La settimana ad alta tensione dell'Inter si è conclusa con una beffa, un pareggio all'Olimpico che prima dell'inizio sarebbe stato accolto come un buon risultato e che invece ha ulteriormente alimentato le polemiche per la gestione della partita da parte di Conte e la squadra.
Il fatto è che l’Inter nel primo tempo non meritava di essere sotto e nel secondo tempo ha giocato bene, con autorevolezza, quando ha decisamente messo sotto la Roma con una pressione insistente, una maggiore velocità nelle giocate, più verticalizzazioni e una certa sfrontatezza. In venti minuti ha ribaltato la partita realizzando un gol quasi identico a quello dello scorso anno di De Vrij, solo che questa volta è accaduto con Skriniar, il più convincente in difesa, poi Hakimi ha debordato realizzando un gol da cineteca, attaccando lo spazio sulla destra, andando via all'uomo ma sistemandosi la palla sul sinistro, tirando una bordata che si è infilata sotto il sette. Un piacere per gli occhi. Poco dopo Vidal ha divorato il gol dell’1-3, ciccando un pallone perfetto in mezzo all'area e da quel momento la squadra ha arretrato il baricentro.
Conte ad un quarto d'ora dal termine ha cambiato Lautaro per mettere Perisic, poi ha tolto Vidal per Gagliardini e soprattutto ha fatto uscire Hakimi per inserire Kolarov. Tre mosse che hanno comunicato ai giallorossi autentica paura, la volontà di difendere, senza costruire, di aspettare senza opporre altra resistenza se non quella nella propria metà campo, rimettendo la palla con lanci lunghi.
La scelta di travestirsi da piccola squadra che specula sul risultato, è stata tanto palese da permettere ai giornalisti di fare domande dirette sui cambi e l’atteggiamento della squadra. Forse Conte ha capito altro ma le domande sulle sostituzioni a cui ha risposto dicendo: “I cambi ci stanno. Non vedo perché non pescare dalla panchina", non era rivolta al perché fare avvicendamenti ma perché fare quel tipo di sostituzioni, senza far entrare un ragionatore che crea gioco (Sensi), una vera seconda punta (Sanchez) e non un improvvisato Perisic che aveva il compito più di correre che di giocare, senza contare Eriksen in un ruolo da interno che Conte non ha mai provato, nonostante nel Tottenham e nell'Ajax giocasse spesso in quel ruolo.
Conte ha costruito una squadra che a tratti gioca un calcio convincente, importante, capace di soverchiare e illudere. La partita la stava vincendo con la forza delle sue convinzioni e della sua capacità troppo spesso messa in discussione.
I giudizi sul tecnico, nel bene e nel male sono sempre netti ma viene il sospetto che lui sia il primo a non credere nella forza della sua squadra, così la costringe a occupare bene gli spazi, ad applicarsi al massimo ai movimenti, alla copertura e lavorando sempre sul dialogo ma i tanti, troppi errori in disimpegno o sotto porta sono il risultato di una pesantezza mentale e una reale mancanza di convinzione in sé stessi, trasferita dallo stesso tecnico, anche nelle dichiarazioni pubbliche oltre che nella volontà di chiudersi subito in difesa se le cose si mettono bene nelle gare che contano. Partite che, per intenderci, l’Inter non vince quasi mai, a causa di questo principio.
Quando contro la Lazio l’Inter è andata in vantaggio, si è chiusa e ha subito il pari, con l'Atalanta stessa storia, col Milan ha perso, col Napoli è andata meglio ma la sofferenza inutile degli ultimi venti minuti è stata causata proprio dalla rinuncia al gioco, non appena realizzato il gol del vantaggio, con la Roma stesso errore.
Domenica c’è pure la Juventus ed è un'altra di quelle partite che andrebbero affrontate con la testa sgombra per novanta minuti, non venti.
Lukaku sembra che abbia voluto parlare alla squadra prima della partita, forse per caricarla ma è parso eccessivamente responsabilizzato dal peso che si è accollato, innervosito ancorchè generoso e indispensabile.
La società sta vivendo un momento delicato e c’è una guerra tra la stessa informazione che dibatte con la stessa spregiudicatezza di un tema di calciomercato, sulla certezza che l’Inter venga ceduta o stia semplicemente cercando un socio. Si parla di stipendi non pagati e un calciomercato fermo in uno stato di crisi generale che riguarda l’Inter ma anche altri club importanti. A questo proposito Conte ora potrebbe trovarsi con Vecino, Pinamonti ed Eriksen in squadra, nonostante siano fuori dal progetto già da questa estate. Pur senza esprimerla verbalmente la sua insofferenza arriva forte e chiara anche con altri linguaggi ma se decidesse di iniziare un nuovo percorso di allenatore più aziendalista, capace di valorizzare ciò che ha, invece di escluderlo aprioristicamente, sottraendo valore, scoprirebbe che ha giocatori migliori di quello che crede.
Conte è in piena corsa per il titolo, si convinca che il calcio si evolve, la sua squadra merita di giocare anche dopo essere passata in vantaggio, perché le paure che si vedono in campo arrivano proprio dalla panchina e vengono pagate quasi sempre.
Amala.
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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