Var e FFP Uefa, Michel Platini parla a cuore aperto nell'intervista al Corriere dello Sport di oggi. Ecco alcuni passaggi.

 
Proprio due giorni fa, intervenendo sul Var, l’ex arbitro ed ex designatore Casarin ha scritto sul Corriere della Sera che il calciatore dovrebbe sedere al tavolo delle regole. Roba sua: «Al cuore del cambiamento ci debbono essere, nell’ordine, giocatori e arbitri sostenuti e non deviati verso il calcio dei centimetri». 
"E’ tutta una questione di potere, chi ce l’ha, chi lo detiene non lo vuole dividere con altri. Il potere nessuno lo regala. Le regole del calcio le stabilisce da cent’anni l’International Board, siamo a livelli di consuetudine. L’obiettivo di Marco è interessante proprio perché insegue nuovi equilibri. Certe dinamiche, alcune situazioni le può interpretare correttamente solo chi sul campo c’è stato". 
 
Ma il calcio sta andando da anni in un’altra direzione. Non pensi che sia tardi? 
"No, non è tardi. Io mi sono sempre impegnato a livello sindacale per la categoria, quarant’anni fa portai avanti la battaglia dei contratti per i calciatori francesi. Oggi però l’asticella si è alzata, come dite voi in Italia, il calciatore deve impegnarsi più politicamente che sindacalmente... Togli sindacalmente... Marco questo l’ha capito e sa bene che non è tardi. E’ in ritardo ma non è tardi. E adesso, se vuoi, parliamo del Var". 
 
Non aspettavo altro. 
"L’ho detto dal primo minuto, non me la sono tenuta per me, ho dichiarato la mia opposizione alla tecnologia soprattutto se usata in questo modo. Il calcio non può essere arbitrato dal video. La televisione falsa la percezione dei singoli episodi. Il calcio è uno sport di contatto, ci sono interventi assolutamente regolari che, se passati al filtro della televisione e addirittura rallentati poi, comportano interpretazioni inaccettabili. Il fallo deve essere valutato e giudicato da vicino e in tempo reale. La chirurgia arbitrale, il calcio dei centimetri, è inaccettabile. Il Var uccide anche l’emozione del gol, obbliga i calciatori a festeggiarlo cinque mesi dopo e addirittura due volte... Per un calcio più giusto e più calcio non serve il Var, ma un buon arbitro. Le polemiche sull’applicazione della tecnologia non sono un’esclusiva italiana, in tutta Europa se ne discute. La Premier era contraria e da tempo utilizza la tecnologia secondo principi tutti suoi, in Spagna non sono mancati i casini, in Germania anche, in particolare il primo anno. Il Var non risolve le cose, le sposta e non porta alcun tipo di giustizia". 
 
"È una bella cazzata", la sintesi è tua. 
"Confermo". 
 
Perché, secondo te, si è arrivati alla sua introduzione? 
"Per salvare il culo ai dirigenti arbitrali". 
 
Spiegati meglio. 
"Oggi non si parla più dell’arbitro, ma del Var. Che toglie responsabilità soprattutto a chi gli arbitri li dirige". 
 
Una decina di anni fa sei stato l’ispiratore del Fair Play Finanziario: è andata come desideravi? 
"Non voglio sapere cosa è successo dopo, non me ne frega niente. Sono fuori da cinque anni. Il principio ispiratore era imporre ai club di spendere soltanto in rapporto alle loro possibilità, tanto ricavi tanto spendi. Il FPF doveva servire anche da stimolo per l’auto-sostenibilità, per la crescita delle strutture, dei settori giovanili. Come e perché le cose siano cambiate lo devi domandare a Ceferin, non a me". 

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Sezione: Copertina / Data: Ven 07 febbraio 2020 alle 09:34 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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