Normalmente è più difficile scrivere di una squadra che vince. Si rischia di essere untuosi, ossequiosi, quasi devoti e dunque maledettamente noiosi. L’Inter non dà problemi del genere nemmeno se vince un Triplete, figuriamoci se è “solo” in testa alla classifica. L’argomento lo conoscete tutti, c’è un corto circuito mediatico che ha corrotto la serena convinzione che il risultato sia la cosa più importante. Lo è ancora ma non c’è settimana in cui il mantra “l’Inter gioca male” dia tregua. 

Molti interisti si fanno vanto di certi anatemi perché, sostengono, sia una dichiarazione di panico per una squadra che non smette di vincere, nonostante tutti i suoi difetti di produzione. Mancini un po’ astutamente e un po’ consapevolmente ha preso le distanze dall’obiettivo scudetto accomodandosi dalla parte dei perplessi. Come se fosse un osservatore distaccato delle prestazioni dei suoi stessi giocatori. La sua malizia mostra un certo orgoglio per i risultati fin qui conseguiti, ma soprattutto la coscienza di limiti strutturali evidenti per poter aspirare a raggiungere il traguardo più alto. 
E sa che forse già da lunedì sera il giocattolo Inter potrebbe essere preso d’assalto dai perseveranti critici, i quali aspettano con ansia la vittoria e il sorpasso del Napoli per poter finalmente enunciare dottamente tutte le crepe di questa squadra.

Non so se l’Inter perderà davvero al 'San Paolo' come qualcuno pronostica. Si gioca in trasferta, in un'atmosfera che sarà incandescente, 80.000 tifosi e la squadra che gioca il calcio più convincente del campionato, grazie a Sarri. Senza contare che sono tutti in forma, Hamsik e Higuain rinati e la difesa ha preso un solo gol meno dei nerazzurri. L’Inter è in testa ma non è ancora pronta per andare a fare una gara autoritaria e vincerla da vera protagonista. E’ giusto sperare in ogni caso, ma non è lecito e nemmeno onesto avere aspettative che demarcano il confine tra squadra vera (adesso) e squadraccia (se perde). 

Penso che tutti abbiano notato le carenze più importanti. Per cominciare: gli esterni sono discreti ma nessuno eccelle tra Santon, Nagatomo, Telles e D’Ambrosio. E se vuoi viaggiare ad alti livelli devi avere giocatori di livello internazionale. Eppure il paradosso è che l’Inter fa bene a tenerseli e a farli ruotare a seconda delle necessità, perché attualmente sul pianeta terra ci sono pochi talenti a disposizione, e su quei pochi si avventano come piranha i club che circolano con biglietti di grosso taglio.

L’Inter ha un centrocampo competitivo ma per poter ruggire avrebbe bisogno di uno Yaya Touré con due o tre anni in meno. Infine l’attacco: forte ma non ancora fortissimo a causa di un problema di comunicazione persistente tra Icardi e Jovetic. Sono bravi entrambi ma sembra che ognuno dica all’altro: ”impara la mia lingua”, “no, imparala tu” e questo inceppa diverse azioni che potrebbero essere capitalizzate meglio. Servirebbe, a prescindere, un attaccante con caratteristiche diverse da Icardi, possibilmente brevilineo e in grado di giocare con la squadra dettandone i passaggi in profondità. 

Per il gioco invece la società dovrebbe semplicemente prendere i centrocampisti, a partire da Medel, passando da Felipe Melo, Kondogbia, Guarin e forse anche Brozovic e dir loro, a fine stagione, che è stato bello ma, per compiacere il palato dei critici, l’Inter avrebbe pensato a una rivoluzione. Perché la squadra è molto pratica, cinica e dunque efficace ma brutta da vedere, sgraziata e per farla giocare come piace a tutti  si deve cambiare il progetto. Grazie di tutto.

Grottesco ma è esattamente quello che intimamente suggeriscono le critiche di gioco brutto confondendo la spettacolarità con gli automatismi (che l’Inter ha), l’armonia con l’organizzazione di gioco (di cui l’Inter dispone). Critiche che non ammettono un progetto di gioco che faccia rima con “concreto” se non è associato alla parola “bello”. L’Inter in fondo una squadra maldestra che quest’anno se la gioca pur mostrando lacune. Domenica sera ad esempio il Frosinone ha avuto una palla gol importante per una disattenzione della difesa. In ogni gara l’Inter concede qualcosa agli avversari, pur mostrando la sua solidità.

Fa parte di quegli innegabili limiti strutturali a cui si sta facendo fronte. Ma essere primi per una settimana non può diventare una colpa. Sento il brusio dei nemici in attesa del passo falso, il brontolio degli interisti perpetuamente scontenti. A loro vorrei solo dire che non c’è bisogno di guardare solo il rovescio di una moneta. Sarebbe sufficiente guardare l’insieme e ricordarsi dov’era e com’era l’Inter esattamente un anno fa.
Amala

Sezione: Editoriale / Data: Mer 25 novembre 2015 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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