Torna a parlare Ernesto Paolillo, ex amministratore delegato e direttore generale nell’ultima Inter tra il 2006 e il 2012, e lo fa al Corriere dello Sport

Paolillo, che sta succedendo al campionato italiano? 
"Una lenta morte per asfissia. Non c’è orizzonte, non c’è respiro, non c’è visione. La Superlega, o comunque una Champions con un format diverso, aumenterà il divario tra molti club ricchi e la maggioranza che non potrà permettersi niente e andrà a impoverire le leghe nazionali, compresa ovviamente la Serie A, che mi sembra già fragile". 
 
La prima mossa da fare qual è? 
"Bisogna permettere ad un potenziale mecenate di poter acquistare una squadra italiana e renderla competitiva senza essere penalizzato dal Financial fair play. Altrimenti vinceranno sempre le squadre più forti per il semplice motivo che hanno più soldi e possono permettersi i migliori giocatori". 
 
C’era una volta il Fair play finanziario, di cui lei è stato uno dei fondatori. 
"Il Fair play finanziario oggi funziona al 70%. Ha risolto i problemi principali per i quali era nato. Manca un incentivo per i nuovi investitori, per chi si avvicina al nostro mondo. Una sanatoria che permetta non maggior libertà, attenzione, ma maggior respiro. Altrimenti il nostro diventa un mercato spento, troppo chiuso e soffocato". 
 
Intanto in campo internazionale non vinciamo più nulla. L’ultima trofeo di una italiana è la Champions vinta da Mourinho nel 2010, l’ultima Coppa Uefa la vinse il Parma nel 1999, dopo un decennio in cui avevamo dominato. 
"Temo andrà sempre peggio. Siamo in ritardo rispetto ai grandi club europei. C’è anche una questione prettamente tecnica. I nostri giocatori non sono all’altezza degli avversari inglesi, spagnoli, tedeschi. Non valorizziamo e non costruiamo più calciatori di livello".
 
Qualche speranza tra i giovani c’è. Zaniolo, Barella, Chiesa.  
"Bravi, certo, ma non riusciamo a renderli campioni. Le faccio un esempio". 
 
Prego. 
"Nel settore giovanile dell’Inter, che ovviamente conosco bene, c’è un ragazzo che è un fenomeno, si chiama Sebastiano Esposito, è un 2002, gioca nell’Under 17 che abbiamo appena ammirato agli Europei. Mi creda, stiamo parlando di un potenziale campione di primissimo piano. Ma se continua a crescere nel sistema italiano finirà per perdersi, ne sono convinto. Deve trovare allenatori che credono in lui, una società che sa come gestirlo, un campionato competitivo dove può migliorare. Ne ho visti tanti, anzi, ne ho vostri troppi in questi anni, di grandi promesse mai divenute realtà. Ce l’ha presente Pinamonti? Ha già vent’anni ed è - con tutto rispetto - al Frosinone. Ma lei vede i talenti inglesi o spagnoli dove sono a vent’anni? Pinamonti è un giocatore che poteva esplodere molto prima. Ma ha perso tempo, non per colpa sua. Gioca a Frosinone in una squadra che ha dovuto prima di tutto pensare a difendersi. Migliori poco, così". 
 
Lei ha lavorato per tanti anni all’Inter. Pensa che Conte sia l’uomo giusto? 
"Credo di sì, all’Inter manca un uomo-forte come Conte. Nella mia vita ho visto giocatori che danno il 60% e altri il 120%. Mourinho era uno che li portava a dare più di quanto pensavano di essere capaci, li portava oltre le loro possibilità. Serve qualcuno che migliori i giocatori e non li gestisca, ma i nostri allenatori per lo più si limitano a gestire. Sono pochissimi quelli che migliorano un ragazzo. Per tornare all’Inter: penso che questo finale di campionato sia assurdo, ci troviamo a 90 minuti dalla fine senza avere la certezza della qualificazione in Champions League. È inammissibile il modo in cui si è giocato a Napoli, in una partita così decisiva. Al calcio italiano manca terribilmente Milano, mancano Inter e Milan all’altezza della loro gloriosa storia".

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Sezione: Copertina / Data: Ven 24 maggio 2019 alle 09:23 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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