Nessuna sorpresa dal punto di vista tattico alla Merkur Spiel-Arena di Düsseldorf per Inter e Shakhtar Donetsk, presentatesi sul rettangolo di gioco per la seconda semifinale di Europa League con le formazioni e gli assetti previsti. Antonio Conte non lascia spazio all'immaginazione e per la quarta partita consecutiva, ultima di campionato compresa, scende in campo con un solido e affidabile 3-5-2, con i medesimi interpreti. Ancora dunque a guardare dalla panchina Christian Eriksen e Milan Skriniar, con Danilo D'Ambrosio e Diego Godin ostacoli per le sortite di Taison sulla corsia di destra interista. Mediana di corsa e contenimento con Nicolò Barella, Marcelo Brozovic e Roberto Gagliardini, a supporto delle due punte Romelu Lukaku e Lautaro Martinez.
Per Luis Castro classico schieramento, con il rientro di Davit Khocholava al centro della difesa e trequarti tutta brasiliana, con il sopra citato Taison a sinistra, Marlos a destra, Alan Patrick regista avanzato e Junior Moraes centravanti, tutti con l'obiettivo di praticare il loro calcio offensivo fatto di rapidità d'esecuzione, palleggio negli spazi stretti e ricerca frequente della giocata d'effetto.
Sin dall'inizio si evince un atteggiamento attendista degli ucraini, che permettono agli avversari di costruire dal basso senza pressione, creando densità sulla propria trequarti. Quanto basta per costringere i nerazzurri a girare il pallone più orizzontalmente che in verticale alla ricerca di spazi. Per contro, l'Inter aggredisce il portatore di palla dello Shakhtar provando subito a recuperare il possesso ma rischiando l'uscita nella propria metà campo da parte dei rapidi offensivi di Castro. Il baricentro nerazzurro resta alto e accetta anche il lancio lungo per l'uno contro uno attaccante-difensore. Quando possono costruire nella metà campo avversaria, i giocatori ucraini, in particolare Marlos e Taison, si accentrano per spostare il pallone sul loro piede migliore e alzare la testa, cercandosi anche l'un l'altro. Le corsie, una volta liberate, vengono occupate dai terzini Dodò e Matvyenko.
Dopo una decina di minuti il canovaccio sembra chiaro: possesso stressato degli ucraini sulla trequarti nerazzurra, con gli uomini di Conte che si muovono in modo ordinato e talvolta cercano blitz per rubare la sfera e ripartire, soprattutto con Nicolò Barella (il vantaggio nasce proprio da un'intuizione del centrocampista sardo). I ritmi restano piuttosto lenti anche per volontà dello Shakhtar che preferisce la circolazione e i movimenti tra le linee, anche dopo la rete di Lautaro Martinez che invoglia Marlos e compagni a salire più per necessità che per convinzione. Il limite principale della fase offensiva ucraina è la scarsa copertura dell'area di rigore, con Junior Moraes tendenzialmente troppo solo e preda di Stefan de Vrij, anche quando Diego Godin e Alessandro Bastoni escono rispettivamente su Taison e Marlos. La grande differenza per tutto il primo tempo è la gestione del pallone dalle retrovie: lo Shakhtar rischia spesso di sbagliare sotto pressione, mentre l'Inter non patisce minimamente il pressing disorganizzato degli avversari. Nel finale del primo tempo aumenta il possesso palla dello Shakhtar che arriva fino ai 20 metri ma non trova mai l'imbucata. Per contro, l'Inter non riesce mai a ripartire a causa di troppi errori tecnici nelle ripartenze.
Nella ripresa la pressione alta organizzata da Castro sembra più efficace, al punto da costringere i centrali dell'Inter a qualche errore o rinvii imprecisi. Il trend vede sempre i giocatori in maglia grigia mantenere il possesso palla, provando lentamente a ragionare alla ricerca di varchi. La linea difensiva è alta e se c'è l'occasione Alessandro Bastoni prova a partire palla al piede o lanciare i compagni. L'ingresso di Manor Solomon al posto del deludente Alan Patrick mira a dare freschezza e imprevedibilità alla manovra, ma tatticamente non sortisce cambiamenti nell'assetto di Castro. La rete del raddoppio di Danilo D'Ambrosio spezza le gambe allo Shakhtar, che inizia a gettare via palloni e soffre più che mai l'arrembaggio nerazzurro ai portatori di palla che non accenna a diminuire. A questo si aggiunge la maggiore consapevolezza dei ragazzi di Conte (che nel frattempo ha mandato in campo Cristiano Biraghi per Ashley Young), bravi a mantenere alto il baricentro, ad aggredire e a far girare il pallone.
Una consapevolezza che si traduce in atteggiamento famelico negli ultimi 16 metri degli ucraini, dove in ripartenza Lautaro e due volte Romelu Lukaku fissano il risultato sul 5-0, mentre la difesa ucraina ha letteralmente smesso di giocarsela. Le sostituzioni nel finale servono solo a concedere la passerella a chi ha dato tutto e minuti in una semifinale europea a chi è rimasto in panchina. Tatticamente la gara non ha più nulla da dire, perché il punteggio toglie senso a ogni singolo dettaglio.
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Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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