Eppure questo Sassuolo sembrava davvero fare una gran paura. Eppure Simone Zaza e Domenico Berardi, avrebbero dovuto causare più di un’apprensione alla retroguardia nerazzurra peraltro orfana di un elemento di peso come Nemanja Vidic. Eppure, eppure… Tanti spettri aleggiavano sulla testa di Walter Mazzarri e dell’Inter dopo il pareggio di Torino e l’inquietante prestazione agonistica offerta contro i granata. Eppure, in una bella giornata di fine estate, i nerazzurri sono riusciti a mettersi alle spalle qualsiasi cattivo pensiero e pasteggiare come nell’ultima uscita interna dell’anno scorso sul malcapitato avversario. E ancora una volta, la cattiva figura è toccata al Sassuolo di Eusebio Di Francesco, ancora una volta uscito con la schiena a pezzi dal primo confronto stagionale con i nerazzurri. Anche questa volta con sette pallini sul groppone.
INNO ALLA GIOIA – Sinceramente, trovare il pelo nell’uovo in una giornata così, ancor più di quanto avvenuto contro lo Stjarnan, è impresa difficile. Perché la squadra di Mazzarri ha fatto davvero tutto alla perfezione, praticando un tipo di gioco che ha fatto finalmente brillare gli occhi ai tifosi e soprattutto al suo allenatore Walter Mazzarri, che ha applaudito i suoi uomini dichiarando di aver visto finalmente quel calcio che piace a lui. Tutti hanno recitato la loro parte, e in seguito parleremo più nel dettaglio delle prestazioni degli altri giocatori. Ma in primo luogo, non si può non parlare dei primi attori, anzi, dei tre tenori, definizione che tanto si addice al tecnico di San Vincenzo. Due punte dovevano essere e due punte sono state, e che punte: Mauro Icardi e Pablo Daniel Osvaldo sono stati due cecchini implacabili, straordinari per freddezza e spirito di iniziativa. Più carrarmato in questo senso l’attaccante rosarino, che già col gol di grinta e prepotenza messo a segno al quarto minuto dopo aver fatto polpette di Terranova ha fatto capire che questa era la sua giornata: spina nel fianco perpetua, realizza altri due gol di pregevole fattura e altre giocate importanti. Più sornione invece Osvaldo, che sta il più del tempo accucciato ma quando ha l’occasione sfodera gli artigli e ghermisce la preda da vero felino. Due gol di opportunismo, buona qualità, bella presenza non solo estetica. Il tutto orchestrato alla perfezione da quel direttore che è Mateo Kovacic. Geniale, ispiratore, finalmente cattivo anche per colpire sotto porta con un tocco delizioso. Un Mozart, un Beethoven, uno Strauss, ognuno faccia il paragone che vuole: la musica è sempre celestiale.
IL RILANCIO DI WALTER – Peccato solo che questa festa sia stata mortificata dalla chiusura della Curva Nord, retaggio dello stop inflitto la scorsa stagione, ma nel complesso la risposta del pubblico, quasi 40mila persone sugli spalti, è stata positiva, anche sul piano del coinvolgimento. Anche se all’inizio qualche brutto fischio si è sentito nei confronti dell’allenatore, alla fine il pubblico del Meazza è uscito sorridente, aiutato anche da una partita andata via liscia come l’olio. E ha applaudito tutti, a partire da un Gary Medel sublime, portatore di intensità senza pari e sceriffo che non perdona il minimo errore degli avversari, puntualmente condannati a perdere il pallone; e poi un Dodò che dopo qualche leggera sbavatura ha entusiasmato con alcune giocate d’artista, un Andrea Ranocchia che cancella dal campo lo spauracchio Simone Zaza, il quale vedrà il capitano incombere nei suoi sonni notturni per qualche giorno, uno Juan sempre puntuale su Berardi che poi scatena la sua frustrazione in una gomitata assurda. Tutto talmente così bello che nemmeno Mazzarri stavolta ha badato a contenimenti e protezioni varie e anzi ha voluto lanciarsi in un pokeristico raise, prima con l’inserimento del giovane Ibrahima Mbaye, poi mettendo Rodrigo Palacio a fianco di Osvaldo e Icardi per il conclusivo 4-3-3. Due segnali importanti voluti dare dal tecnico: chiunque in questa squadra può e deve ambire ad una chance, e i progetti di nuove soluzioni tattiche non sono solo belle parole. Poi, chiunque può obiettare e fare tutta la tara che vuole all’incontro, però non gli si può non dare atto che quando vede le condizioni adatte WM ci prova a cambiare.
CI SONO ANCHE IO – Sicuramente, però, il cambio che ha dato le risposte più significative è stato il terzo: è stato l’ennesimo mercato vissuto sul filo di lana per Fredy Guarin, ancora una volta con la valigia in mano nelle ultime ore di campagna acquisti, pronto ad andare in Russia, anzi in Turchia, anzi in Spagna; eppure Fredy alla fine è rimasto un giocatore dell’Inter. E allora, al di là delle rituali condizioni, ecco Mazzarri iniziare l’opera di riconvincimento di un giocatore sul quale si dubitava circa le effettive motivazioni nel rimanere all’Inter. Ecco parlare per lui di un nuovo progetto tattico, che lo vede come attaccante aggiunto, forse un azzardo ma sul quale tutto lo staff tecnico nerazzurro ha deciso di puntare. La risposta arrivata è stata senza dubbio la più bella: non appena entrato in campo, Guarin ha recitato da protagonista, con tanto di assist per Osvaldo, capolavoro di tempismo e generosità, e ciliegina del gol del definitivo 7-0. Il gol di Maramaldo, festeggiato però dal Guaro come poche volte ha fatto, esultando e stringendo la maglia come fosse un gol qualificazione in Champions. Perché lui stesso ha capito il peso specifico di questa rete: è la rete della definitiva riconsegna alla causa, dell’essere tutt’uno coi compagni come da dettami di Appiano Gentile, della voglia di gridare ancora per questi colori. Per ora, c’è solo da dirgli grazie.
VADE RETRO, VICO – Torna a casa il Sassuolo, crollato sotto sette macigni e sotto il peso delle aspettative che hanno solo avuto l’effetto di innervosire i ragazzi di Di Francesco. L’espulsione sciocca di Berardi, fischiatissimo dai tifosi, e quel ‘ci vedremo domani’ detto dal tecnico in conferenza stampa con un tono che valeva più di mille parole, ne sono l’emblema. Si spegne malamente, ancora una volta, il sogno del presidente Giorgio Squinzi, di vedere la sua creatura imporsi contro i nerazzurri, e ancora una volta le sue dichiarazioni della vigilia si sono rivelate perlomeno improvvide. Finisce 7-0, punteggio che l’anno scorso poi fu seguito da una stagione opaca per l’Inter: l’obiettivo è scongiurare i corsi e ricorsi storici, perché un altro anno a quei ritmi sarebbe duro da digerire. Le due trasferte di Kiev e Palermo daranno responsi anche sulla tenuta atletica, intanto però l’Inter, aspettando tempi e avversari diversi, sorride, perché d’un colpo si è scoperta Inter settebellezze…
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