"A me piacciono le squadre che comandano il gioco, lo sapete, che tengono il pallone e dominano l’avversario. Però ammetto che la prestazione dell’Atletico mi ha esaltato". Anche Arrigo Sacchi svela il suo apprezzamento per il lavoro di Diego Pablo Simeone

Addirittura? Non le sembra di esagerare?
"No, sono sincero. Mi ha entusiasmato vedere la compattezza della squadra di Simeone, il modo in cui si difendeva, tutti i giocatori si aiutavano, c’erano raddoppi di marcatura, pressing ovunque".

Sì, ma era catenaccio puro. E lei non ha mai amato il catenaccio.
"L’Atletico non fa il catenaccio come si faceva una volta. Simeone insegna a difendere “di squadra” e non individualmente. E c’è una bella differenza con quello che si vedeva in Italia tanti anni fa. Poi è vero che la tattica dell’Atletico è difensivista, ma dietro c’è una strategia".

Sempre di palla lunga e pedalare stiamo parlando...
"Non proprio. Nei primi minuti di partita gli spagnoli hanno pressato alto, hanno rubato palloni, hanno spinto. Lo stesso atteggiamento lo avevano tenuto contro il Barcellona. Dopo il gol, com’è nelle loro caratteristiche, si sono ritirati e hanno difeso. Ma, credetemi, in quel loro modo di difendersi c’era bellezza, c’era armonia, c’era grinta e c’era tanto spirito di sacrificio".

Però il bel gioco, lo ammetta, è un’altra cosa.
"Dal Bayern di Guardiola, che ha qualità tecniche superiori, mi aspettavo di più. Molto di più. Il fatto è che, quando fai un possesso palla fine a se stesso, lento e prevedibile, sei destinato a sbattere contro gli avversari. Il Bayern non ha mai attaccato bene le linee difensive dell’Atletico: serviva più movimento senza palla, ci volevano più sovrapposizioni, si doveva cercare con più insistenza la profondità. Invece la squadra di Guardiola mi è parsa spenta, senza la necessaria voglia di stupire".

Per una volta i difensivisti battono gli offensivisti.
"Io direi che ha vinto l’intelligenza. L’Atletico ha giocato con intelligenza, consapevole dei propri mezzi e dei propri limiti. Il loro modo di giocare è figlio della situazione che vivono da tanti anni: sono stretti tra due colossi mondiali come il Real e il Barça, e devono sopravvivere. Per farlo si sono inventati questo calcio che coinvolge, entusiasma e trascina il pubblico. Non è poco. E ciò che stanno facendo questi ragazzi è davvero clamoroso".

Sezione: News / Data: Ven 29 aprile 2016 alle 13:57 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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