Ventuno presenze. Tre gol. Cinque assist. Il tutto in 1538 minuti giocati. Questi i numeri di Fredy Alejandro Guarin nella stagione 2014/15. Troppo poco per un giocatore che, non appena arrivato all’Inter, prometteva di essere il perno del centrocampo nerazzurro per gli anni a venire. Oggi, tre stagioni dopo lo sbarco del colombiano a Milano, ci troviamo a parlare di un giocatore capace di spaccare le partite con la propria irruenza, alternando ottime prestazioni a strascichi di anarchia tattica e sconclusionatezza, quasi fosse tutt’un tratto astratto dal gioco stesso, condizionando pesantemente i match per la propria squadra (come a Livorno lo scorso anno).
Nel corso di queste tre stagioni, Guarin è stato amato dai tifosi dell’Inter, poi contestato, quasi abbandonato, trattato con indifferenza… fino all’arrivo di Roberto Mancini. Sì perché con il Mancio, il Guaro si è preso la casacca da titolare e con il passare delle giornate ha acquisito una nuova consapevolezza dei propri mezzi, senza più sparacchiare sempre e comunque dal limite dell’area, ma adattandosi al gioco predicato da Mancini, fatto di inserimenti e intensità, concentrandosi anche su quella fase difensiva che troppo spesso era stato un deficit nel curriculum calcistico dell’ex giocatore del Porto. Lo stesso allenatore ha sottolineato a Sky i suoi miglioramenti. Quel che è certo è che una rondine non fa primavera, ma si prospetta un finale di stagione sicuramente diverso da quello che Walter Mazzarri gli aveva riservato lo scorso anno.
In Guaro res - “Come in campo, così nella vita” recitava un famosissimo slogan del Paron Nereo Rocco. Ecco, si può dire che l’avventura in nerazzurro di Guarin è costituita esattamente dalla stessa alternanza di grandi momenti e periodi bui, così in campo, come nella vita del colombiano all’interno del club meneghino. L’hype nei confronti del giocatore è sempre stato altissimo, vista la strapotenza fisica e i mezzi atletici di cui il ragazzo è dotato. Il ragazzo era inoltre reduce dalla trionfale campagna europea del Porto di Andre Villas-Boas che, trascinato dalle reti di Falcao, aveva conquistato l’Europa League nel 2011. Con Stramaccioni il nostro parte forte, guadagnandosi i primi applausi già all’esordio contro il Genoa, in un rocambolesco 5-4. Ma con la decisione del tecnico romano di virare sul 3-4-3, gli spazi per il Guaro si riducono sempre di più. Troppo anarchico per vivere all’interno di questo sistema e troppo poco attivo nella fase difensiva per reggere all’interno di questo modulo. No, non è il tempo di Guarin.
Gioca bene da dodicesimo uomo quando, allo Stadium, utilizza la propria foga agonistica per spaccare la partita, incanalandola nei binari giusti: azione prepotente sulla destra, tiro letale, respinta corta di Buffon, tap-in di Milito. 2-1, allo Stadium.. Paradiso. Ma quell’Inter si sgretola, sommersa dagli infortuni. Strama saluta, arriva WM. Ma è ancora difesa a 3 e, come nella stagione precedente, l’inizio è da titolare, il finale da riserva. Troppo anarchico, ribelle, con le percentuali al tiro che peggiorare in modo direttamente proporzionale alla poca fiducia che gli viene concessa. Il pubblico inizia a beccarlo, le battute sui suoi tiri ‘sparati’ in terzo anello si sprecano. Il Guaro accarezza l’idea di lasciare l’Inter, per spostarsi a Torino. Ma i tifosi insorgono, Thohir rinviene e decide che il colombiano non si muove. Guarin rimane, ma in che stato? Il finale di stagione è deprimente. Panchina, panchina e ancora panchina. Hernanes e Kovacic gli rubano la scena, conquistando l’Europa League. Si arriva ai blocchi della stagione 2014/15 con il futuro del giocatore ancora incerto. Parte? Non parte? Per Mazzarri non è più fondamentale, ormai si è capito. Si vocifera di un interesse del Valencia, ma l’Inter vuole cederlo, gli spagnoli chiedono un prestito. Guarin rimane a Milano, ma ancora non si sa bene che ruolo avrà all’interno della squadra di WM.
