"Il bilancio è diviso in due parti, conto economico e stato patrimoniale, ognuna delle quali è suddivisa a sua volta in due sezioni, attivo e passivo". Così Giulio Cesare avrebbe iniziato un molto improbabile De Economia sulla scia del più famoso De Bello Gallico. Vi starete domandando il perché di questo rimando alla letteratura latina e il motivo è presto detto: per spiegare nel dettaglio qualcosa a chi non è avvezzo all'argomento è necessario partire dal principio parlando della cosa stessa in generale. Questo non perché chi ne scrive non capisca di ciò di cui si sta discutendo, ma perché in questo modo si evita, o almeno si tenta, di incorrere in critiche eccessive nel momento in cui si espone la propria trattazione.

Lunedì è ufficialmente iniziata la stagione dei numeri pubblicati ovunque, tutti inerenti al bilancio d’esercizio dell’Inter, ma non necessariamente utili al fine di capire quale sia la situazione patrimoniale dei nerazzurri. Dei 74 milioni di euro di rosso annunciati e dei 140,4 milioni di euro di deficit consolidato se ne sta parlando anche troppo ed è proprio questo che genera confusione attorno all’Inter. Ma prima di disquisire di tutto il resto è giusto chiarire una volta per tutte cosa sia la nota integrativa all’interno della quale era contenuto il relativo dato alle 140 mila migliaia di euro: in breve essa è una parte del bilancio in cui si completano i dati dei prospetti contabili fornendo ulteriori informazioni e grazie alla quale si motivano determinati comportamenti. Questo è esattamente quello che è stato fatto nel faldone di 64 pagine relativo al bilancio nerazzurro dell’esercizio conclusosi in data 30 giugno 2015: spiegare che i 74 milioni di cui si parlava in realtà erano 140,4 e i motivi per cui questo dato variava di una cifra così ingente. Nessun allarmismo, nessun “moriremo tutti”: è una prassi comune, che certamente sconvolge un po’ chi non è abituato, ma che non va catalogata necessariamente come una situazione negativa.

Proprio qui, però, si entra nel vivo del discorso: troppe chiacchiere attorno ad un argomento delicato specialmente di chi non è pratico dello stesso generano confusione. Precisazione dovuta, chi vi scrive non è un dispensatore di scienza in merito e pertanto non vi parlerà di questo; sarebbe gradito al contempo che l'annoso compito di snocciolare freddi e oscuri numeri non fosse sulla bocca di tutti. Questo continuo bisogno di dover elencare dati finanziari come se fossero il contenuto di una lista della spesa autorizza chiunque a farsi una propria opinione in merito e a volte non è corretto: ci sono argomenti che sono troppo complicati da trattare anche per i professionisti del settore, se le informazioni a loro disposizione sono incompletie o insufficienti, quindi non vedo il motivo per cui cimentarsi in questa disciplina così, per puro divertimento. 

Tutto ciò non fa altro che generare preoccupazioni attorno al mondo Inter e creare tensione e antipatia verso chi prova a decifrare questi numeri, anche se va ricordato quello detto poche righe sopra: alle volte è difficile anche per i professionisti del settore farsi un'idea corretta e inappuntabile. Se si pensa a tutto questo una domanda sorge spontanea: come si viveva prima, quando di bilanci non si parlava e si pensava solo al calcio giocato? Come si viveva quando le chiacchiere da bar vertevano solamente sulla posizione in campo di questo o di quell’altro giocatore o quando l’argomento di discussione era il rigore concesso o meno pro o contro una determinata squadra? La risposta non è necessariamente “meglio” né necessariamente “peggio”, il punto è che si viveva, calcisticamente parlando, normalmente anche nella beata ignoranza finanziaria. 

La libertà di pensiero e di opinione è sicuramente uno dei cardini di questa società civile, ma alle volte la libertà di opinione sta anche nell’ammettere di non essere in grado di analizzare determinati argomenti e, soprattutto, nel rispettare i pensieri altrui almeno fino a che tutti i dati non emergeranno, l’analisi sarà ben più chiara e le ipotesi lasceranno posto a certezze. Per concludere il De Economia, Giulio Cesare direbbe: “Quando a Milano giunsero le notizie complete in merito, per venti giorni almeno si festeggiò e si lasciò perdere il bilancio 2014/15 dell'Inter. Nell’attesa di quello 15/16”.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 21 ottobre 2015 alle 00:00
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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