Cambiare allenatore spesso, l’Inter lo sa, è un disastro. Non è soltanto questione di preparazione, stile, lingua e comunicazione: giunti ad allenare giocatori ai quali sarebbe grottesco pretendere di insegnare i fondamentali, i tecnici puntano tutto sulla creazione e lo sviluppo di una propria filosofia, da importare e seminare in un nuovo terreno ogni qual volta si cambia squadra. L’arrivo di un nuovo tecnico, dunque, implica soprattutto un cambio di filosofia: nell’augurio che quella di Spalletti possa resistere a lungo nella Milano nerazzurra, va sottolineato come la sua rivoluzione sia del tutto imperniata sul reparto di centrocampo.
Tra gli addetti ai lavori, i più hanno opportunamente notato come le direttive di Spalletti abbiano di fatto condotto a un’epurazione sistematica dei cosiddetti mastini che la rosa dell’Inter poteva annoverare. Le uscite di Medel e Kondogbia, insieme al contestuale arrivo della coppia di palleggiatori Vecino-Borja Valero dalla Fiorentina, rispondono appunto alle precise direttive del toscano, che in conferenza stampa ha recentemente ribadito come, a suo avviso, nel calcio non esistano più gli incontristi puri. Non una lacuna figlia di un mercato monco, quindi, ma una scelta precisa, condivisa e –diciamolo pure- coraggiosa. Come il più pragmatico dei condottieri, Spalletti ha indicato con i fatti la strada da seguire: l’Inter, ripete spesso l’ex giallorosso, è fedele al proprio prestigio se propone ovunque un gioco fatto di palleggio e gestione del pallone, imponendo i tempi alla partita e concedendosi anche qualche rischio, in attesa che gli accresciuti automatismi innalzino al massimo la soglia del pericolo. In quest’ottica, le prime due gare di campionato hanno evidenziato un centrocampo a maglie strette, a tratti strettissime, e ciò è stato reso possibile dalle eccellenti capacità di palleggio nel breve dei due nuovi arrivati, da subito a proprio agio con il calcio di Spalletti. Questo nugolo di tocchi brevi e triangolazioni nello stretto inevitabilmente attira su di sé il pressing degli avversari; se questo viene abilmente superato dalla mira, ecco che da metà campo vengono fuori interessanti palle in verticale, che spesso provano ad assecondare il movimento a rientrare degli esterni, mentre sempre meno si cerca la sterile ampiezza sulle fasce che portava ben pochi risultati l’anno passato. Oltre ai due ex viola, il nuovo centrocampo nerazzurro può contare su altri tre elementi che sanno dare del tu al pallone: in questo senso, un palleggiatore cristallino come Joao Mario si è rivelato prevedibilmente un ottimo inteprete della nuova filosofia; lo stesso Brozovic, quando vorrà, ha tutto per amalgamarsi al meglio con il rinnovato centrocampo nerazzurro, mentre qualche sofferenza in più è stata palesata dalle lunghe leve di Gagliardini, penalizzate certo dagli spazi più stretti, ma gravate anche da un’estate faticosa che non ha mai concesso un reale riposo al ragazzone di Dalmine.
L’altra prerogativa del calcio di Spalletti, invece, sarà indubbiamente quella più difficile da digerire per i nerazzurri; in qualche modo, però, la sua riuscita può rivelarsi fondamentale ai fini della stagione interista. Il tecnico di Certaldo, infatti, ha sempre chiesto e ottenuto dal suo centrocampo un importante bottino di reti: solo l’anno scorso, grazie anche allo straordinario exploit di Nainggolan, la mediana romanista ha collezionato ben 20 gol in campionato, di contro ai 16 messi a segno dai colleghi nerazzurri. Se si considera che il top scorer del centrocampo interista nella serie A 2016/17 è stato con 6 reti quel Banega tornato a Siviglia all’alba del mercato, sarà facile intuire come Spalletti dovrà riuscire a incrementare notevolmente la potenza di fuoco del suo centrocampo. Già a Roma, per la verità, il toscano riuscì nell’impresa con un’intuizione estemporanea, quello spostamento di Nainggolan sulla trequarti che ha consegnato alla Capitale un eccellente macchina da gol; anni prima, lo stesso percorso virtuoso aveva visto Perrotta trasformarsi in un incursore assai velenoso nell’area avversaria. Toccherà, dunque, a Joao Mario affinare le sue traiettorie e potenziare le sue sconfortanti ciabattate, che spesso concludono le meravigliose azioni personali del portoghese. Uno come Brozovic, poi, deve tentare di ricordarsi com’è bello segnare, visto che il gol è certamente parte rilevante del suo bagaglio tecnico: il piccolo Lampard ammirato nei primi tempi in nerazzurro potrebbe, per certi versi, rappresentare perfettamente quell’assaltatore prolifico che Spalletti non ha ricevuto dal mercato. Se Borja Valero e, soprattutto, Vecino difficilmente deluderanno le attese realizzative, lo stesso Gagliardini pare chiamato a un deciso salto di qualità da questo punto di vista, vista la sua stazza e il suo tempismo sottoporta, finora però condito da una mira tutt’altro che infallibile. Due direttive, dunque: palleggio e reti. In attesa che il centrocampo nerazzurro impari a far male, godiamocelo mentre fraseggia fluido nello stretto: a tratti, è un piacere per gli occhi; senz’altro, come è ormai prevedibile, questa ricercata costruzione di trame sarà un tratto distintivo dell’Inter di Spalletti.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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