In una settimana in cui non si è fatto che parlare di Ronaldo alla Juve, al tifoso interista in verità interessa più un altro argomento, ovvero che in questa settimana è partito anche il ritiro dell'Inter. Uno dei momenti più attesi di ogni stagione poiché segna l'inizio del nuovo campionato, si presentano i nuovi acquisti, monta l'entusiasmo e l'aspettativa per l'annata che sarà. E negli ultimi anni, anche l'occasione per molti tifosi di avere un contatto diretto con i propri beniamini, con l'allenatore, con la squadra e con altri tifosi.

Diciamo la verità, andare in ritiro per molti era diventato quasi un rito, un momento che si aspettava tutto l'anno per trascorrere una settimana, chi più chi meno, immerso nel mondo Inter. Negli ultimi anni infatti ritiro era diventato per i tifosi anche sinonimo di vacanza, montagna, divertimento. L'atmosfera che si respirava nelle varie sedi era quella tipica di un villaggio vacanze, ma a tinte nerazzurre: giochi, gonfiabili, presentazioni in piazza, allenamenti aperti, autografi, selfie, e l'occasione per respirare aria buona e farsi una passeggiata in alta quota. Ma anche un'occasione di marketing per la società che in ritiro allestiva uno store, sempre strapieno, vendeva biglietti per le amichevoli, riceveva anche introiti dai luoghi che ospitavano il ritiro in cambio dell'indotto che la squadra portava. Un vantaggio per tutti (anche se alcuni ristoratori si sono a volte lamentati per il troppo trambusto inusuale da quelle parti, ma questa è un'altra storia).

Da quest'anno, dopo circa vent'anni, l'Inter ha scelto una strada diversa, la strada del ritiro fatto in casa, tra le sicure mura del Suning Training Centre, lontano dalle distrazioni esterne e da occhi indiscreti. Arrivando ad Appiano l'atmosfera è diametralmente opposta a quella di Pinzolo o Brunico, giusto per citare le ultime mete: pochi o nessun tifoso, silenzio, nessun drappo nerazzurro all'esterno. Una scelta che personalmente non condivido, che va letta sotto due diverse prospettive.

La prima, quella del club, pienamente condivisibile: perché trasportare l'intera squadra a 400 km di distanza, installare un centro di allenamento provvisorio sprovvisto di tutte le attrezzature presenti ad Appiano, alcune delle quali utili per rilevare dati sempre più indispensabili in epoca moderna, quando si hanno tutte le comodità (compresi 3 campi in ottime condizioni) già a casa? E' la spiegazione che ha dato anche Spalletti il primo giorno di allenamento: evitiamo la distrazione e gli spostamenti e lavoriamo serenamente a casa nostra, dopotutto si tratta di lavoro e nella quiete del Suning Training Centre si lavora con maggior concentrazione e intensità, per dare le soddisfazioni sul campo nelle partite che contano, quello che veramente interessa al tifoso. Tutto giusto.

Ma c'è anche la prospettiva del tifoso, che come dicevo non aspettava altro che questo momento per stare vicino alla propria squadra del cuore, magari ha preso anche di buon grado l'opportunità di vederla al lavoro ad Appiano senza farsi tanti chilometri e spendere soldi di alloggio, ma ha trovato poi le porte chiuse al centro sportivo. Spalletti ha promesso che troveranno il modo di sdebitarsi nei confronti dei tifosi, anche qualche giornata aperta al pubblico, come successo alcuni anni fa a fine stagione, sarebbe una bella festa e una soddisfazione per i tanti che ancora aspettano. Senza polemica alcuna, ci mancherebbe, vorrei solo sottolineare come un ritiro senza pubblico è come una partita a porte chiuse: magari meno distrazioni, ma molto più triste. Ripensiamoci.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 14 luglio 2018 alle 00:00
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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