Qualcuno forse l'ha dimenticato, ma all'Inter è passato anche Kerlon Moura, detto Foquinha per il suo particolare modo di dribblare gli avversari. Un'esperienza sfortunata per il brasiliano ex Cruzeiro, che non trovò spazio nemmeno al Chievo. Tanti infortuni e una carriera condizionata sul nascere, ora gioca nelle serie inferiori degli Stati Uniti. La Gazzetta dello Sport l'ha intervistato in esclusiva.

Amareggiato per come sono andate le cose? 
"No. Noi atleti passiamo attraverso tante difficoltà. Alcuni riescono a superarle, altri no. Mi ritengo una persona fortunata. Grazie a tutte queste difficoltà sono riuscito a dare il giusto valore alle cose. Oggi mi sento più realizzato di ieri, non ho motivi per pentirmi". 

A quante operazioni ha dovuto sottoporsi? 
"Ho avuto 4 lesioni ai legamenti delle ginocchia, 2 per gamba. E una per caviglia. Sei infortuni in totale, recuperavo e poi ne arrivava un altro". 

Il suo passaggio all’Inter fu ben diverso da quanto immaginato: un anno in prestito al Chievo; dopo l’Ajax e il Brasile. Rimase deluso quando i nerazzurri decisero di non insistere su di lei? 
"No, nessuno ha colpe specifiche. Il calcio chiede il 100% all’atleta. Avevo subìto uno stop già al Cruzeiro; l’Inter mi fece recuperare e mi mandò al Chievo. Ho imparato molto da Di Carlo, senza gli infortuni sarebbe andata in modo diverso. Ero giovane, 20 anni. La squadra doveva lottare per la salvezza, si preferì puntare su gente d’esperienza: Yepes, Pellissier, Luciano. La mia immaturità mi impediva di accettare certe decisioni. Pensavo di avere una forma migliore. E un tecnico che non ti fa giocare può infastidirti". 

Dispiaciuto per non aver giocato mai con l’Inter? 
"Mi aggregai all’Inter nella prima stagione di Mourinho, che però mandò via alcuni giocatori d’esperienza come Crespo, Dacourt... Io mi sono sentito sollevato: se stavano andando via certi giocatori, potevo andarmene pure io. Il problema erano le contusioni continue, comprendo bene l’Inter per non averci creduto". 

Dopo Ajax, Paraná e il Nacional MG in Brasile, la C giapponese (Fujieda) e ora la NAL, a 27 anni. 
"Il calcio di oggi è competitivo. Ho accettato questa sfida al Miami Dade F.C. perché ho bisogno di ritrovare il piacere di giocare, di fare qualcosa di produttivo. Il desiderio di essere un grande giocatore non muore mai, al massimo dorme per un po’. M’interessa il campionato brasiliano, ma la stessa MLS è una grande vetrina". 

I club faticano ormai a scommettere su di lei? 
"È molto difficile, non si investe più sui talenti. I club vogliono atleti pronti; non hanno tempo per aspettare, pur conoscendo la mia storia. Preferiscono dare spazio a qualcuno pronto ma con meno talento". 

Ci racconti del suo famoso colpo da Foquinha. Scatenò una rissa. Si disse che era irritante, che l’aveva penalizzata? 
«Penso sia stata la miglior trovata della mia carriera. Lo tentai a 8 anni e avevo già un buon controllo di palla. Mio padre mi chiese di camminare col pallone in testa, poi di correre, infine perfezionammo la visione periferica e l’equilibrio. Mi preparavo ore per poterlo mettere in pratica. La maggior parte delle volte sollevavo la palla all’altezza del corner e proseguivo. Oggi mi sento ancora Foquinha, non mi preoccupo per chi mi critica: li sfido a provarlo, è molto difficile". 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Mar 21 aprile 2015 alle 12:40 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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