Mi chiedo: quanto a lungo deve continuare questo supplizio? È assurdo vivere una situazione del genere dopo aver goduto un’emozione orgasmica come quella della scorsa stagione. Sembra quasi che noi tifosi dell’Inter siamo costretti a pagare dazio per le gioie provate solo lo scorso maggio. Un destino crudele e beffardo che dalle stelle ci sta spintonando verso le stalle, le più sudice immaginabili. Cosa succede? Facile a dirsi: in questo momento non siamo all’altezza di alcun avversario, in campionato e, temo, anche in Europa. Le ultime due vittorie hanno solo dato un po’ di ossigeno a Benitez, sempre più soffocato da una morsa che lo stava allontanando dalla panchina nerazzurra. Ora, però, siamo punto e a capo. All’Olimpico si è vista la solita squadra demoralizzata, lenta, priva di idee, compassata e intimorita dalle folate avversarie. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, così come sotto la pioggia capitolina. Come a Verona, i resti della squadra che fu sono stati martoriati dalla compagine di fronte. Gladiatori tra le rovine di un tempio, questa l’immagine che rimane della partita di ieri.

Già, perché questa Inter è solo un residuo di quello che doveva essere. Faccio solo qualche nome: Muntari continua, anche al rientro, a essere un grosso punto interrogativo (a che serve?); Castellazzi dimostra, salvo qualche slancio che non t’aspetti, di meritare il ruolo di secondo portiere, non solo a Julio Cesar ma a molti altri colleghi di ruolo; Biabiany, dopo qualche passo avanti, ribadisce di essere un rincalzo e di non poter, al momento, ambire al grande salto; Natalino e Alibec, beh, non sarebbe giusto accusarli, perché non è colpa loro se vengono spediti in prima linea senza la benché minima preparazione al corpo a corpo. Una nota positiva? Il ritorno al gol di Pandev, che almeno si è tolto questo peso enorme dallo stomaco e forse d’ora in avanti si sentirà più leggero.

Chi invece si trascina in campo come se cercasse una sua identità è Sneijder: l’olandese non è quello che ha trascinato l’Inter alla conquista del Triplete. È stanco, appannato, fuori condizione e perseguitato dalla sfiga. Ultimamente ha dichiarato di essersene liberato, ma sbagliava. Tra le poche cose che gli riescono, non c’è più il gol, uno dei suoi pregi principali. Pali e traverse gli sono avversi, neanche l’assist è più nelle sue corde e a volte spreca palloni indegni per un fenomeno come lui. Dove sei, Wesley? Forse è davvero il caso che vada in vacanza, ma chi giocherebbe al suo posto? Già, perché di giocatori sani, in questa rosa, ce ne sono pochi e se anche Stankovic deve lasciare il campo nel primo tempo, significa che il trend non è ancora invertito, anzi.

Tre sconfitte nelle ultime quattro partite in campionato, questo non è un bilancio da candidata allo scudetto. Il tricolore si allontana sempre di più, mi sembra di tornare indietro negli anni quando di questi tempi l’Inter giocava solo per un piazzamento Champions, non più per il titolo. Ma si può fare un passo indietro così? Si può, considerando le condizioni in cui deve scendere in campo questa squadra, priva dei suoi punti di riferimento e vittima della malasorte, tradotta in palle gol sprecate di un soffio, traverse e gol rocamboleschi che le piovono addosso dal nulla. Potrei dirne di cotte e di crude, ma in me sta subentrando la demoralizzazione di chi non ha la forza di infuriarsi perché sente che non servirebbe a nulla. Pessimo segno, visto che siamo solo a dicembre e a pochi giorni dall’appuntamento con la storia, in Dubai. Una spedizione che può dare un senso a questa stagione maledetta, uno sbocco per sfogare rabbia repressa e adrenalina, quella che oggi viene incanalata nel modo peggiore e che, se indirizzata in modo costruttivo, può restituire dignità a questo gruppo, o a quello che ne rimane.

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Sab 04 dicembre 2010 alle 08:31
Autore: Fabio Costantino
vedi letture
Print