Benny Carbone ha vestito la divisa nerazzurra nella stagione 1995/96. Ha giocato anche con Torino, Napoli, Ascoli e si è fatto valere persino in Premier League. In questa intervista, concessa al blog quellichelinter.it, ripercorre a 360 gradi il suo passato e il suo presente parlando di Inter, di Mazzarri e di Mancini.
Qual è il primo ricordo che hai del gioco del calcio?
"Il primo ricordo è quello dell'infanzia. Addirittura giocavo in aula, tra i banchi, con una palla di carta irritando la mia maestra e quindi anche mia madre. Indimenticabili quelle avvincenti partite, a piedi nudi, con i mie amici nella piazza del mio paese, giù in Calabria. Ricordi meravigliosi, perché si viveva un calcio pulito, quello bello, quello vero, quello della passione. La prima volta in uno Stadio è stato a San Siro, con mio fratello, in un Inter-Verona. Il mister nerazzurro era il "Trap". Era nel periodo in cui giocavo nelle govanili del Torino. Sai, noi siamo una famiglia nerazzurra!"
All'Inter per quasi due stagioni. In questo periodo, seppur breve, hai avuto il piacere e l'onore di conoscere “la storia dell'Inter”. Mi riferisco all'Avvocato Prisco, Giacinto Facchetti, Suarez, Sandro Mazzola. Tutti con incarichi societari importanti. Raccontaci.
"Facchetti era un signore, una persona fantastica, straordinaria. Mazzola l'ho avuto anche nelle giovanili dell'Italia. Un uomo di calcio, una persona incredibile. Corso e Suarez sono persone che vogliono bene all'Inter, bandiere e personaggi importanti che hanno fatto la storia dei Nerazzurri e che vorrebbero sempre dare un loro apporto alla causa. Prisco mitico. Personaggio assoluto. Era sempre li che dispensava consigli a tutti noi. Si stravedeva per l'avvocato!"
Con te anche i giovani Zanetti, tuo amico di stanza, e Roberto Carlos. Si intravedeva in loro un futuro da "Top"?
"Con Zanetti siamo arrivati nello stesso anno all'Inter. Non ho mai visto un professionista esemplare come lui! Già allora, giovanissimo, dimostrava di essere predisposto e deciso a raggiungere traguardi straordinari come quelli che ha raggiunto. Ricordo che quando aveva la possibilità di dormire, dormiva. Recuperava dormendo, anche nei momenti più impensabili. "...Ma dov'è Zavier? E' in camera che dorme...!!!". Succedeva spessissimo".
E con lo stesso Roberto Carlos giudicato da li a poco “non da Inter”. Come può essere stato possibile?
"Quello è stato uno dei grandi errori dell'Inter! Il tecnico di allora, Roy Hodgson, lo riteneva poco capace di difendere la sua zona di pertinenza. Andando a Madrid, Roberto invece ha dimostrato, al mondo intero, l'assurdità di quella valutazione. Roberto Carlos era un giocatore unico nel suo ruolo. Difendeva ed attaccava con una potenza e velocità incredibile. Tirava le punizioni come pochi, sapeva calciare, faceva reparto... Dare pieni poteri al tecnico, significa anche assecondare le proprie decisioni. E' il rovescio della medaglia".
In quella squadra anche un mio personalissimo “pallino”: Salvatore Fresi. Grandissime potenzialità non totalmente espresse.
"Perfettamente concorde con te! Salvatore non ha mai creduto totalmente nelle proprie qualità che erano veramente notevoli. Giocava libero dietro. Straordinario quando usciva dall'area palla al piede, testa alta e tanta qualità. Uno alla Beckenbauer."
Di seguito la tua avventura inglese con le divise dello Sheffield, Aston Villa, Bradford, Derby Cuntry e Middlesbrough. Cosa ti ha insegnato il calcio inglese e quali le differenze con quello italico?
"Il calcio inglese mi ha insegnato la lealtà. In Inghilterra si vive il calcio come un semplice sport e quindi nella giusta maniera. Esiste una cultura sportiva differente dalla nostre. Non si può sempre pensare che una sconfitta sia sempre figlia di un problema da risolvere. Magari la conseguenza è l'allenatore che viene allontanato o il giocatore multato...
Tutto questo porta all'esasperazione di tutto e di conseguenza all'ira del tifoso. Si va da un eccesso all'altro, ma a parer mio l'Inghilterra in questo campo ci batte 10-0".
