Le dichiarazioni di Jorge Valdano, il tetto salariale del Barcellona, la serenità di Massimo Moratti, la convinzione di Josè Mourinho e l’acquisto di una villa sul lago di Como. Tutti ingredienti per preparare una vera e propria leccornia per l’esteta italiano del calcio, al di là del colore di maglia. Sono bastate poche ore per sfornare la torta Ibrahimovic, un dolce che all’inizio sembrava amarissimo per il tifoso nerazzurro, ma che oggi ha un sapore decisamente migliore. Potremmo trovarci di fronte alla fine del tormentone estivo legato al futuro dello svedese, quello che Moratti avrebbe preferito evitare ma che si è propagato in giro per l’Europa a macchia d'olio e con una rapidità spaventosa, salvo poi ritrarsi attraverso poche, mirate mosse dall’una e dall’altra parte. Ibrahimovic rimarrà all’Inter, forse lui lo sapeva già quando si è lasciato sfuggire quella famosa dichiarazione sibillina. Forse lo svedese si è divertito a prendere tutti in giro, tirando però un po’ troppo la corda della pazienza interista, con conseguenze che potrebbero non essere piacevoli, almeno durante i primi tempi. Oppure, più probabilmente, Ibra si è reso conto che non esistono possibilità di trasferire lui e tutta la montagna di euro che lo riguarda da un’altra parte, e che forse sarebbe stato meglio continuare a essere re a Milano, nella speranza di coronare i suoi sogni personali con la maglia nerazzurra.

Forse non scopriremo mai la verità e dovremo accettare passivamente la conclusione di questo romanzo, scritto a quattro mani con il manager Raiola. Tanto rumore per nulla, potremmo dire, scomodando il grande William Shakespeare. Un polverone che sembrava un tornado, si è ridimensionato rapidamente, poco prima di spazzare via tutto. La famosa offerta che avrebbe accontentato tutti non è ancora arrivata e, probabilmente, non arriverà. Anche il “folle” Florentino ha fatto due conti e si è reso conto che non era il caso di collezionare un’altra figurina così costosa per il suo Real Madrid. Laporta magari avrebbe voluto, ma i dindini servono a finanziare altri progetti, che in casa blaugrana hanno dimostrato di poter eseguire con risultati decisamente apprezzabili. E il Chelsea? Francamente, Abramovich non ha espresso neanche in cirillico la volontà di prendere Ibrahimovic e Ancelotti non è tipo che spinge per avere un giocatore solo per fare dispetto a un altro club o per soddisfare il suo senso estetico. Meglio un Pato di un Ibra, dunque.

Considerata la situazione attuale, salvo clamorosi colpi di scena, Ibra continuerà a vestire la maglia numero 8 dell’Inter, che lui in campo ha sempre onorato, bisogna dirlo, al di là delle sue bizze. Non sarà mai simpatico, non accetterà mai le critiche dei tifosi, ma continuerà a giocare sia per sé stesso sia per la squadra, come un professionista serio. Prendere o lasciare, questa esperienza non lo cambierà e probabilmente renderà i tifosi dell’Inter ancora più diffidenti nei suoi confronti. Almeno fino alla prossima magia che strapperà inevitabilmente applausi a scena aperta. Per il momento, dunque, limitiamoci a dirgli “Ben trovato”. Poi toccherà a lui riguadagnare la fiducia di noi tifosi, che odiamo e amiamo un giocatore in egual misura (Ronaldo e Vieri, chi se li ricorda?), ma siamo sempre disposti a perdonare chi sa darci emozioni uniche. Anche senza baciare la maglia.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 17 giugno 2009 alle 08:45
Autore: Fabio Costantino
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