Media punti, ambizioni, entusiasmo, coesione e mentalità sono solo alcune delle cose che dall'8 novembre 2016, data d'insediamento di Stefano Pioli sulla panchina dell'Inter, sono cambiate sulla sponda nerazzurra del Naviglio. Per quanto possa esser vero l'assunto del calcio secondo cui "se una squadra è in possesso palla non può prendere gol", è anche vero che il possesso palla non è l'unica cosa che conta. A determinare l'economia delle classifiche sono i gol, fatti e subiti. Dal 20 novembre 2016, data della prima partita ufficiale dell'allenatore ex Lazio sulla panchina dell'Inter, la musica è cambiata. La differenza reti è passata da un precedente -1 al successivo e attuale +14.
Questa, al momento, è una stagione divisibile in 2 ere, più "calciologiche" che geologiche. Ere che differenzieremo in "faziosa", quella legata a Frank De Boer, e "barbosa", quella di Stefano Pioli, in cui nessuno è indispensabile ma tutti sono utili, persino un Barbosa, stavolta in maiuscolo, che fino a poco tempo fa era considerato dai più un mero fenomeno da baraccone.
L'era faziosa è quella delle prime 11 giornate, in cui alla guida dei nerazzurri c'era Frank De Boer. Faziosa per tanti aspetti, uno su tutti l'integralismo di un allenatore che non ha saputo adattare il proprio savoir faire ad un calcio, quello italiano, che prima di tutto ha l'esigenza di essere giocato in maniera arcigna, cinica e cattiva più che bella ma inconsistente, orizzontale. Ecco, l'era faziosa è stata l'era orizzontale, quella della media del possesso palla alta ma fine a sè stessa (54%) a fronte delle poche occasioni da gol create (141), la bassa precisione al tiro (34%), dei gol fatti (13) e dei tanti subiti (14). Una squadra incapace di alzare i ritmi, fatta eccezione della partita contro la Juventus, poco sudata e poco dinamica, tanto da non poter essere indipendente dalla prima punta, Icardi. L'Inter di De Boer, infatti, ha portato a segno solo 5 calciatori (8 Icardi, 2 Perisic, 1 Banega, Joao Mario, Eder). L'Inter "orange" non era tagliente, non riusciva ad arrivare dentro l'area piccola, a costruire tap-in come quelli di Barbosa contro il Bologna, tanto per citare l'ultimo. Sui 13 gol fatti, 2 sono arrivati da fuori area, 8 da dentro e solo 3 dall'area piccola.
L'Inter barbosa è quella di Pioli. Barbosa non di certo perchè vederla scendere in campo sia una lagna, ma perchè sembra un'Inter vincente, di esperienza, con la barba. E poi, dopo Bologna-Inter, questa è una squadra Barbosa. L'Inter orizzontale e improduttiva si è trasformata in una squadra mai in ritardo sulle seconde palle, talmente volitiva da affiggere un cartello sulle pareti di Appiano Gentile per ricordarsi che la Champions League non è impossibile. Adesso i nerazzurri non eccellono nel possesso palla (53%), ma sono aumentate a dismisura le occasioni da gol create (181) e la percentuale di precisione al tiro (50%). Adesso c'è cattiveria sotto porta, tutti si sentono parte di una causa comune, come ricordano le parole ad ogni postpartita anche di chi non trova troppo spazio. Parole che hanno sostituito le lamentele che, nell'era faziosa, si sentivano anche dai titolari (Miranda si lamentava della linea difensiva voluta da De Boer). Adesso proprio tutti danno il loro contributo: 10 reti subite e 24 gol fatti, arrivate da ben 9 calciatori diversi (5 Icardi, 4 Perisic, Candreva, 3 Brozovic, Eder, 2 Joao Mario, 1 Banega, D'Ambrosio, Barbosa). Ma per capire quanto l'Inter sia tagliente e verticale, ma anche sapiente nel possesso palla e forte tecnicamente, occorre anche qui vedere da dove arrivano le marcature: 3 da fuori area, 10 da dentro e ben 11 dall'area piccola. Pioli, per creare un'Inter vincente, ha amalgamato i migliori elementi della squadra: oltre alla saracinesca Handanovic, i nerazzurri possono godere della fisicità di retroguardia e mediana (Miranda, Murillo, D'Ambrosio, Kondogbia, Gagliardini, Joao Mario), della tecnica di centrocampisti e trequartisti che garantiscono passaggi chiave (Gagliardini, Joao Mario, Banega, Candreva, Brozovic), dell'atletismo e la rapidità delle pedine offensive (Candreva, Perisic, Eder, Barbosa) e del carisma e il fiuto del gol del suo capitano, Icardi. Tutti ingredienti di una torta che, continuando così, a fine anno l'Inter potrebbe affettare per festeggiare la qualificazione in Champions League.
Autore: Fabrizio Longo / Twitter: @fabriziolongo11
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