Arriviamo all'Inter di oggi, dove ha fallito Mazzarri?
"Reputo Mazzarri un buon allenatore, ma i fatti dimostrano che ha avuto difficoltà nell'inculcare alla squadra un calcio più propositivo. Allenare l'Inter non è come allenare una provinciale. Aver schierato spesso Guarin dietro un'unica punta di ruolo, può essere interpretato come paura di osare. Anche le stesse sostituzioni effettuate, rafforzerebbero questo dato. Chiamarsi Inter significa avere una precisa identità di gioco da materializzare con autorità e senza timori contro tutti gli avversari, anche a costo di perdere l'incontro".
Da qualche giorno Mancini è il nuovo allenatore.
"Mancini è un ottimo allenatore. Oggi è l'uomo giusto perché riallaccia il tutto. Può dare serenità al gruppo e nuova identità di gioco. I tifosi, poi, lo vedono bene perché ha già vinto con questi colori. Ha dato tanto all'Inter, senza dimenticare che anche l'Inter ha dato tanto a lui. L'alternativa poteva essere, a fine campionato, un tecnico "nuovo" come Mihailovic. Tecnico con immensa personalità e carattere che già conosce l'ambiente".
Quali obiettivi può centrare il tecnico di Jesi con la rosa che ha ereditato?
"Mi piace evidenziare i miracoli ottenuti dal diesse Ausilio questa estate in sede di mercato, costretto ad operare con un portafoglio scarsissimo di denari. Ha messo su una squadra di tutto rispetto, con giovani di ottime prospettive. Chiaramente non è la rosa della Juve, della Roma e forse del Napoli, ma Mancini ha l'obbligo di portare la sua squadra sopra la Sampdoria, il Genoa e lottare con il Napoli per la terza piazza fino all'ultimo minuto dell'ultima gara di campionato. Il pubblico nerazzurro deve essere maturo nel capire che questa è una squadra in costruzione, proprio come successe dieci anni fa, sempre con Mancini al timone. A proposito del Mancio, mi aspetto un ruolo da allenatore-manager a stretto contratto con il management nerazzurro".
Come sta vivendo l'esperienza "Inter Forever"?
"Penso che sia una iniziativa fantastica. Permette, a tutti noi ex nerazzurri, di incontrarci e quindi rivivere i momenti belli vissuti da calciatore con la maglia che si ama. Applaudo Francesco Toldo e suoi collaboratori, per aver concepito questa meravigliosa idea. Quando mi chiamano, partecipo sempre con piacere. Con dispiacere ho dovuto declinare l'invito per la trasferta cinese che mi dicono essere stata meravigliosa".
Fino ad ora, nel nostro campionato, quale squadra sta esprimendo il miglior calcio e quale giocatore merita una menzione particolare?
"La Juventus. Dimostra sempre, su ogni campo, di essere la più forte, la più unita, con giocatori di altissimo livello.La juve continua a stupirmi per la sua forza mentale anche dopo aver vinto tanto, nonostante il cambio della guida tecnica. Merito totale, quindi, ai giocatori che dimostrano di essere ancora non sazi. Allegri ha saputo dare continuità al buon lavoro svolto da Conte, con metodologie differenti ma con eguale efficacia. Allegri è molto bravo sotto l'aspetto tattico. Lo ritengo tra i migliori".
Vujadin Boskov, scomparso nell'aprile scorso, suo allenatore ai tempi del Napoli. Un suo pensiero.
"Era un allenatore che gestiva il gruppo come nessuno. Un numero uno in assoluto. Se potevi rendere 100, aveva la capacita di farti esprimere il 101. Lui riusciva a sdrammatizzare sempre, non temeva le pressioni e non te le faceva avvertire, perché vedeva il calcio in maniera differente. Motivava i suoi giocatori come se fossero figli. Questa sua caratteristica lo rendeva unico. Dal punto di vista mediatico è stato un precursore assoluto".
Azzardiamo una previsione: nel suo futuro più Italia o Inghilterra?
"Sono un professionista e lascio tutto nelle mani del destino. Non ho preclusioni alcune. Potrei allenare in Italia, come in altre parti d'Europa e non solo. L'importante che ci sia alla base un progetto interessante".
Autore: Giuseppe Granieri
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