Al triplice fischio nella sfida contro il Bologna, Frank De Boer deve aver sentito un sapore amarissimo in bocca. Difficile, soprattutto a caldo, non avere rimpianti da una gara colma di sbavature. L’1-1 finale non rispecchia realmente la partita che, statistiche alla mano, ha visto l’Inter in pieno controllo per tutta la gara. La squadra di Donadoni praticamente tira una volta per tempo, una di queste conclusioni vale il gol del momentaneo vantaggio segnato da Destro. L’Inter invece costruisce 22 conclusioni verso lo specchio, 6 verso Da Costa. Il solo gol di Perisic lascia trasparire una mancanza di cinismo negli ultimi 18 metri, defezione grave per una squadra che studia per diventare grande. In casa bisogna creare un fortino sforna punti anziché una raccolta di rimpianti, soprattutto se contro le ‘piccole’.
Gli infortuni last minute di Joao Mario e Jeison Murillo costringono il tecnico di Hoorn a optare per Ranocchia e Kondogbia dal primo minuto. La vera sorpresa, frutto di una scelta precisa e quanto mai azzeccata, è la possibilità per il giovane Senna Miangue, a cui viene affidato l’out di sinistra per cercare di aprire il 4-5-1 di Donadoni attraverso densità avvalorata dalla forza fisica sugli esterni.
L’avvio dell’Inter è fin troppo intermittente. La squadra fa percepire di aver assimilato le idee tattiche studiate in settimana, ma sul lato tecnico commette eccessive sbavature anche nei semplici passaggi corti. La fase di possesso a causa di questi continui errori risulta lenta, discontinua, impedisce di prendere ritmo di gioco ed il vero problema si palesa a centrocampo. Medel risulta visibilmente stanco e rallenta a stingere sui movimenti, Banega non entra in ritmo di gara, Kondogbia non attacca mai lo spazio per dare soluzioni senza palla ai compagni. Sono i terzini Miangue e Santon a dover coadiuvare il gioco che però, privo di velocità, non portava alla profondità quindi al raggiungimento degli esterni.
Come in fase di possesso, anche in quella di non possesso, la squadra di De Boer non è riuscita a trovare continuità fin dai primi minuti. L’Idea dell’olandese è stata portare Icardi, Banega e Kondobia più alti con Candreva e Perisic più bassi di qualche metro per non dare la ricezione ai terzini. Anche in questo caso però non c’è stata la giusta continuità capace di dare i giusti ritmi alla squadra tutta. Kondogbia avrebbe dovuto più spesso scalare su Nagy per impedirne la ricezione, ma sull’ungherese ha dovuto intervenire Medel spesso costretto a lasciare uno spazio di 6-7 metri tra il centrocampo e la difesa ed il Bologna, approfittando dell’uscita del cileno, ha provato ad allargarsi attaccando quel preciso spazio, in modo da attrarre l’uscita di uno dei due centrali di difesa. E’ stata necessaria un’ottima gara di Ranocchia per evitare che l’Inter corresse eccessivi rischi concedendo occasioni pericolose ai felsinei. Le situazioni innescate dal Bologna erano facilmente leggibili numericamente: 3 uomini in avanti attaccavano aprendo gli spazi ai due interni, che ripartivano tramite il centrale di centrocampo e i due terzini. L’Inter ha spesso dovuto difendere con un 4-1 a questo 3-2-3 costruito dal Bologna in fase di transizione.
Il Bologna ha sì difeso basso, ripartendo in verticale per poi attaccare sul lato cieco, ma nelle azioni lente dell’Inter ha avuto modo di portare la pressione sulle ricezioni in uscita e lì nasce il gol del momentaneo vantaggio rossoblù: Kondogbia tiene palla e per testardaggine e per mancanza di linee di passaggio, Taider recupera palla, innesca la transizione per Verdi che trova Destro pronto a battere un troppo superficiale Handanovic. L’Inter è vittima di un errore grave, ma è difficile ripiegare celermente su una palla persa in fase di uscita. Per Kondogbia si ripropone, come un déjà vu, l’errore dello scorso anno, contro la medesima squadra.
