Ora che la mente ha raggiunto un discreto livello di freschezza e si è scrollata di dosso l'eccesso di sangue giunto alla testa in un sabato milanese piovoso, tento di tornare in equilibrio e di capire cosa sia accaduto in Inter-Roma. Ammetto, dalla tribuna stampa ho vissuto questa partita più intensamente rispetto ad altre, manifestando più del dovuto il mio dissenso per alcuni episodi o frangenti che non mi hanno convinto. In estrema sintesi, ho visto una buona Roma, tutt'altro che 'malata', la solita squadra che ama giochicchiare e mantenere il possesso del pallone. La differenza principale, però, è che rispetto alle precedenti stagioni sotto porta faceva più paura. Nel complesso, una squadra interessante che a mio modo di vedere può solo crescere, anche perché ha un tecnico che sa farsi rispettare e non ha paura dell'impopolarità in piazza.

Lo voglio rimarcare per dare credito alle parole di Gasperini nel dopo gara. Non era questa partita, infatti, l'occasione migliore per fare ulteriori esperimenti e rischiare il tutto per tutto. Proporre un undici sbilanciato in avanti sarebbe stato un suicidio, di fronte non c'era mica una squadra in lotta per la salvezza, bensì una con legittime ambizioni. Non mi trovo pertanto d'accordo con chi sostiene che il mister avrebbe dovuto cercare a tutti i costi la a vittoria trovandosi di fronte un avversario in difficoltà. Forse lui è stato l'unico a non fidarsi del bluff giallorosso e tutto sommato ha fatto bene. Ecco, in sala stampa ho ascoltato attentamente le parole di Gasperini e soprattutto ne ho catturato toni e mimica. Non era la stessa persona smarrita e affranta del dopo Trabzonspor, ma un allenatore convinto di aver visto una buona Inter e finalmente soddisfatto non dico al 100%, ma all'80%. Significa che, a suo dire, la squadra è sulla strada della ripresa e a lui sono arrivate risposte interessanti.

Anche al cospetto delle solite frecciate tattiche di alcuni miei colleghi Gasp da Grugliasco si è mantenuto compatto, come la sua difesa fino a un'ora prima. Dopo il 'bagno turco' non sembrava infatti sicuro di poter dare risposte convincenti e talvolta è sbottato, sempre mantenendo il suo aplomb. Sabato sera no, ha voluto concedersi una chiacchierata con i vari interlocutori, senza scomporsi neanche quando gli è stato ricordato il cambio Muntari-Forlàn, a detta di molti poco politically correct. Tra sabato e domenica molti tifosi ci hanno evidenziato questo episodio come il simbolo di una gestione tecnica inaccettabile: ma come, l'Inter toglie una punta e inserisce un centrocampista, tra l'altro assai poco popolare tra i tifosi. Una sorta di resa, di sereno accoglimento dello 0-0, incomprensibile per il pubblico che paga il biglietto.

Anch'io ho interpretato così questa sostituzione inizialmente, ma poi la spiegazione dell'allenatore mi ha convinto: un mediano avrebbe dato più solidità al centrocampo consentendo all'Inter di salire più incisivamente. E nessuno dica che con due punte la squadra abbia spinto così come nella fase finale della partita. Il calcio non è matematica, non esistono equazioni perfette: tre attaccanti contemporaneamente sul rettangolo di gioco non sono sinonimo di assedio alla retroguardia avversaria. Anzi, spesso privano la squadra di equilibrio e la espongono al bombardamento nemico. La Roma, in una situazione del genere, non si sarebbe limitata al possesso palla, ma avrebbe infierito. I tifosi vogliono vedere gli attaccanti in campo? Allora diano il tempo al tecnico di amalgamare una modalità di gioco oggi troppo pericolosa. Fino a quando dietro non saranno in grado di supportare un reparto offensivo numericamente abbondante, ben vengano le sostituzioni come quella Muntari-Forlàn.

Come spesso mi capita, non ho intenzione di cavalcare l'onda del momento, di arruolarmi al partito degli 'esoneristi' che vedono in Gasp il vero male dell'Inter. I problemi sono ben altri. Questo allenatore merita rispetto e, soprattutto, ancora un po' di tempo per costruire la sua Inter. Glielo dobbiamo concedere e per fortuna la società sembra orientata a dargli tutta la fiducia che gli serve. Invito pertanto i tifosi a non leggere con eccessiva convinzione certe notizie che quotidianamente appaiono sui giornali, relative a un tecnico sulla via del licenziamento o a rapporti freddi con la dirigenza e, in primis, Moratti. Tutto falso. Però so che la storiella proseguirà ancora, l'equilibrio non è difficile da trovare solo in campo.

Concludo mandando da questa pagina web un messaggio ai tifosi nerazzurri: sostenete questo allenatore e questi giocatori, non fatevi ingolosire dal miraggio di un esonero scaccia-problemi. Nessun grande allenatore ha iniziato vincendo tutte le partite, persino Mourinho ha zoppicato all'inizio della sua prima stagione italiana, fino a quando non ha trovato l'assetto ideale per la sua Inter. La pazienza è la virtù dei forti. E noi interisti lo siamo.

 

P.S. - Capisco che non è il più popolare tra i giocatori dell'Inter, ma accogliere con i fischi e insistere con essi ogni volta che ha toccato palla non è stato il modo migliore per aiutare Muntari. Al di là dello scenario in cui si è trovato (alla fine ha rifiutato proposte professionali che non lo convincevano, chi avrebbe fatto diversamente?), il ghanese quando entra in campo veste i colori nerazzurri. E ha il diritto di giocare con serenità, per il bene della squadra.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 19 settembre 2011 alle 00:01
Autore: Fabio Costantino
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