"Un onore indossare questi colori". Lo ha detto ieri pomeriggio Carlos Augusto parlando dell'Inter. Certo, potrebbero essere le classiche frasi di circostanza nel giorno della presetazione ufficiale. Ma in questo caso non lo sono, perché l'esterno brasiliano voleva vestirsi di nerazzurro da tempo e non è che gli mancassero le offerte. Ha deciso di aspettare l'Inter che in cambio, appena ceduto Robin Gosens, lo ha chiamato per firmare dopo l'intesa raggiunta con Adriano Galliani, disponibilissimo ad assecondare le richieste del giocatore. 

Non solo il laterale di Campinas. Anche Davide Frattesi ha voluto fortemente l'Inter e lo ha dimostrato con i fatti. Il centrocampista più corteggiato della Serie A non ha mai avuto dubbi sul proprio percorso. Niente Juventus, niente Milan, niente Roma, niente Napoli (che offriva di più): Inter e basta. E armato di pazienza ha atteso che i tempi fossero maturi per realizzare il proprio desiderio.

E che dire di Marcus Thuram. Il francese è stato a tanto così dal legarsi al Milan, scelta convinta ci mancherebbe, preferita persino al corteggiamento del PSG. Poi è tornata l'Inter, che già due anni prima lo aveva praticamente portato a Milano prima che la malasorte di accanisse sul suo ginocchio e facesse saltare l'operazione. Quando i nerazzurri, liberato Edin Dzeko, hanno bussato ancora alla sua porta con una maglia da assegnargli il figlio di Lilian è salito al volo su questo treno, ammettendo poi candidamente il profondo senso di gratitudine nei confronti della dirigenza che gli è stata vicina anche nei momenti difficili.

Che dire di Juan Cuadrado, personaggio assai discutibile sul campo (inutile fingere che non sia stato così) ma con una personalità talmente ferrea da rischiare tanto, tantissimo, accettando la chiamata nerazzurra e sfidando un contesto che mai l'avrebbe voluto con questa maglia addosso. Il colombiano ha avuto il buon senso di usare parole politicamente corrette per non sporcare il suo passato con quelli lì, ma con i fatti ha confermato di essere fortemente motivato a giocare con i rivali di sempre, rifiutando offerte esotiche più ricche.

Lo stesso Yann Sommer ha accettato con entusiasmo questa nuova opportunità professionale. Non aveva bisogno di dire che l'Inter era il suo sogno e che l'ha scelta in mezzo a tante altre proposte. Ha semplicemente deciso di lasciare la porta del Bayern Monaco, garanzia di vittoria in Germania e di competività in Europa, per rimettersi in gioco a 34 anni persino a uno stipendio inferiore. Senza bisogno di dichiarazioni edulcorate. 

Il tutto in attesa delle prime parole ufficiali di Marko Arnautovic, che con la sua forza di volontà ha chiesto e ottenuto il ritorno a Milano a 13 anni di distanza. L'insistenza con il Bologna alla fine ha prevalso e ora toccherà all'austriaco dimostrare che la scelta sua e della dirigenza di Viale della Liberazione è quella giusta, nonostante le numerose perplessità che stanno accompagnando il suo coming back.

Un lunghissimo e dettagliato preambolo per sottolineare, se ce ne fosse bisogno, che vestire la maglia dell'Inter non è una mera opportunità professionale, ma un punto di arrivo. Un obiettivo per cui si è disposti a rifiutare alternative finanziariamente migliori o altrettanto blasonate, per cui si è pronti a rischiare di perdere altri treni perché quello nerazzurro è l'unico su cui si vuole salire. Dimostrandolo con i fatti, non solo a parole. Ed è Not For Everyone, alla luce di quanto accaduto in altre situazioni di mercato di questa calda estate.

Si pensi a Gianluca Scamacca, che pur di lasciare Londra ha optato per l'Atalanta, rinunciando all'opportunità di trasferirsi a Milano dal suo amico fraterno Frattesi. Questo perché l'Inter, dopo aver trovato l'intesa con il West Ham, non ha accettato di partecipare all'asta creata furbescamente dagli Hammers dopo l'inserimento successivo dell'Atalanta. L'accordo è questo e non si cambia, il messaggio spedito a Londra. E l'attaccante non ha avuto la forza né la voglia di aspettare, perché alla fin fine l'obiettivo era tornare in Italia, poco importa dove.

E si pensi a Lazar Samardzic, che a parole ha sempre detto a chiunque lo interpellava di volere l'Inter. Ma con i fatti una cosa avrebbe dovuto fare: dire al padre di rispettare gli accordi già presi con i nerazzurri senza tirare troppo la corda. Però se a 21 anni non hai la maturità di capire cos'è meglio per te, forse non sei maturo neanche per indossare una maglia così impegnativa. O non sei abbastanza motivato a farlo. In questo momento i margini per ricucire lo strappo sono ridotti al lumicino, perché nonostante la riapertura timida dei dialoghi non si registra ancora l'attesa marcia indietro. Ed è difficile, malgrado l'opportunità di mercato sprecata, dare torto alla dirigenza nerazzurra per non aver accettato di ridiscutere accordi già raggiunti. 

Peccato, ma c'è vita oltre Scamacca come ce n'è oltre Samardzic se alla fine non arrivasse. L'Inter ha bisogno di uomini, prima ancora che giocatori, disposti a fare tutto per la causa. Così si arriva a una finale di Champions League. Non le serve gente che si fa andare bene anche altro, che va a Milano perché 'wow, come città è top' o che a parole ti giura amore ma con i comportamenti ti pugnala alle spalle. Ed è un discorso che va al di là delle strutture ad Appiano Gentile, del Meazza, dei milioni di tifosi nel mondo, della situazione finanziaria del club, dell'operato dei dirigenti nerazzurri, sicuramente tutt'altro che infallibili (non è che altrove, in Italia, si stiano muovendo meglio): l'Inter non è una scelta professionale, ma di vita, un onore. E se l'ha detto anche l'ammirevole Gosens mentre salutava, ci si può davvero credere.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 16 agosto 2023 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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