Samuel Eto'o è stato uno dei grandi protagonisti della stagione perfetta dell'Inter. Un anno che il camerunese ha voluto ricordare in un libro: "I piedi in Italia, il cuore in Africa". Un autobiografia che ha scritto a quattro mani con il giornalista Pierluigi Pardo. Un libro per svelare tutti i retroscena di questo anno fantastico, a partire dalla prima telefonata con Mourinho: "Pronto, sono Josè. Ti ho chiamato per sapere che maglia vuoi. La numero 9 va bene?". "La cosa divertente - dice Samuel - è che io dell'Inter non sapevo ancora niente, fino alla telefonata con Massimo Moratti: "Samu, io voglio che tu venga da noi. Sei un grande giocatore e, da quello che mi dicono, un'ottima persona. Sarei davvero felice di vederti indossare la nostra maglia". Dopo quella telefonata si è rifatto vivo Hughes del City, e anche il Milan ha provato il rilancio. Troppo tardi, avevo dato la mia parola al presidente dell'Inter. Anche Materazzi mi ha mandato un sms, ma non sapevo che fosse veramente lui: 'Per favore vieni qui, sei il miglior centravanti al mondo e con te vinciamo la Champions'. Avevo altre offerte, ma quelle due telefonate e quel messaggio mi hanno cambiato la vita. Adesso - continua Eto'o - potevo giocare nel Milan, nel Real, nel Chelsea, nella Roma o nel City. E invece no. Ho scelto l'Inter. Non voglio fare il fenomeno che sapeva da subito come sarebbe andata a finire, ma avevo sensazioni positive fin dall'inizio".
Poi ricorda il suo primo incontro dal vivo con Moratti, a cui ha detto: "Presidente, so qual è la cosa che vuole vincere, la Champions League. Ho cinque anni di tempo. Mi creda, farò di tutto per darle questa gioia". Più sicuro con Ghelfi: "Avvocato, ci vediamo dopo la finale di Champions". Fin dal primo giorno Eto'o ci teneva a fare colpo sui tifosi: "Qualcuno sarà orfano di Ibrahimovic. Ma Zlatan è Zlatan, io sono io. E la preoccupazione più grande è stata quella di non baciare la maglia. Prima devi sudare, vincere, onorarla. Anche Mourinho mi ha subito detto: "Samu, io penso che con te possiamo vincere molto". Mi ha colpito il suo carisma". La prima partita decisiva della stagione è stato il derby di agosto, di cui Eto'o svela un retroscena: "Mourinho nell'intervallo ha urlato: "Dobbiamo rispettarli, avete capito? Non possiamo rilassarci, anche se siamo 3 a 0 e undici contro dieci". Pensavo che scherzasse, ma era serissimo".
Una stagione che va avanti, fino alla partita decisiva di Stamford Bridge, Chelsea-Inter: "E' stata una notte da ricordare. Un gol indimenticabile. Dopo la rete, Milito mi ha detto all'orecchio: "Grazie, te lo meriti". E pensare che Figo prima della partita lo aveva detto: "Oggi segni tu, perché nella partite importanti segnano sempre i grandi giocatori". A Stamford Bridge abbiamo capito che potevamo arrivare in fondo". Un'altra partita decisiva per il cammino in Champions è stata Inter-Barcellona: "Il ricordo di quella notte è uno dei più belli in assoluto. Una serata perfetta, con un solo piccolo problema: Mario. E' un bravo ragazzo, però è giovane e a volte fa cazzate, come quella sera. Tutti avevamo pensato che non avesse capito l'importanza di quella notte. Non era solo una partita, per i tifosi dell'Inter era la vita. Nello spogliatoio tutti ce l'avevano con lui, anch'io ero incazzato. Due giorni dopo, a mente fredda, gli ho parlato: 'L'altra sera hai sbagliato. Non si getta via la maglia e non si entra in campo con quell'atteggiamento. I tifosi non ti fischiano perché non ti vogliono più in squadra ma perché sei forte e vogliono stimolarti'. Da quel momento è tornato nel gruppo".
Ma la partita più sofferta è stato il ritorno al Camp Nou: "Prima della partita ho detto la mia a Mourinho sui punti forti e i punti deboli del Barça. Il giorno prima, però, succede di tutto. Dico a Milito: "Hanno paura, non si sentono sicuri come al solito. Buon segno". Partiamo bene, ma l'espulsione di Thiago Motta cambia le cose. Josè mi chiama alla panchina e mi dice: "Parla con il tuo amico Diego e tutti e due a coprire sulla fascia. Ma soprattutto tu". Più che l'esterno faccio il terzino. Zanetti mi incoraggia urlando: "Bravissimo, Samu, dai che manca poco…"; Guardo verso il tabellone: è il trentasettesimo. Poi finalmente è finita. Corriamo e saltiamo di gioia. Un'impresa davvero speciale, perché nessuno sembrava crederci veramente".
Eto'o è un esperto di finali di Champions, avendone già giocate due (segnando e vincendole entrambe) prima di venire all'Inter. Per questo ha parlato alla squadra prima della finale di Madrid: "Amici, una finale non si gioca, si vince. Se tu vai a giocare una finale, la perdi. Stasera non conta giocare bene o male, conta solo vincere. Abbiamo sofferto contro tutto il mondo. Contro tutti quelli che pensavano che non fossimo abbastanza bravi. Contro tutti i gufi. Oggi ci siamo e non possiamo sbagliare". E infatti arriva la vittoria: "Dodici mesi dopo Barcellona ho rifatto il triplete con una maglia diversa. Il popolo nerazzurro che aspettava questo momento da quarantacinque anni si commuove. Io sono felice, ci abbracciamo tutti, balliamo, facciamo giri di campo con la coppa. Adesso sono sull'aereo e provo a dormire. E' quasi impossibile, visto che Materazzi, mio fratello, organizza trenini a due fila di distanza da me. Poi ho visto qualcosa di unico: l'alba nerazzurra. Sognavo questo momento dal giorno della prima chiamata di Moratti e adesso è realtà. Vincere la Champions è la cosa più bella che possa capitare a un giocatore". Non solo ai giocatori, Samuel, ma anche ai tifosi.
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