“La mia stagione è svoltata quando ho capito che dovevo essere più istintivo e meno razionale. Prima ero tutto cervello, pensavo troppo. E mi trascinavo dietro il corpo come fosse un trolley”. Con queste parole il centrocamposta dell'Inter Hernanes apre la sua lunga intervista concessa ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Un’intervista in cui racconta i suoi momenti difficili, le critiche e infine la sua rinascita, avvenuta nel corso di questa stagione.

Cosa provava quando dicevano che non valeva 20 milioni? 
“Ero infastidito. Non ho mai fallito in vita mia. Quando lasciai Recife volevo diventare un calciatore. E non ho mai accettato l’idea del fallimento. L’ho dimostrato”. 
Quindi anche all’Inter… 
“Infatti non ho alcuna intenzione di andarmene fino a quando non avrò una mia foto appesa qui alla Pinetina mentre sollevo un trofeo. Se invece non mi vorranno più qui…”. 
E se arrivasse un’altra grande squadra? 
“Non riesco a rispondere, è tutto troppo vago. Non riesco a immaginarlo…”. 
Perché l’Inter non è decollata quest’anno? 
“Non credo sia un problema di personalità”. 
Di cosa si tratta? 
“Quando sono arrivato all’Inter ho capito che i nostri avversari diventano più aggressivi, più cattivi, vanno al 200%. Per questi noi dobbiamo essere sempre al top, non basta stare al 70-80%”. 
Quindi in cosa avete peccato? 
“Nella sensibilità e nella percezione che ogni squadra vada affrontata con rabbia sportiva. Si deve andare d’istinto negli ultimi metri”. 
E lei quando ha svoltato quest’anno? 
“Quando, grazie al mental coach Sandro Corapi, ho capito che bisogna pensare meno e agire più d’istinto. Prima puntavo molto sulla tecnica”. 
D’altronde la sua crescita è avvenuta gradualmente ovunque… 
“La mia evoluzione è stata lenta, ma pian piano arrivo sempre”. 
Determinante è stato anche il miglioramento fisico? 
“Non mi riconoscevo nel mio corpo. Sembrava che fossi un oggetto da portare avanti, un trolley. Ho imparato gli esercizi giusti e nella gara d’andata al Meazza contro il Napoli ho capito che stavo venendo fuori. Peccato per l’immediato infortunio. Ho comunque ritrovato l’equilibrio giusto conoscendo me stesso”. 
Contro il Napoli segnò il 2-2 ed esultò con la classica capriola. 
“È la più bella della mia carriera, sono volato, è stata una capriola di liberazione”. 
Quando ha iniziato a farne? 
“In casa, con le mani, a 6 anni. La prima senza avevo circa 9 anni. Cadevo sulla sabbia, ma all’inizio uscivo con i lividi”. 
Da quando è il Profeta? 
“Il soprannome me lo diede una giornalista in Brasile, quando giocavo con il San Paolo. Ogni tanto citavo la Bibbia e profetizzavo la vittoria del campionato. Il San Paolo ne vincemmo tre di fila, in due c’ero anche io…”. 
Cosa profetizzi per l’Inter? 
“Ho fatto la profezia e la custodisco scritta in casa, in una busta sigillata”. 
Ti sei mai pentito di aver accettato l’Inter? 
“Mai”. 
E di aver esultato con la capriola contro la Lazio? 
“Scherzando potrei dire che pensavo che i tifosi laziali volessero rivederla, ma io come ho già detto avevo preso male la battuta di Lotito col quale mi sono abbastanza chiarito. Mi spiace che i laziali abbiano capito male”. 
E quelle lacrime a Formello il giorno dell’addio fissate in un video che ha spopolato su internet? 
“Era il giorno della partenza, ero molto emozionato. Avevo pianto anche prima, nello spogliatoio. Mi stavo facendo forza, non volevo farlo davanti ai tifosi…invece… Qualcuno in famiglia mi prende anche in giro perché non ho pianto per i miei figli…”.
Come va il rapporto con Mancini che sta delineando l’Inter del futuro? 
“Lui è stato un gran giocatore, ha visto grandi campioni, lui per primo lo è stato e per questo gradisce i giocatori tecnici. Quando ero infortunato e non in forma forse l’ho deluso, ma mi ha fatto piacere che la sua idea sia rimasta sempre quella di un calcio di qualità. L’essenza del suo calcio è la qualità della giocata”. 
E ha lavorato per rientrare nel gruppo dei titolari. 
“Per me si è trattato di una vittoria rientrare nel suo indice di gradimento. Mi parlava sempre anche quando non giocavo, ci confrontavamo”. 
Due partite per credere all’Europa League: si può? 
“Dobbiamo concentrarci per vincere contro Genoa ed Empoli senza pensare a cosa può succedere e a quello che fanno gli altri”. 
Quindi la porta europea è aperta… 
“Se tutto va bene ci saremo, l’aritmetica ancora ce lo consente”. 
Qual è il segreto delle sue punizioni? 
“Non ne ho. Ma sto studiando un nuovo modo di calciare, alla Pirlo…”. 
Trequartista o volante davanti alla difesa? 
“Trequartista, è il mio posto ideale perché amo vedere la porta e non sopporto guardarla da lontano”. 
Curiosità: ma ha sempre giocato a centrocampo? 
“Sono nato terzino destro, il mio primo gol da professionista l’ho fatto in quel ruolo”. 
Metta che un suo gol valga l’Europa League: come festeggerete? 
“Sono bravissimo a cucinare: risotto e crostate. Ma se arriviamo in Europa, churrasco per tutti!”.

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 22 maggio 2015 alle 07:30 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Redazione FcInterNews.it
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