Un nuovo inizio - Nelle ultime partite, è innegabile che Guarin ha giocato da centrocampista vero. Prima di tutto, è diventato uno dei leader dello spogliatoio. E’ cambiato grazie alla fiducia di Mancini. Basta guardare i numeri per capirlo: nella porzione di stagione giocata sotto la guida di Walter Mazzarri, il colombiano è sceso in campo in appena 5 delle 11 partite, disputando per una volta soltanto 90’. Sotto l’egida del Mancio è diventato un’imprescindibile nell’undici titolare. In campionato ha giocato sempre dall’inizio, venendo sostituito solo in occasione della partita contro la Lazio al 75’. “Sento la fiducia del mister, è un fattore importantissimo per me”. Ma cos’è realmente cambiato nella gestione del Mancio, grande motivatore di uomini, rispetto a quanto succedeva con Mazzarri? Innanzitutto, il modulo in cui Guarin gioca. Nel 3-5-2 di mazzarriana memoria, la mezzala Guarin aveva un grande problema tattico: trovava difficoltà nel muoversi con l’esterno sulla sua stessa linea di gioco, risultando quasi ingabbiato nei dogmi tattici ordinati da WM. Ma, soprattutto, Guarin non risultava un fattore difensivo nonostante i mezzi fisici imponenti per dominare le partite.
Nelle dieci partite con Mancini, invece, il Guaro è diventato un fattore importante anche difensivamente: 27 intercetti, una valanga di palle recuperate (13 solo nell’ultima partita contro il Palermo) e la capacità di impostare, utilizzando una caratteristica finora sconosciuta nell’arsenale del colombiano: la visione di gioco. Due immagini sono indicative. La prima si riferisce ad una qualsiasi partita giocata lo scorso anno (nel caso specifico, Inter-Udinese finita 0-0 di marzo 2014), la seconda è la mappa d’azione riguardante sempre la partita contro i rosanero. Cosa si evince? Guarin ha iniziato a giocare sapientemente la palla. Non tira più da ogni posizione, bensì, una volta recuperato il pallone, cerca l’assist per il compagno in profondità, servendo in lungo palloni filtranti soprattutto per l’inserimento di Mauro Icardi (contro la Juventus allo Stadium è valso il gol del pareggio, ma c’era stata un’azione simile anche contro il Genoa, quando però Maurito si è fatto ipnotizzare da Perin in uscita).
Spulciando ancora più a fondo i dati a nostra disposizione, si capisce meglio l’inversione di tendenza del colombiano: se il Guaro, con Mazzarri, si limitava al compitino, nell’Inter del Mancio è sempre più propositivo. Basti pensare che con WM, Guarin giocava la metà dei suoi palloni all’indietro. Se si spingeva in avanti, era perché doveva tirare in porta (con percentuali pessime). Con Mancini, alza la testa e imposta, guardando sempre avanti. Il 70% dei palloni è smistato in avanti, a creare gioco. Ed è nella continuità a stare dentro al gioco che Guarin ha registrato tanti miglioramenti. Nelle prime partite della stagione, in difesa era molto poco efficace: appena un intercetto a partita e un misero 40% di contrasti vinti. Ora, invece, i numeri sono in leggero miglioramento: nelle suddette dieci partite, 39 contrasti vinti su 56 tentati in partita. Più garra per il Guaro. Che, nonostante tutto, denota ancora qualche aspetto su cui lavorare. Ad esempio la mira del suo tiro. Quest’anno, solo il 33% dei suoi tiri finisce nello specchio della porta.
E ora? Guarin è un giocatore ancora incompleto, ma si trova nell’età della piena maturazione calcistica. Avere 28 anni significa essere (o perlomeno essere molto vicini) all’apice della propria carriera. E’ arrivato il momento di dimostrare tutto. Un allenatore che gli dà fiducia, un modulo (il 4-3-1-2) che gli permette di sfogare gli istinti offensivi senza danneggiare la corsa dell’esterno (come accadeva con la difesa a 3) dando al Guaro più libertà di espressione, con la possibilità di allargarsi e diventare (a tratti) ala. Con Brozovic sull’altra fascia a fare lo stesso e Medel come frangiflutti a metà campo. E’ arrivato il momento della verità. C'è una classifica da risalire e una competizione (l'Europa League) in cui tentare il tutto e per tutto.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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