Ma chi l’ha detto che bisogna sempre spiegare tutto? È scritto in qualche manuale di calcio che bisogna per forza trovare un nesso tra la partita con il Barcellona e quella con la Fiorentina? O che, a settimane alterne, bisogna scrivere editoriali per smentirsi e per dire che “in effetti, poi, forse, l’Inter non è così forte”o, ancora, “la Champions non è come il campionato: lì si che c’è davvero competizione”.

Il calcio è cambiato, rispetto ad un decennio fa. È cambiata la fisicità con la quale si sta in campo ed anche la tecnica applicata, forse, non è più la stessa. Due esempi per capirci: se si va a guardare un filmato di una quindicina di anni addietro si nota chiaramente che il gioco si svolge ad una velocità ridotta. Mentre, oggi, in serie A ci sono calciatori che sbagliano più stop in una partita che un mediano degli anni Ottanta in tutta la stagione.

Detto questo, e chiarito che è impossibile far paragoni, oggi il calcio è questo: prendere o lasciare. È fisiologico che una squadra abbia alti e bassi, che trovi continuità solo a sprazzi o per brevi periodi stagionali. Quindi, non esistono due Inter, quella di campionato da spiegare con aggettivi ogni settimana più entusiasti, o quella di Champions che fa venire il mal di pancia.

Esiste una sola squadra che negli ultimi cinque anni ha memorizzato e sviluppato anticorpi per affrontare la serie A ma che ancora non ha trovato le giuste misure per distinguersi in Europa. Ed è inutile pensare ad un cambio di panchina, o a una nuova campagna acquisti. Anzi, il Barcellona ha dimostrato che si può vincere e giocare bene, anche quando si è in emergenza. Quale soluzione quindi per l’Inter? Una, anzi due: tempo a pazienza.
 

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Mar 01 dicembre 2009 alle 18:07
Autore: Giuseppe Granieri
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