Ah, il calcio d’agosto. Che arma a doppio taglio per le squadre, tanto facili da esaltare per qualche vittoria quanto malleabili in caso di surplus di sconfitte e - dulcis in fundo - di poca chiarezza tattica. E’ questo che viene rimproverato, alla luce della duplice sconfitta del Trofeo Tim, all’Inter di Roberto Mancini, ancora ingolfata, alla ricerca del modulo migliore per esprimersi. La verità è una: ad oggi (quindi ad una decina di giorni dall’inizio del campionato) l’unico schieramento congeniale alla rosa dell’Inter è il 4-3-1-2. Come mai? E’ il modulo che permette a Kondogbia di spadroneggiare a centrocampo (quanti palloni ha recuperato ieri? Un’infinità, se ne contavano cinque dopo una scarsa ventina di minuti di gioco, anche se poi Kondo è andato spegnendosi, sintomo che la forma migliore è ancora in divenire) giocando mezzala sinistra e non sulla mediana davanti alla difesa, dove deve ancora crescere per diventare più protettivo e diligente nelle letture degli scambi avversari. E’ il modulo che dà più sicurezza a Kovacic: nel 4-3-3 l’equilibrio sarebbe troppo instabile e c’è bisogno di giocatori fatti e finiti, non di giovani ancora in cerca di se stessi. Con il 4-3-1-2, soprattutto in fase difensiva, Mateo può contare sull’appoggio del trequartista, soprattutto quando bisogna coprire gli spazi e non concedere il fianco agli avversari: a proposito, in quel ruolo prosegue l’esperimento Brozovic che - dopo Parma - si conferma una pedina duttile e, se continuerà la sua crescita, potrebbe rivelarsi fondamentale per gli equilibri tattici dell’Inter. Bocciato, forse definitivamente, l’esperimento che vuole Hernanes e il sopracitato numero 10 croato come esterni: non avevano entusiasmato l’anno scorso e pure in questo precampionato non s’è accesa la scintilla. Un altro motivo per il 4-3-1-2? Jovetic è diventato ormai una seconda punta, snaturarlo sull’esterno potrebbe rivelarsi controproducente, anche perché Icardi ha dimostrato di apprezzare il fatto di poter dialogare con un altro attaccante vicino a lui, giocando nello stretto per poi buttarsi nello spazio.
ANCORA SENZA DIFESA? NO - La partita di ieri ha portato alla luce la solita, traballante, fase difensiva nerazzurra. Tanto di cappello a Carlos Bacca, ammirato in tutta la sua esuberanza fisica in quel di Reggio nell’Emilia, quando ha semplicemente ridicolizzato l’intero pacchetto arretrato interista, saltando Santon come un birillo, impedendo a Miranda di intervenire e insaccando alle spalle di un deficitario Handanovic, andato giù secco davanti alla serpentina del colombiano. Male, molto male, Murillo: contro due attaccanti che si inseriscono negli spazi e non danno punti di riferimento l’ex Granada è andato in difficoltà, mostrando tutti i limiti e le contraddizioni che un giovane difensore può avere. Le qualità del colombiano rimangono indiscutibili, però è anche giusto analizzare i deficit. Ieri sera il problema più grande è stata l’impostazione palla al piede, quando Miranda era pressato e per forza di cose il pallone doveva passare dai suoi piedi. E’ da lì che nasce il gol del 2-0, con una pallacia lanciata verso il centrocampo, impossibile da addomesticare. Considerando tutto questo, si può dire che l'Inter è ancora senza difesa? No, assolutamente. Miranda è un profilo di livello, così come Murillo. Ed entrambi - non ce ne voglia chi c'era l'anno scorso - rappresentano un upgrade rispetto al 2014/15. Il vero buco nero è sulle fasce: Mancio ha chiesto a gran voce un terzino sinistro e ad ogni uscita di precampionato, questa necessità s'è evidenziata sempre più.
BASTA IL SOLO PERISIC? - L’interrogativo di inizio paragrafo è lecito, soprattutto a questo punto del precampionato. Che senso ha comprare un esterno se in rosa non ce n’è un altro da posizionare sull’altra fascia per attuare il famoso 4-3-3 voluto dal Mancio? Forse sarebbe meglio cercare un profilo da regista avanzato, in grado di dettare i tempi ad una squadra che quando deve impostare il gioco fa fatica (anche se Medel e Gnoukouri in occasione del Trofeo Tim si sono dilettati con lanci lunghi precisi al millimetro) e che necessità (da anni ormai, a dir la verità) di un giocatore in grado di mettere ordine là in mezzo. Un profilo alla Wesley Sneijder insomma, giusto per citare un giocatore che ha avuto un paio di discrete stagioni in nerazzurro e che - con il suo arrivo - ha cambiato il volto confusionario di una squadra destinata a vincere tutto. Jovetic, come già detto, preferisce giocare da seconda punta, così come Palacio. Icardi e Manaj (ottima combinazione di rapidità e potenza fisica, il tutto condito da una certa caparbietà in campo: possibile quarto attaccante da aggregare dalla Primavera?) sono classiche prime punte. Perisic sarebbe un unicum nella rosa. Il gioco vale la candela, vista anche la resistenza del Wolfsburg e l'assenza di altri profili da esterno nel radar di Ausilio?
I DUBBI - Sono tante le domande da porsi, in quest’ultimo frangente di mercato, ed è giusto così. L’inizio di stagione s’è dimostrato parecchio travagliato, ma imbastire polemiche o insinuare dubbi il 13 agosto, è insensato e ingiusto nei confronti di un gruppo che sta lavorando (in alcuni casi) anche oltre le proprie possibilità. Ma d’altronde l’uomo per natura si crogiola nel dubbio ed è solo da questa fase che può uscire rafforzato e convinto di sé. Ora il compito di Mancini è dare un’identità alla squadra in grado di competere per l’Europa. Pronunciare la parola Scudetto, ora come ora, rasenta il ridicolo. Ma l’Inter deve stare in cima al campionato, questo è fuori discussione. Martin Heidegger, controverso filosofo del Novecento, dava adito alla filosofia del dubbio, ma al tempo stesso chiosava: “La grandezza dell'uomo si misura in base a quel che cerca e all'insistenza con cui egli resta alla ricerca”. Mancio, let’s do it.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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