Onorare il campionato fino alla fine, ma più che altro fornire l'ennesimo test a sé stessa. La bellezza si veste di nerazzurro, seppur a tratti, anche a Frosinone. L'Inter è automatismo psichico, un mosaico delle sicurezze (una dietro l'altra, molto spesso incatenate), una costruzione energica di bel gioco ed entusiasmo, un'autentica liberazione di bellezza nello spirito e nell'interpretazione. È stata realista e surrealista, razionale e impulsiva, cinica e composta, logica e pazza, calcolatrice e spregiudicata, immaginazione e realtà. È sempre bello esplorare l'espressione spontanea dei propri sogni e desideri. Come quando Barella recupera con un'acrobazia azionando Dimarco, bravo a imbucare in area per Thuram, autore dell'assist vincente per l'inserimento letale di Davide Frattesi. La truppa ciociara ci prova a più riprese, sfiorando il pari prima con il tiro all'incrocio di Brescianini, sventato dal miracolo di Sommer, poi dalla traversa di Cheddira, rocambolesca.

DINAMISMO E INTENSITÀ: MA NON SOLO. In queste serate c'è quasi sempre la certezza di fronteggiare un assetto ostico, pensi sempre che potrebbe accadere qualcosa di storto per la tua sorte. D'altronde il Frosinone ha ancora molto da giocarsi, malL'Inter è un impulso istantaneo e aggressivo, basato sul dinamismo intenso. Riconosce sé stessa nella costante e continua ricerca degli spazi. La pressione s'intravede in quel coraggio energico nella costruzione di pericoli. E l'avvio è foriero di situazioni interessanti perché la sostanza è una ripartenza continua. La fame ciociara non si placa certamente. Un vivere irrequieto per via dello svantaggio, ecco pronto il riscatto che diventa immediato. Ma alla fine dei primi 45' il pareggio non è ancora un traguardo raggiunto. Le forze non si sgretolano e ogni minuto che passa la volontà resta in bilico. Il ritmo è una parvenza dello spazio, da divorare per colpire nel migliore dei modi. La caparbietà di tenere il risultato è altissima, il Frosinone non cede davvero d'un millimetro. La truppa ciociara deve salvarsi e lotta senza un domani, costruisce occasioni rilevanti, ma soccombe senza indugio. L'attesa è un predicato che folgora azione e reazione.

LE CINQUE MERAVIGLIE NELLA SERATA DA INCUBO PER IL FROSINONE.  Così Kairos è il tempo opportuno, puntualmente indicato nelle scuole filosofiche dell'Antica Grecia. L'abbiamo ripetuto in più di una circostanza. È l’occasione che dobbiamo essere capaci di cogliere, esercitando con assidua attenzione la nostra sensibilità. È vivere nel presente con consapevolezza, farci spazio nella cornice che andiamo cercando negli orizzonti dell'universo. Ma è pure linearità spezzata, separazione tra tempo occupato e imminenza. Ed è una caratteristica che l'Inter riesce a mettere in campo con grande personalità. Un principio attivo e mnemonico. Esecuzioni a memoria, certificate da una ripresa a dir poco scintillante. Marko Arnautovic segna a porta sguarnita su assist dello scatenato Frattesi (strepitoso ieri sera), poi arriva il primo centro italiano di Tajon Buchanan e il ritorno di Lautaro Martinez, che non segnava dal 28 febbraio e mette a referto la tripla cifra: 100, nell'incredibile stagione dei nerazzurri. Il pokerissimo viene siglato da Thuram. Numeri folli, ritmi asfissianti. Quest'Inter sembra Tadej Pogacar nel Giro d'Italia di quest'anno. Resta viva la possibilità di battere il record di 97 punti, massimo storico della Beneamata nel 2007 con Mancini sulla panchina. Insomma, Inter Cannibale!

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 11 maggio 2024 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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