Calcio colpito dal Covid-19 e torna in dubbio la prosecuzione della stagione, nonché la sua regolarità. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Ranieri Guerra, vicedirettore generale dell’Oms e membro del Comitato Tecnico-Scientifico in Italia, prova a fare chiarezza su vari aspetti. 

Da giugno, la prima ripartenza, a oggi sembra cambiato tutto. Aveva zero positivi: il calcio si è scoperto vulnerabile.
"È aumentata la circolazione nel Paese ed è naturale che sia avvenuto nel calcio, che segue l’andamento dell’infezione".

Dal focolaio Genoa al caso di Juve-Napoli alle positività che insidiano il derby di Milano. C’è una domanda che attraversa tutti: come ci si infetta?
"Il problema è che non c’è una risposta chiara e definitiva. O meglio, non le abbiamo ancora queste risposte. Si parla di soggetti super infettanti, ma non abbiamo ancora capito se esistano realmente o se esistano delle modalità e dei contesti super infettanti. Per esempio, abbiamo notato una diffusa trasmissione del contagio fra i coristi in una chiesa. Sappiamo che il calcio è uno sport di contatto, dove in campo non si può rispettare il distanziamento. Nel calcio e negli sport professionistici si è provato a mitigare questo rischio con una diagnostica frequente".

Ci aiuti a fare chiarezza sulla quarantena di positivi e “contatti stretti”. Visto che il calcio ha in questi mesi ridotto nella prassi i tempi di isolamento.
"Una cosa è l’isolamento. Un’altra la quarantena che riguarda i contatti stretti. La regola d’oro è quella dei 14 giorni. Ma l’Oms sta facendo una proposta anche al Governo italiano di ridurre questo periodo a 10 giorni con un test del tampone alla fine di questo tempo. Un modo anche per non tenere “quarantenate” 500mila persone nello stesso momento. Sull’isolamento la nostra proposta è quella di “liberare” il soggetto non con il doppio tampone, ma con 10 giorni di isolamento e 3 di completa asintomatologia".

I frequenti viaggi, fra nazionali e coppe europee, possono moltiplicare i rischi?
"Il problema è conoscere ciò che succede in tutti gli altri Paesi. Una domanda che ho fatto ma in effetti non ho trovato una risposta. Sarebbe auspicabile che la Fifa studiasse un protocollo comune. Poi le situazioni sono diverse. Una cosa ora è giocare in Francia con 20mila contagi al giorno e un’altra in Italia con 5mila".

Molti sostengono che l’unica soluzione sia la famosa bolla stile Nba. In termini diversi anche in Italia in primavera se n’era parlato.
"Allora si disse che non tutte le squadre avevano una struttura a propria disposizione per realizzarla".

Si avvicina il derby di Milano e purtroppo si fa la conta dei positivi. Al di là delle regole sportive, non c’è una soglia massima da non superare per rischiare un focolaio?
"Si tratta di una risposta che non rientra nel mio lavoro".

Dunque è l’autorità sanitaria locale che decide?
"Certamente".

Ma secondo lei il protocollo va rivisto?
"Va aggiornato man mano che i numeri cambiano. Penso sia opportuno essere flessibili e applicare le indicazioni che di volta in volta la situazione epidemiologica suggerirà".

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Sezione: Copertina / Data: Dom 11 ottobre 2020 alle 08:49 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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