Lunga e interessante intervista della Gazzetta dello SportMichael Bolingbroke, nuovo CEO dell'Inter, portato a Milano da Thohir direttamente dal Manchester United. "Al Manchester ho trascorso un fantastico periodo della mia vita ma era arrivato il momento di una nuova sfida. E’ interessante questa prospettiva: per me l’Inter è un club di Champions League, perché pur non giocandoci da alcuni anni, come tutti i brand calcistici, il suo appeal resiste a lungo nel tempo. Quando pensi all’Internazionale continui a pensare a quello. E quello che voglio è che questo club torni in pianta stabile in Champions: non per un anno soltanto ma per tanto tempo. E’ vero che c’è la crisi ma l’Italia è una delle più importanti economie del mondo e Milano è una città vibrante con un’enorme reputazione. A Manchester la gente veniva solo per il calcio, Milano è differente, è una delle città più visitate d’Europa, c’è la Scala, c’è la moda e c’è pure il calcio", dice senza mezzi termini il dirigente nerazzurro. 

SULLO STADIO MEAZZA - "E' uno stadio da migliorare, ma ha potenzialità enormi e un fascino unico. E’ uno stadio fantastico, stiamo discutendo su cosa fare, ma saremmo felici di restare a San Siro, è la nostra prima opzione. Differenze con Old Trafford? Quando vado alle partite casalinghe mi guardo attorno e sinceramente non riesco a comprendere come metà stadio sia vuoto. Nell’area attorno allo stadio, quella per intenderci che ti fa essere a San Siro entro un’ora e mezza, vivono 8 milioni di persone. Due terzi sono tifosi di calcio e 2,6 milioni tifano Inter: come diavolo è possibile che non si riempia lo stadio con 80mila persone? Il pubblico dovrebbe diventare parte integrante di una famiglia, la sfida è riempire lo stadio non solo per il derby ma ogni domenica, anche per le partite “normali”. Adesso vengono 30mila persone in media a gara, l’obiettivo è di arrivare a 50mila. E’ ovvio che vanno migliorati i servizi, i trasporti, la sicurezza, con settori adibiti alle famiglie. Ed è importante dire una cosa: non abbiamo alcuna intenzione di aumentare i ricavi alzando i prezzi dei biglietti ma semplicemente portando più gente allo stadio. In Inghilterra è differente perché gli impianti sono costantemente esauriti, mentre da noi l’indice di riempimento è molto più basso". 

OBIETTIVO CHAMPIONS - "Inter in Champions già quest’anno? E perché no? Ci sono due strade, con due dinamiche diverse. Può arrivare con il terzo posto oppure vincendo l’Europa League. Mancini è un vincente. Non mi riferisco solo al suo passato nell’Inter, ma a quello che ha fatto con il Manchester City. Io stavo dall’altra parte e ho potuto osservare come ha trasformato la mentalità di quella squadra. Era un club a metà classifica e lui l’ha portato a vincere. Se eravamo già amici in Inghilterra (sorride, ndr)? Ci conoscevamo...".

CALCIO ITALIANO - "La Serie A venti anni fa era il meglio. Cosa è successo di preciso? Prima la Premier e poi la Bundesliga hanno creato dei brand. Se la Serie A guarderà a quei modelli potrà tornare al vertice. Non può essere che così: il calcio e l’Italia camminano a braccetto. Il problema è che gli italiani non hanno fiducia nel loro prodotto. Prima di tutto bisogna investire negli stadi perché si attiverebbe un circuito virtuoso: non solo per la gente, ma anche per le tv e gli sponsor, che preferiscono migliori “scenografie”. Poi la globalizzazione: si pensi agli orari delle partite, che dovrebbero essere più orientati ai mercati americano e asiatico. Sky e Mediaset sono interlocutori molto importanti per la Serie A, ma le 20.45 di domenica allontano le famiglie e i ragazzi perché l’indomani c’è la scuola. Se poi penso al mercato internazionale, alla Cina per esempio, lì è notte quando è prime time da noi. Una grande opportunità è data dallo sviluppo della tecnologia digitale. Adesso c’è la possibilità di far vivere ai tifosi all’estero la stessa partecipazione emotiva di chi segue una partita allo stadio. La Serie A deve sfruttare questa leva per costruire un marchio forte nel Nord America e a Est. Ci sono club italiani come Juventus, Inter, Milan che sono marchi forti di per sé, ma la Serie A collettivamente può dare un valore aggiunto. Nemmeno s’immagina quanti benefici deriverebbero da un lavoro collettivo. Bisogna lavorare tutti assieme, stilare piani a 5-10 anni, pensare alla crescita complessiva del sistema".

FAIR-PLAY FINANZIARIO E MERCATO - "Nel piano abbiamo mostrato come far crescere i ricavi, dallo stadio alle sponsorizzazioni, mantenendo sotto controllo i costi. Non è facile ma è ciò che richiede l’Uefa. Mercato? Se ci saranno opportunità le coglieremo. Dipende da ciò che vuole fare e l’allenatore: tutto parte da lui, dalle sue necessità. Dobbiamo rispettare i parametri dell’Uefa ma la priorità è dare alla squadra e all’allenatore quel che serve per tornare in Champions. Se Mancini chiederà rinforzi troveremo il modo per accontentarlo. Ma sia chiaro: sempre dentro i vincoli del fair play finanziario. L’importante è che i tifosi, tutti quanti capiscano che in quest’era non è possibile spendere senza limiti. E’ cambiato il modo di gestire le società di calcio, non solo l’Inter. I proprietari non possono più iniettare soldi senza limiti nei club. L’unico modo è incrementare i ricavi e aumentare il potere di spesa". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 17 dicembre 2014 alle 08:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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