Non è calcio d’agosto qualunque, quello che l’Inter sta vivendo: non cambio certo idea di fronte ad una sconfitta che sostanzialmente non fa danni in ambito passaggio del turno, ma che indolore alla fine non è. Lascia un po’ tanto di sale l’Inter vista nel ritorno di preliminare di Europa League contro l’Hajduk Spalato: c’era una grande attesa per la prima ufficiale a San Siro dei nerazzurri, con tanto di apertura di altri settori dello stadio vista la grande richiesta di biglietti, e per poco la squadra di Stramaccioni non riesce a rovinare completamente la festa vedendo le streghe al cospetto di un Hajduk Spalato che solo sette giorni prima era sembrata un micio spelacchiato e impaurito e che invece si è saputo trasformare in una tigre, arrivando a sfiorare la rimonta clamorosa. Poco consola il fatto che dall’altra parte dell’Atlantico i cugini abbiano rimediato una scoppola dal Real Madrid che ha scatenato l’ira funesta del geometra Galliani verso il tecnico Allegri.
Grande l’attesa e grande la delusione, in alcuni casi sfociata nei primi atti vedovili e in alcune reazioni spropositate (leggasi fischi sui quali è preferibile stendere un velo pietoso), però insomma, è sotto gli occhi di tutti che Milito e compagni non hanno rimediato una gran figura. Stramaccioni fa bene a gettare acqua sul fuoco affermando che è astruso fare drammi già il 9 agosto, magari è giusto dire che la condizione migliore dell’Hajduk che ha da tempo iniziato i propri impegni ufficiali alla fine è venuta fuori, diventa sempre più evidente la necessità di rinforzi. Ma come si fa a parlare di chi ancora non c’è quando c’è da commentare chi è sceso in campo? Piuttosto, qui si prenda in considerazione un aspetto non di secondo piano, che per certi versi ha irritato ancora di più rispetto alle lacune tecniche mostrate dalla squadra: l’atteggiamento mostrato in campo.
Ha giocato una parte importante la forza dei nervi distesi, da un lato come dall’altro, con reazioni diametralmente opposte: l’Inter, forse, aveva troppo ben chiare in testa le immagini della gara di andata portata avanti con estrema scioltezza, ricordando un Hajduk con un gap tecnico impressionante e allora, pensando che si trattasse ormai di pura formalità, è scesa in campo al piccolo trotto. Mentre nell’altro spogliatoio è stato probabilmente bravissimo il tecnico Krsticevic a tranquillizzare i suoi e a portarli a fare il loro gioco, dato che sostanzialmente non avevano nulla da perdere. L’Inter confusa e remissiva ha fatto il resto ed ecco i croati fare la muta del serpente, cambiando completamente pelle rispetto alla settimana scorsa.
Solo dopo i primi scossoni avversari culminati col vantaggio l’Inter ha cominciato a muoversi e a creare palle gol, ma senza mai dare l’impressione di mostrare la giusta cattiveria. Sneijder illuminava ma a corrente alternata, Coutinho si sbatteva ma la mira difettava, Milito forse condizionato dalla ferita rimediata a inizio match ha inciso poco e niente, Samuel ha palesato tutto il ritardo di condizione con alcune mosse ai limiti dell’imbarazzante, e anche Cambiasso ha ridotto il suo raggio di azione mostrando qualche difficoltà davanti ai propri dirimpettai. Tutto mentre l’Hajduk, sospinto dai rumorosi (e poco pacifici) sostenitori giunti dalla Dalmazia, arriva a cullare il grande sogno. E l’unico che cercava di dare cambi di ritmo era, udite udite, il capitano Javier Zanetti, 39, ripeto, trentanove anni oggi.
Spiace dirlo, ma forse il più frastornato però alla fine è sembrato proprio Stramaccioni, che mai come questa volta è apparso così colto alla sprovvista dall’andazzo della partita. I suoi occhi quasi allibiti al momento del gol capolavoro di Vukovic la dicono lunga sul sentimento del tecnico romano, che poi ha provato a tappare le falle con l’inserimento di Longo (che i numeri li ha, ma deve capire che non può vivere in un’auto da sé) e nel finale col passaggio al 3-5-2. Comunque, anche lui è stato preso alla sprovvista e alla fine si è preso le sue responsabilità andando a chiedere scusa ai tifosi.
Il lavoro dell’alchimista a cui è chiamato Strama può comportare indubbiamente degli scivoloni, e meno male che una scossa è arrivata quando ancora il tempo per rimediare c’è. Del mercato, delle necessità della squadra ormai impellenti abbiamo parlato a lungo e continueremo a parlare: tutti continuano a dire che qualcuno arriverà, l’allenatore si è detto sicuro che Moratti regalerà una grande Inter a inizio campionato, ma il tempo comincia inesorabilmente a stringere e il rischio è che ci vogliano tempi di chiusura da finale olimpica dei 200 metri di Usain Bolt, in entrata come in uscita. In quanto a chi c’è, rifletta e mediti: perché un atteggiamento così soft, più in generale questi repentini alti e bassi, anche se parzialmente giustificati dalla gara di andata, non saranno più tollerabili, specie in un torneo dove ormai i canoni sono cambiati e dove conterà anche la lucidità e la costanza di rendimento. E l’inizio di stagione prevede avversarie come la neopromossa Pescara e la Roma di Zeman, intervallate dalle gare di playoff per l’approdo alla fase a gironi di Europa League (a proposito, non voglio credere che anche l’Inter sia stata contagiata da quell’idiosincrasia tutta italiana che ha portato a collezionare, salvo rare eccezioni, figure meschine nella competizione: questa abbiamo e questa onoriamo), che certamente giocheranno col sangue agli occhi.
Insomma, vietato adagiarsi sugli allori, sempre. Guai a specchiarsi troppo: Narciso si innamorò della sua figura riflessa sull’acqua e rendendosi conto che non poteva averla decise di uccidersi. Niente tragedie, per carità, però rendiamoci conto che prima di crogiolarsi nella bambagia bisogna lavorare, tanto...
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