Il ricordo di papà Valentino, nella vita di Sandro Mazzola, storica bandiera dell'Inter e figlio di Valentino, protagonista del Grande Torino e purtroppo uno dei calciatori presenti sull'aereo della strage di Superga, avvenuta 75 anni fa oggi, "compare ripetutamente come un fiume carsico, evocato dalle date. O dagli eventi. Per esempio la Coppa dei Campioni vinta da Sandro contro il Benfica, l’ultimo avversario affrontato da suo papà" come si legge nella premessa che Tuttosport antepone alla lunga e commovente intervista di Sandro Mazzola che al quotidiano torinese racconta: "La prima volta che rimisi piede al Filadelfia avevo 16 o 17 anni. Da interista. Una partita del campionato Juniores contro il Toro. Mi ballavano le ginocchia da aver paura di cadere. Ero negli spogliatoi dove si cambiava papà [...]. Però poi che emozione quando il grande Bearzot, da capitano del Torino, per l’ultima giornata del campionato del 1963, prima della partita a San Siro contro di noi dell’Inter già laureati campioni d’Italia, mi consegnò la maglia di mio padre col tricolore sul petto. Immenso Bearzot. Un gesto… pazzesco per me. Ogni tanto riprendo in mano quella maglia e torno a guardarla…".  

Sulla Juventus, l'Inter e l'affetto che lo lega al Torino:
"Per me la Juve rappresenta da sempre una sana, grandissima rivalità sportiva. Volevo sempre vincere, anche a costo di lasciarci le penne. Certo, sono diventato una bandiera nerazzurra, ne sono orgoglioso, l’Inter è stata e sarà per sempre la mia vita. Ma anche il Torino, per via di papà, occuperà per sempre una parte del mio cuore. Se non fosse morto, sarei diventato un giocatore del Torino. È sicuro. È vero che lo voleva l’Inter e che lui era tentato, me lo hanno raccontato, ma io penso che al momento della decisione finale, sì o no, dopo aver parlato col presidente Novo, non se la sarebbe sentita di lasciare il Torino, l’avrebbe visto come un tradimento… E sarebbe rimasto, a costo di guadagnare molto meno. E così io avrei iniziato a giocare nel vivaio granata. E poi magari sarei diventato anch’io una bandiera del Toro, chissà… Quando giocavo al Fila, mi sembrava di vivere in un mondo fantastico. Speravo di diventare un calciatore del Torino come papà, un giorno. Pardon, del Toro. Poi c’è stato quel breve periodo da ds nel Torino di Cimminelli e Romero. Mi chiamarono. Dissi di sì perché era il Torino che mi chiamava. E mi pareva di non poter dire no, al Torino. Ma se fosse stata un’altra squadra… no, grazie… c’è solo l’Inter".   

Sul padre, punto di riferimento: 
"Papà è sempre stato un punto di riferimento. Io sono credente, l’ho sempre pensato in cielo. Un’energia positiva al mio fianco. Poi, da giocatore dell’Inter, fin dal vivaio, volevo dimostrare a me stesso che anch’io mi sarei conquistato tutto con la fatica, con il mio impegno, con le mie qualità. 
 

Sezione: Rassegna / Data: Sab 04 maggio 2024 alle 13:55
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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