Sarà stato certamente il gol a far scatenare l’ira di De Boer che, forse anche per dare un segnale all’intera squadra, dopo soli 28 minuti di gioco decide di sostituire uno spaesato Kongobia per inserire Gnoukouri. L’ivoriano porta la scossa necessaria ai nerazzurri: gioca la palla di prima, trova spesso Candreva sulla trequarti, aggiungendo Santon nella gestione del gioco, senza aver paura di accentrare su Medel e Banega che, sulla ricezione, allargavano verso Miangue e Perisic. E’ attraverso le sovrapposizioni degli esterni che l’Inter schiaccia il Bologna e riesce a ritrovare il piglio del gioco. Non è un caso infatti che da lì, nonostante il Bologna abbia cercato di interrompere il gioco per non concedere ritmi costanti, l’Inter recupera 4-5 palloni nella metà campo avversaria andando subito in transizione rapida. I nerazzurri fanno capire di non voler attendere, attaccano in verticale, muovono la palla con la classica densità di gioco ma finalizzata alla ricerca degli spazi. Da questa voglia di riconquistare il risultato l’Inter trova un gol da manuale. Candreva da 35 metri circa mette sul secondo palo una palla disegnata per Perisic che, attaccando lo spazio in area, lascia partire un colpo di piatto sul secondo palo. Un’esecuzione tecnica meravigliosa che valevole del pareggio.
Il secondo tempo fa intendere che l’inerzia del gioco volge a favore dei nerazzurri che ritrovano nel vivo un Banega eccessivamente spento durante la prima frazione. Nonostante un Bologna comunque positivo, in grado di saper attendere per attaccare sullo sbilanciamento dell’Inter, la squadra di De Boer non cede lo scettro del gioco, trova il ritmo giocando la sfera di prima anche attraverso cambi di fronte ma manca troppo nell’ultimo tocco, l’ultimo spunto in grado di portare al vantaggio. Sulle sovrapposizioni la squadra si muove bene, gioca ad un tocco coinvolgendo la spinta dei terzini abili a dare pressione e tenere schiacciati gli esterni de Bologna. Grazie al continuo movimento degli esterni, la squadra inoltre riesce a trovare sempre la sfera, ricevuta sulle fasce e messa in mezzo con rapidità. Inoltre, se questa veniva persa o intercettata dal Bologna, la riconquista avveniva in tempi celeri e non oltre il centrocampo. Questa densità a della linea a quattro alta ha permesso ai nerazzurri di riportare lo schieramento in fase di possesso al 2-4-1-3 tanto caro a De Boer. Da qui la squadra ha giovato del baricentro alto per tenere schiacciata la compagine di Donadoni, ma nonostante ciò, ha faticato a trovare il giusto guizzo per andare in rete.
De Boer capisce il problema degli ultimi venti metri ma forse, complice la pressione e la fretta di voler chiudere la gara, sceglie due cambi che anziché portare gioco, spaccano la squadra in due. Eder e Gabigol, accolto da un caloroso boato per il suo esordio in nerazzurro, per Banega a Candreva portano densità in area ma lasciano sguarnito lo spazio centrale nei 7-8 metri tra l'attacco e il centrocampo, dove il Bologna si inserisce per ripartire, creando qualche brivido e un serio pericolo con Dzemaili. I due attaccanti dialogano in fase di possesso ma stazionano sulla medesima posizione, portando la squadra di Donadoni ad aggiungere un uomo sul lato debole così da avere un 5-4-1 in fase di non possesso pronto però ad allungarsi sulla riconquista della sfera. I due cambi di De Boer creano sì pericoli ma l’Inter non smette di sciupare ottime situazioni di gioco, mancando di cinismo e negli ultimi minuti sbagliando due gol praticamente fatti. Prima Icardi manca un colpo di piatto semplice in area piccola su una rimessa laterale gestita rapidamente da Miangue e Perisic, poi ci pensa Ranocchia strozzare in gola l’urlo di gioia dei tifosi nerazzurri, praticamente a trenta secondi dalla fine. Le due occasioni però sono frutto della voglia di segnare, di spunti privi di schemi.
Dal punto di vista tattico, comunque l’Inter gioca una buona gara, con qualche sbavatura tattica di troppo e con eccessivi errori tecnici a ridosso dei 18 metri finali. De Boer dovrà dare continuità agli automatismi che, partita dopo partita, sembrano essere sempre più assimilati dai giocatori, ma dovrà anche cercare di allenare la squadra al cinismo delle grandi, perché spesso è grazie a quella capacità di saper sfruttare ogni minima occasione, che le squadre possono fregiarsi del termine ‘grande’.
Autore: Ernesto D'Ambrosio / Twitter: @D_AmbRose22
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