Le storie sulla pazzia, la sofferenza e il cardiopalma come tratto genetico, questioni mistiche e ultraterrene: intorno all'Inter, di queste robe ne aleggiano molte, e chi scrive non è mai stato troppo persuaso a seguirle. Una gara così, un epilogo così, tuttavia, ti fanno tentennare. Riecco la storia della pazza Inter, allora, con un nuovo episodio nella saga e il paradiso ritrovato che ci attende. Più che pazzia, però, più che giri di parole simpatici e superflui, la vittoria di ieri offre tantissimo da dire, oltre a mosrtare qualche scucitura importante ed evidente da sistemare. Mai come stavolta, insomma, la pagina è fitta.

QUINTI DI NOBILTA' - Sberle su sberle, come quando sali sul ring e l'altro è più grosso, è più veloce e ha anche il volto poco accomodante di Milinkovic Savic: allora te le prendi, eccome se te le prendi. Ecco, per gran parte del primo tempo l'Inter le ha prese, in lungo, in largo e in qualche modo, per l'appunto, soprattutto in largo. Ricordate la teoria dei quinti? Uno Spalletti in versione prof. di tattica, di tanto in tanto, ribadisce che 'quelli davanti devono scalare sui quinti di centrocampo avversari', onde evitare che le mediane con tre in mezzo e due cursori sulle fasce aprono il campo in una maniera che  l'Inter non è in grado di leggere. Gli unici che si allargano, tra i nerazzurri, sono i due terzini e, talvolta, uno dei due laterali offensivi, ma i laziali arrivano in porta lanciati a mille, con due soluzioni sempre facili per il portatore di palla nonostante la discreta velocità di transizione. 

QUARTO POTERE - Guarda caso, col passaggio alla difesa a tre, Spalletti ha finito per guadagnarci soprattutto sull'eccellente lavoro degli esterni a tutta fascia, solidificato in mezzo da un centrocampo che si è trovato senz'altro più a suo agio. La Lazio ha maggiore identità (qui sì che ha senso parlarne), viene da due anni e qualche mese di lavoro, in questo senso è più pronta. L'Inter, però, è in Champions a pieno titolo, anche e soprattutto al termine di una gara giocata non in modo brillante ma gestita al meglio, con in panca uno Spalletti mai così impeccabile sui cambi (il loro apporto è stato straordinario), come nella coltivazione di orti domestici. E ancora, che dire della sapiente gestione delle energie che nel finale ha consentito all'Inter di tenere a distanza la Lazio senza patemi, dopo aver invertito l'inerzia del match proprio col pari e il rosso che sarebbe arrivato di lì a poco: di là, alla metà della ripresa, la benzina era finita, di qui ogni serbatoio era bello pieno, e soprattutto quello delle energie mentali.

SCATOLA NERA - Uomini simbolo? Auguri a Vecino, il cui reale valore saebbe forse da verificare in una stagione priva di un guaio che lo metta ko aa metà campionato: chissà che quel giocatore visto nella prima parte di stagione e di una discreta fetta di Lazio-Inter non possa essere la sua versione autentica, quanto meno cui deve approssimarsi sempre di più. male Rafinha, ed è un unicum, malino anche Icardi e Perisic ma, senza proseguire col 'm'ama non m'ama', come si potrebbe non parlare di Andrea Ranocchia? Sul 'umbro hanno detto e scritto di tutto, per lui qualcuno si è praticamente inventato il cyberbullismo e i suoi profili social hanno iniziato a riempirsi di rifiuti. Erano biodegradabili. Ranocchia si è ripreso l'Inter non come fa la star o il talento per natura; a forza di sacrificio, umiltà e senso di appartenenza, sta invece riscoprendo ciò che un tempo gli dava sicurezza, si sta ritrovando giocatore di sicuro affidamento. E poi è un colosso, quando entra spaventa tutti e spazza la sua area sulle palle alte come pochi: com si potrebbe mai, l'anno venturo, non dare una fettina di Champions anche a lui? Ranocchia è un difensore di stazza eccezionale, di buon senso dell'anticipo, insolitamente alto. Per il resto, la sua parabola professionale ti ricorda che la vita è mutevole, e le ascese vertiginose son rare e forse anche poco entusiasmanti. Quest'uomo ha sofferto e ha imparato ad amare due colori più degli altri che compongono l'iride, senza contare che ha vissuto il peggio di questi anni: è una sorta di scatola nera, qualcosa di cui nessun aereo si priverebbe, soprattutto davanti a quel volo che attendeva di fare da un pezzo.

SI ACCELERA - Ora si rinizierà a ballare, con la questione dei riscatti, la necessità di migliorare la squadra, le spese di Suning. Dopo i primi tre acquisti, tra cui spicca un difensore importantissimo come De Vrij (benissimo ieri fino al'errore in coabitazione con Strakosha), ci sarà comunque tempo e modo per affermare che questa squadra deve essere soltanto parente di quella che tornerà ad ascoltare la musichetta: la rosa è corta, e non va allungata tanto nelle alternative, quanto a metà mazzo o addirittura lì in alto, cosicché alcuni protagonisti di oggi possano essi stessi far le alternative di livello. Ma - ripeto - questo è tempo di gioia, festa, addirittura di lacrime, come accaduto a un inedito Steven Zhang. A proposito, il ragazzo è giovane, è in una lunga fase di apprendistato e avrà senz'altro ancora tutto da imparare. Quel giorno in cui prenderà il posto del remoto presidente Thohir, però, arriverà sempre troppo tardi sulla tabella di marcia: per accorciare le lungaggini, eliminare il collo di bottiglia, rendere davvero l'Inter e Suning una cosa sola, sarebbe un passo enorme. Ecco, la crescita dell'Inter è in cantiere da un paio d'anni, ora la Champions può accelerarla non poco. L'impressione è che una rinnovata esibizione anche soltanto estetica della vicinanza della proprietà alla causa nerazzurra possa avere lo stesso effetto, e che non ci sia occasione migliore per tentare il decollo, seppur nei limiti noti. Per ora, basta aver vinto e strappato il biglietto per essere immensamente felici.

VIDEO - RIMONTA DA CHAMPIONS, TRAMONTANA IMPAZZISCE DI GIOIA!

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 21 maggio 2018 alle 08:15
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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