Ciao ciao Mauricio Isla. Dopo mesi di flirt, anche dopo un brutto infortunio al crociato, l’Inter si fa soffiare, salvo sorprese, l’eclettico cileno dalla Juventus. È bastato un blitz in casa friulana per trovare l’accordo per lui e per Asamoah, ovviamente tutto su base cash. Inevitabile la reazione polemica del tifoso interista medio: ma cosa fa la società? Perché non chiude subito le trattative? Perché si fa fregare sotto il naso un giocatore come Isla? Sono d’accordo, ci siamo fatti infinocchiare per aver temporeggiato troppo. Le nostre contropartite tecniche valgono ben poco di fronte alla liquidità di altre società, è un dato di fatto. Non se ne scappa, ormai il trend è questo. Ma non voglio soffermarmici. Chiederei piuttosto a una buona fetta di tifosi che si alimenta di disfattismo di essere un po’ più equilibrata.

Capisco la delusione, ma fino al giorno prima Isla non era di certo un fenomeno, anzi. Piuttosto, in tempi in cui ci si aspetta il campione, veniva considerato come un elemento normale, quasi banale, sovrastimato dalla bottega friulana e non degno di un investimento importante, né tantomeno del sacrificio di alcuni giovani del vivaio. Dopo l’intervento della Juve, che l’ha praticamente fatto suo, Isla è il simbolo dell’ennesimo fallimento della dirigenza nerazzurra, che ha perso una ghiottissima occasione. Ma come? Un giorno non ci serve, quello successivo è fondamentale? Equilibrio, please. O forse fa più male aver perso un duello di mercato contro la Juventus?

Potrei fare lo stesso discorso su Lavezzi: prima che interrompesse prepotentemente il PSG di Leonardo, in tanti storcevano il naso davanti all’ipotesi di vedere il Pocho a Milano: “non è un top player”, “non è decisivo sotto porta”, “se fosse un campione il Napoli lo terrebbe” erano alcuni dei commenti più gettonati tra i sostenitori interisti, prima che anche l’argentino prendesse altre strade. Una volta dirottato a Parigi, giù a bacchettare la società nerazzurra, rea di non essere ricca come lo sceicco Al-Thani, proprietario dei transalpini. Tanto amaro in bocca, certo, ma resta il fatto che per qualche tifoso, oggi, l’Inter sbagli qualunque cosa faccia.

Eppure abbiamo ingaggiato Palacio, 19 gol nell’ultimo campionato italiano, mica un pirla qualsiasi. Proprio colui che in tanti reclamavano l’estate scorsa e che, per colpa della dirigenza (concordo), non è arrivato. Ingaggiato con un anno di ritardo e tante credenziali in più, c’è chi sostiene sia troppo vecchio e non rifletta le necessità di ringiovanimento della rosa (inoltre, ha la colpa di arrivare da una piccola come il Genoa, come se Milito fosse arrivato dal Real Madrid...). A proposito: se l’Inter acquista dei giovani, sbaglia perché manca di esperienza e così non può vincere subito. Se mette sotto contratto dei giocatori esperti per, magari, vincere subito, si circonda di gente ormai da rottamare e senza futuro.

E poi c’è Coutinho, osannato solo quando è andato a giocare altrove, quando in Italia era già bollato come fallimento. In tema Brasil, come ignorare Maicon, fino al derby uno dei principali colpevoli della crisi nerazzurra e oggi, in odor di addio, diventato imprescindibile? E perché no, mettiamo nel calderone anche Edu Vargas, che il Napoli ha ingaggiato a gennaio scorso per 11 milioni. Dai commenti di alcuni tifosi nerazzurri, sembra che la loro società si fosse fatta fregare il nuovo Sanchez, quando invece nei 4 mesi successivi il giovane cileno in pratica non si è mai visto. Non oso pensare se Branca e Ausilio fossero riusciti a ingaggiarlo, spendendo quella cifra, apriti cielo: “chi è questo pacco?”, “con 11 milioni prendevi tizio caio e sempronio” eccetera eccetera.

Io sono il primo a rammaricarmi di certe operazioni di mercato andate male, sono abituato ai periodi di vacche grasse in cui i campioni arrivavano all’Inter e i milioni di euro abbondavano. È finita quell’epoca, oggi bisogna ingegnarsi per rinforzare la propria rosa, ma prima di tutto i campioni bisogna cederli, altrimenti niente risorse per il mercato in entrata. Fa male dirlo, ma paghiamo i tempi in cui ogni richiesta di ritocco contrattuale trovava il placet della dirigenza prima di via Durini, poi di Corso Vittorio Emanuele. Un po’ come l’Italia ha sofferto a lungo le gioie del boom economico negli anni ’50.

L’unica soddisfazione è il mal comune mezzo gaudio: anche altre società, in Italia, patiscono le stesse restrizioni. Ma è un modo semplicistico di indorare la pillola. Posto ciò, chiederei al tifoso il cui profilo ho tracciato in precedenza, di essere meno autodistruttivo e più ottimista, perché le intenzioni del club nerazzurro sono buone anche se a volte non si traducono in fatti concreti. Già ci pensano i media a massacrarci, di certo questo tipo di atteggiamento del sostenitore non aiuta. Aspettiamo dunque che questa sessione di mercato finisca prima di sparare sentenze. Dopodiché pazientiamo in attesa del riscontro sul campo prima di distribuire condanne. E ricordiamo che l’Inter del Triplete è nata da un momento doloroso per quasi tutti i tifosi nerazzurri: l’addio di Ibrahimovic. Poi sappiamo tutti com’è andata.

P.S. - Mi rivolgo alla dirigenza: diamoci una mossa, le contropartite tecniche non piacciono a tutti...

P.S. 2 - Di certo ce n'è una che tutti vorrebbero, ed è Samuele Longo. Un fenomeno, sicuri che Destro sia davvero meglio di lui?

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Gio 07 giugno 2012 alle 01:39
Autore: Fabio Costantino
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