È questione non di poco conto l’apprendistato cui Joao Mario è in qualche modo vincolato per assomigliare sempre più a quel prototipo di incursore dietro le punte che tanto è caro al gioco di Spalletti. Molte delle difficoltà riscontrate dai nerazzurri nell’aprire varchi utili ai tre davanti, e nella creazione di quel penultimo passaggio che fa da preludio al binomio assist-tiro a rete, sono infatti dovute a un girovagare spesso impreciso del portoghese, che al momento ricorda assai da lontano quegli strappi verticali e irresistibili di Nainggolan coi quali la Roma ha potuto produrre una miriade di situazioni pericolose. Di contro, il campione d’Europa sembra avere tutte le carte in regola per interpretare al meglio il ruolo: i suoi movimenti in verticale, come evidenziato soprattutto quando è entrato a gara in corso nelle prime due gare, hanno il raro potere di spaccare la squadra avversaria in due, soprattutto se questa è sbilanciata in avanti alla ricerca del gol; lo stesso tempismo negli inserimenti sottoporta non difetta a Joao Mario, che deve tuttavia ancora lavorare molto su precisione e potenza per trasformare in gol le frequenti ciabattate che arrivano dai suoi piedi quando è chiamato alla conclusione.
MOVIMENTI – Si diceva, appunto, come Joao Mario possieda appieno quella visione ‘verticale’ del calcio che si sposa alla perfezione con le richieste avanzate da Spalletti ai suoi trequartisti. A Crotone, ad esempio, le accelerazioni del portoghese sono a lungo rimaste l’unica arma abile a scardinare il fortino di gambe e coperture costruito con minuzia da Nicola. Forse, però, questi movimenti restano ancora troppo sporadici perché si possa parlare di un vero e proprio dispositivo tattico del quale il tecnico di Certaldo può disporre con certezza. Spesso, infatti, il numero 10 nerazzurro vaga tra le linee, troppo in avanti per sostenere la manovra in fase di costruzione e, insieme, schiacciato sulla linea difensiva avversaria, senza però che al baricentro alto del suo gioco si accompagni una tendenza significativa a cercare la profondità. Ecco perché Joao Mario si rivela arma decisiva soprattutto nelle ripartenze, quando il portoghese è in qualche modo costretto a partire basso e, di conseguenza, ha davanti a sé metri e spazi per le sue accelerazioni.
DIFESA – È questo, con ogni probabilità, il vero punto debole di Joao Mario. Nella sfida di domenica scorsa alla Spal di Semplici, gli ospiti hanno spesso potuto imporre la propria superiorità a centrocampo per via di una certa spensieratezza del portoghese, che soltanto di rado si abbassava a sufficienza per far numero in mezzo. Lo stesso copione, in qualche modo, è andato in scena anche ieri in terra calabrese, col conseguente disagio di una mediana costretta a improvvidi interventi in anticipo per evitare di lasciarsi prendere in mezzo dai più numerosi avversari. Va da sé che questo mancato movimento a rientrare non agevoli il lavoro di Joao Mario neanche nelle transizioni offensive, dal momento che il lusitano viene costantemente pescato in posizione troppo avanzata perché egli possa scatenare il suo passo felpato e insieme rapido, oltre all’indubbia classe di cui dispone nel saltare l’uomo.
GOL – Interrogato a questo proposito nella zona mista di San Siro dopo la gara con la Spal, Joao Mario si è detto fiducioso sulla possibilità di incrementare il suo bottino di reti, grazie allo specifico lavoro che Spalletti sta portando avanti con lui su questo fondamentale. Lungi dall’essere mai stato un cecchino implacabile, Joao Mario dispone però di ogni mezzo, fisico e tecnico, per tirare fuori dal cilindro conclusioni migliori di quelle esibite finora in nerazzurro. Guardandolo giocare, resta come l’impressione di un imbarazzo, quasi timidezza, che appare curabile soltanto con la medicina del gol. Una volta preso il ritmo realizzativo, siamo convinti che il portoghese abbia tutte le carte in regola per diventare un giocatore da doppia cifra. Certo, Joao Mario non pare disporre della botta da fuori alla Nainggolan, ma di modi per segnare, nel calcio, ne esistono molti: basterebbe, ad esempio, che l’ex Sporting cercasse con frequenza sistematica l’inserimento alle spalle della punta, tanto più se consideriamo che sul cross Icardi attacca spesso il primo palo, aprendo dietro di sé degli spazi che troppo di frequente restano terra di nessuno. Tanti, insomma, i palloni a rimorchio sprecati a causa del mancato inserimento di Joao Mario. Ecco, appunto, il primissimo fondamentale sul quale occorre lavorare. Spalletti, dal canto suo, sembrerebbe aver scelto: il suo 10, non solo sulla maglia, è Joao Mario: tocca adesso al portoghese sfruttare la fiducia e le lezioni del suo tecnico, a partire da una più matura e costante convinzione nelle enormi possibilità tecniche che i suoi piedi possono vantare.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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