"A me dispiace non averlo vinto, lo scudetto: era un progetto bellissimo, era un sogno, anche se poi abbiamo capito che morì un po’ per colpa nostra e un po’ di certe forze esterne, che aiutavano la Juve. Però, sa che è vero? Neanch’io baratterei quell’anno con nulla: ogni vigilia era una grande attesa, di qualcosa che si sapeva poteva succedere. Ogni partita era una festa. Era rinato lo spirito interista, e la gente mi raccontava che certe cose non si vivevano da un sacco". Così Ronaldo racconta alla Gazzetta dello Sport il suo impatto con il nerazzurro. Era la stagione 1997-1998, quella della Coppa Uefa e di Iuliano-Ceccarini.

Suning e Ronaldo partner in Cina e nell’Inter, un giorno?
"Non ho sognato ancora così lontano: è presto. Ma l’ho sempre detto, e ben prima che arrivasse Suning: io l’Inter ce l’ho nel cuore".

Eppure c’è chi l’ha considerata, e continua a considerarla, un traditore: l’appellativo che quindici anni dopo, per motivi diversi, si sta beccando Donnarumma.
"Troppo sentimento, troppe emozioni: anche nei milanisti. Il cuore è importante, ma non sono i calciatori ad aver deciso che il calcio sia diventato un’industria troppo grande, dove tutti prendono soldi. E i calciatori forse meno di tutti, anche se sono i più vulnerabili: perché se non salgono su un treno rischiano che non ripassi più e se lo prendono è facile che siano giudicati dei traditori".

Ha contrapposto cuore e industria, forse non casualmente: lei ha giocato per l’Inter di Moratti e il Milan di Berlusconi e oggi la Milano del calcio è in mano ai cinesi. Le fa effetto?
"Deve farlo a loro, che hanno una responsabilità tremenda: Milano è una città che respira calcio, sentimentalmente dipendente dal calcio. I tempi cambiano, ci sta: l’importante è che facciano il bene dei club provando a metterci la stessa passione di Moratti e Berlusconi. Quasi impossibile, magari ci riescono in un altro modo: degli investimenti fatti bene possono compensare un po’ di anima in meno".

Fa effetto sentirle fare i complimenti alla sua nemica di sempre.
"Oggi la Juve lavora in modo molto più trasparente rispetto ai miei tempi. E raccoglie perché semina. E merita".

E l’Inter?
"Parlerei per affetto, dunque non sono così attendibile. Posso dire che con Spalletti dovrebbe aver trovato non solo uno stratega del calcio, ma anche un buon gestore di un gruppo: me ne parlava benissimo Galante, ai nostri tempi, e ricordo che gli dissi “Fabio, avevi ragione”, quando lo affrontai da allenatore avversario. Però non lo invidio, dovrà trovare in fretta la strada dove far camminare la squadra. Perché l’Inter la aspettano tutti, da anni: i suoi tifosi, e anche l’Europa".

Aspettare Gabigol sarà un’utopia?
"Non conosco bene la sua storia interista, ma so che non è facile adattarsi al campionato italiano. La cosa più importante da decidere è una: in che ruolo deve giocare? Il Gabigol che ho visto io in Brasile ha qualità, ma all’Inter, anche in allenamento, sentiva di essere utilizzato nel modo giusto per esaltarle?".

Uno da cui avrebbe voluto essere allenato e uno con cui avrebbe voluto giocare.
"Mourinho: tutti ne parlano come di un grande comandante, mi incuriosisce immaginarmi a obbedirgli. E il giocatore, beh... Maradona: ci saremmo divertiti tutti, no?".

Sezione: Focus / Data: Mer 28 giugno 2017 alle 08:45 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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