ai quarti di Champions che, viste aspettative, operazioni e soprattutto obiettivi dichiarati, altro non può essere che un fallimento), la rivalutazione del cammino europeo dell'Inter alla luce dei risultati dell'ultima settimana risulta, allo stesso modo o quasi, un esercizio fine a se stesso. 

E che rischia di far perdere di vista l'aspetto principale: l'assenza di coraggio dei nerazzurri nelle gare che valevano la qualificazione. E quanto successo nell'ultima settimana di calcio europeo lo conferma. Tecnica, qualità, palleggio, giocate a uno-due tocchi, rapidità, pressing, triangolazioni e tanta corsa. Ma non solo: anche, e soprattutto, coraggio, sfrontatezza, allegria. Questo hanno lasciato negli occhi le squadre che hanno sorpreso e meritato di proseguire il loro cammino in Europa anche contro i pronostici e i ragionevoli dubbi di chi li vedeva sfavoriti.

La lezione offerta da Ajax, Tottenham ma anche dal City (che è uscito per episodi ma se l'è giocata eccome e non ha affatto demeritato) dice sopratutto che ha avuto ragione chi ha giocato per divertire e divertirsi. Perché il calcio non è solo, o non tanto, la tattica, i moduli, lo studio dell'avversario, la ricerca della difesa perfetta, la chiusura dello spazio per l'avversario che poi ti porta a essere guardingo, "difensivista" o "tattico".

Il calcio è tante cose tra cui, soprattutto, geometrie, capacità di occupare spazi, di inseguirli, "aprirli" e crearli facendo correre gli avversari e disorientandoli puntando sulle proprie qualità e senza paura delle proprie debolezze. Senza paura di poterlo concedere questo spazio mentre vai a cercarlo (vedi Ajax), ma anche senza la paura, in qualche momento della partita, di alzare le barricate per difendere alla morte un risultato dopo 90 minuti fatti di corse, rincorse, scontri, gol, tiri, occasioni create e concesse (vedi Tottenham).

Il calcio, insomma, è quell'insieme di tante cose che si possono abbinare all'espressione spettacolo: imprevedibilità, suspence, bellezza. A volte anche illogicità. Di certo non è noia, banalità, previsione. Andreste mai a vedere uno spettacolo di cui conoscete trama, per altro noiosa, e finale, magari scontato? Eppure la nostra Serie A si è ridotta all'incirca a questo. Difficile, dunque, stupirsi se gli stadi sono mezzi vuoti. Ma queste possono essere riflessioni generali e buone per molte delle nostre squadre.

Tornando all'Inter e alle sue uscite da Champions ed Europa League, ecco che queste non possono risultare rivalutate proprio perché prive di coraggio. I nerazzurri andarono a Londra potendosi prendere la qualificazione con un turno d'anticipo ma la prestazione fu quella di chi cercò il pareggio, cercò di accontentarsi senza proporre, senza cercare la vittoria né l'imposizione del proprio gioco. Contro un avversario fortissimo, ci mancherebbe. Ma il carisma e il coraggio vanno dimostrati proprio in queste occasioni. Per non parlare del pareggio casalingo contro il Psv: lì i nerazzurri non si dimostrarono capaci di reagire allo svantaggio e una volta ottenuto l'1-1 si accontentarono di giocare col cronometro salvo scoprire che a Barcellona il pareggio degli Spurs aveva cambiato le logiche.

L'eliminazione dall'Europa League è stata figlia di un rigore sbagliato a Francoforte ma soprattutto di una prestazione, al ritorno, dove nessuno ha dato mai la sensazione di voler sudare e di volerci provare. Vero, c'erano tante assenze. Un po' come successo al Tottenham contro il City. Ma in questo caso si parla di squadre coraggiose e sfrontate, carismatiche e capaci di rischiare. Perché lo spettacolo e il divertimento vengono prima di tutto e, alla fine, possono risultare persino più concreti di chi teorizza il vincere come l'unica cosa che conta.

Quando si tornerà a privilegiare, appunto, spettacolo e coraggio forse non sembrerà più di praticare uno sport diverso da quello che esprimono le squadre che ci hanno incollato alla tv in settimana. E magari si tornerà anche a vincere. O anche solo ad andarci vicino, che sarebbe comunque un passo avanti enorme.

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 20 aprile 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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