"Il presidente è carico e positivo. E' consapevole che per costruire una squadra ci vuole tempo e si deve passare attraverso momenti difficili. Non è come noi italiani che pensiamo solo a vincere lo scudetto domani. L’obbiettivo però sarà quello di partire per vincere lo scudetto, tutti devono metterselo in testa. Dopo aver parlato con Thohir sono fiducioso: costruirà una squadra per vincere nel tempo!". Lo dice Roberto Mancini, sempre più convinto di poter far tornare l'Inter dove merita. Il tecnico marchigiano ne ha parlato in esclusiva a Repubblica. "All’Inter del futuro mancano giocatori che sappiano capire al volo le situazioni - ammette l'allenatore nerazzurro -. Gente che parli, che guidi e che abbia una tecnica straordinaria. Non è un mistero che mi piacciano le ali veloci che creano superiorità, tipo David Silva: nel mondo si trovano giocatori come lui. L’Inter deve crescere, è vero. Ho visto tanti miglioramenti e solo a Empoli la squadra non mi è piaciuta per nulla. Abbiamo buttato via punti in modo assurdo, per sfumature ed immaturità. Ora forse ci siamo ma faremo altri errori sicuramente".​ 

Importanti, nel progetto del Mancio, saranno ancora i giovani.
"I calciatori giovani sono come i bambini di oggi: hanno tutto subito, forse è anche colpa nostra che li viziamo. Per noi, il regalo a Natale di un vero pallone, profumato di cuoio, era una conquista meravigliosa. Fare il calciatore è il mestiere più bello del mondo, fai il lavoro che tutti i bambini sognano e ti pagano pure. Non puoi avere il muso. Gnoukouri? Lui può diventare un grande giocatore: l’ho visto allenarsi con la prima squadra per la prima volta a novembre quando sono arrivato e non mi era piaciuto. L’ho rivisto al 'Viareggio' giocare una partita perfetta e l’ho fatto ritornare con noi, mi è piaciuto e l’ho lanciato in prima squadra".

Che spogliatoio è quello dell’Inter?
​"Bravi ragazzi, ottimi professionisti. Poi è chiaro, devono migliorare. Ma anche io ho commesso errori. Quando un allenatore subentra, ha bisogno di tempo per conoscere i giocatori. Magari ne valuta alcuni in modo positivo e altri no, poi il campo dà altre risposte. Io ero molto positivo, ma lo ero stato troppo. Ci vuole tempo".

Come ha trovato la A?
"Campionato difficilissimo, come tutti: anche in Turchia è dura. Il livello è calato perché è salito in Inghilterra, in Spagna e in Germania, ma anche qui ci sono eccellenze. Tra quelli che non conoscevo, i migliori sono Felipe Anderson e Rugani: se un difensore dell’Empoli non viene mai ammonito e in più segna gol, vuol dire che è bravissimo. Magari sarà un altro Scirea. Poi, oltre a Tevez, sono grandi giocatori Pjanic, Pogba, Higuain, Callejon. Florenzi per la versatilità".

Ma il campionato è ostaggio dei violenti.
"Incredibile la scena di quel padre che dà i pugni al pullman della Juve col figlio vicino. Fossi il figlio penserei: ma cos’ha nel cervello mio padre? Ai miei tempi ne accadevano di fattacci, ma non così brutti. Andate allo stadio per tifare, altrimenti state a casa. Magari ti arrabbi per la sconfitta, e fischi, o fai la pañolada, ma perché insultare le persone? Perché le bombe carta? So che la domenica ci si sfoga per il lavoro che non c’è, per i problemi della vita, e che il calcio è un pretesto. Però allo stadio c’è anche un senso di impunità che non va bene. Bisogna applicare severamente le leggi. In Inghilterra accadde qualcosa tra tifosi dopo un derby di Manchester: il martedì la polizia ne aveva già messi dentro non so quanti, e fine del problema".

Non c’è anche un’eccessiva vicinanza tra i club e certi ultrà?
"Certo. I club non devono più essere conniventi. Contatti, ma non connivenza. Mantovani alla Samp ogni tanto faceva cene coi tifosi, e assunse come magazziniere un capo della curva, Bosotin, che a volte faceva qualche fesseria… Ma finiva lì. Mantovani diceva: “Se combinate casini allo stadio, il giorno dopo me ne vado e vi lascio come vi avevo trovati”. Risultato: ci furono 15 anni perfetti".

Icardi rimane?
"Certo. È migliorato molto e ha ancora margini. All’inizio non mi piaceva il suo atteggiamento nel lavoro, ma è cambiato e si vede".

E Mancini rimane anche se arrivasse una telefonata da Madrid, o da Parigi?
"Ma no, ormai non arriva più… Mi mancano la Champions e la lotta per lo scudetto: vorrei ritrovarle qui, e riscoprire il piacere di costruire una squadra vincente, come accadde dieci anni fa, e vederla crescere giorno dopo giorno. Rimango qui, certo: ormai la fesseria l’ho fatta".

 

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 01 maggio 2015 alle 10:25 / Fonte: Repubblica
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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