La settimana trascorsa è stata importante per il legame ufficialmente sciolto tra l’Inter e Andrea Stramaccioni. Contratto risolto e nuova avventura all’Udinese con un vice allenatore come “Deki” Stankovic. Chi mi legge (o ascolta) sa che ho sempre ritenuto il giovane tecnico romano un potenziale grande allenatore. Il numeroso popolo del rancore ha esercitato una politica del disprezzo verso di lui da rendere impossibile ogni argomentazione logica o razionale. Un esercito di persone del tutto accecate dalla brutta stagione durante la quale c’era Strama in panchina.

Il calcio è bello, come altri sport per il valore della discussione, dell’argomentazione. Se tifosi e persino giornalisti restano ancorati ottusamente sulle proprie posizioni attivando solo processi di esaltazione o demolizione il dibattito diventa subito noioso e stucchevole. Personalmente credo che Stramaccioni sia stata una clamorosa occasione persa dalla società Inter e un colpevole abbaglio di un pubblico nerazzurro inferocito per le orrende ultime stagioni e bisognoso di capri espiatori. 
Quali sono  state le sue colpe? Essere arrivato nono dopo essere stato secondo, non aver dato un’identità alla squadra, aver fatto un girone di ritorno disastroso. 

Il resto delle accuse tranchant suonavano più o meno così: troppo giovane e inesperto, non poteva reggere una società come l’Inter. E poi ancora troppo presuntuoso, troppo arrogante, ma anche ingenuo e addirittura incapace. Punto. Tra poco vi darò dei dati oggettivi incontestabili e ancor più clamorosamente ignorati, relegati con cultura talebana a semplici scuse. Ma prima di tutto parto dal presupposto che il calcio non si discute solo con i numeri o per delle sostituzioni sbagliate. Così come il lancio di un allenatore giovane va incoraggiato e seguito passo passo da una società. Una cosa che, sono certo farà l’Udinese e non ha fatto l’Inter con Stramaccioni.  Il quale è ovvio che abbia fatto degli errori. D’altronde allenatori esperti e con tanta gavetta avevano fallito prima di lui. E l’Inter si era messa nelle mani di questi signori che, nonostante avessero fatto bene altrove, in nerazzurro fallivano. Perciò credevo ingenuamente che la società avesse deciso di fare la società. Prendendo un giovane di talento e investendo su di lui. 

La parola “allenatore” ha perso quel significato così aderente ai tempi in cui ad allenare l’Inter c’era Bersellini, Radice o Castagner. Splendidi esempi di allenatori vincenti o innovatori. Ma ora il concetto è diverso. La direzione è più quella del manager, del comunicatore in campo e fuori. Del professionista con capacità sopra la media a organizzare uno staff medico e atletico. E soprattutto con la capacità di avere una testa flessibile. E visto che l’Inter non può permettersi di pagare un fuoriclasse della panchina come Mourinho ho ritenuto corretta quell’intenzione di far crescere in casa un personaggio che aveva anche capito come interpretare il ruolo.

Al contrario l’Inter ha iniziato un periodo di sfaldamento, di rese dei conti, di addii dolorosi e particolarmente dannosi per l’ambiente come quello di Sneijder. Ci sta che un club così grande abbia un periodo tormentato alla base, in un momento in cui cerca di ripensarsi. Ma che questa tempesta perfetta avvenga proprio nel momento in cui hai deciso di mettere alla guida un allenatore su cui si è fatto un investimento in prospettiva, non è una dimostrazione di lungimiranza. Nell’ordine:
Stramaccioni ha iniziato la stagione a luglio per giocare il primo turno preliminare di Europa League.
La preparazione estiva è stata seguita dalla società, insieme all’allenatore.
Ha fatto un campionato navigando a vista con una squadra con enormi limiti che, al suo primo anno era in serie A,  ha portato con tutto l’organico a disposizione al secondo posto.
Ha battuto nel girone di andata Milan, Fiorentina, Juventus e Napoli.
Ha giocato diciotto (dico 18!) partite in più di Mazzarri. In pratica mezzo campionato in più.
Ha improvvisamente perso partita dopo partita mezza squadra e si è ritrovato ad avere il solo Rocchi come punta, assistito da Kuzmanovic, Pereira, Alvarez, Schelotto, Benassi, Jonathan e… Guarin.
In panchina si è trovato ad avere Carrizo, Belec, Spendlhofer, Ferrara, Olsen,Garritano e Forte. La squadra perciò reggeva sempre bene i primi tempi. Poi con gli uomini contati la squadra perdeva come logica conseguenza nel secondo tempo con chiunque. Emblematica Inter-Atalanta 3-4.

Ci sono poi vicende all’intermo della squadra che hanno ulteriormente destabilizzato l’ambiente e sono andate contro Stramaccioni. Sono molti i “sentito dire” che non intendo utilizzare per speculare su una vicenda comunque calcistica.
Mazzarri ha comunque fatto, con il solo campionato a disposizione, 6 punti in più. Ma è ancora qui. Tuttavia ai tifosi non interessa niente dei dettagli. All’ambiente interessa solo vincere. Non importa l’età o altre questioni. Per questo una parte di esso non distingue se Kovacic ha 18 anni o 27. E lo stesso vale per Coutinho, Pirlo e altri. Capisco perciò il meccanismo perverso che continuerà a perpetuarsi ora e in futuro. Perché se nel calcio è solo il risultato è quello che conta, è più importante capire perché non lo hai costruito in partenza quel risultato.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 09 giugno 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
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